In diligenza con Stendhal
[Tiziano Casartelli] Una delle trasformazioni più profonde compiute dall’età moderna è quella dei trasporti, della ferrovia prima e della motorizzazione privata poi; Una rivoluzione che in pochi anni ha reso possibile spostamenti di massa, determinando il moltiplicarsi dei trasferimenti quotidiani.
Sino agli albori dell’età contemporanea il viaggio era invece un’occasione rara, estenuante a causa delle condizioni in cui avveniva e limitato a ristretti gruppi di persone.
All’inizio del XIX secolo vennero istituiti i primi servizi di diligenza fra il capoluogo lombardo e le varie città della regione; servizi che si irradiavano per Como, Lecco, Bergamo, Asso, Varese, lungo le principali arterie della Brianza.
Ne fece menzione Stendhal nel suo Giornale di viaggio in Brianza, annotato nell’agosto 1818: «C’è due volte alla settimana la diligenza da Milano a Oggiono – precisa lo scrittore francese – il venerdì e il martedì, alla Corona».
Favoriti dalle migliorate condizioni delle strade e, dopo i furori napoleonici, dalle più stabili condizioni politiche, gli spostamenti cominciarono a divenire, seppur per pochi, una graduale consuetudine.
«L’interna comunicazione di un comune con l’altro molto bene venne provveduta in questi ultimi anni con comode strade ben conservate e mantenute» riferiva Carlo Annoni, prevosto di San Paolo e storiografo del Canturino, nel 1835. Alcuni decenni prima, nel 1794, in un periodo in cui le comunicazioni avvenivano principalmente per via lacuale, l’abate Carlo Amoretti poteva osservare: «Se per qualche combinazione convenisse da Como andare a Lecco per terra, o vero se piacesse vedere quello che noi chiamiamo Brianza o Pian d’Erba, che reputansi le più deliziose situazioni delle nostre ville, si troverà una strada comoda con viste piacevoli».
Ancora Stendhal ci fornisce un’appassionata testimonianza sul grado di ospitalità offerta al viaggiatore romantico da locande e osterie della zona. Dal suo resoconto, per certi versi intrigante, appare una regione in grado di offrire un’accoglienza sobria ma confortevole, in grado di soddisfare le esigenze del “tourista” alla ricerca degli aspetti pittoreschi della regione, piuttosto che delle comodità e del lusso.
Come molti viaggiatori stranieri Stendhal amava appassionatamente l’Italia, ma Milano e la Brianza in modo particolare: «Le colline più belle del mondo, boscose e poco elevate» ebbe a scrivere a proposito dei colli di Inverigo. Del resto, già nel 1812 aveva confidato a un amico: «L’avidità di vedere che avevo un tempo si è del tutto estinta; dopo che ho visto Milano e l’Italia, tutto quello che vedo mi ripugna per la grossolanità».
Il viaggio, ma anche un breve tragitto, richiedeva comunque un notevole dose di sforzo fisico, perseveranza e tolleranza verso gli imprevisti, come riferisce Ugo Foscolo in una lettera del settembre 1813. Da Menaggio «per certe montagne di Porlezza e d’Intelvi, nidi di Ciclopi, andai camminando mezzo a piedi mezzo sul dorso orizzontale di un mulo, per due lunghi giorni, e giunsi a Erba, sul lago di Pusiano. Giunsi poi a Milano come un ufficiale ch’esce dall’ospedale, sopra un tristo biroccio, tutto arso dalla polvere, dalla stanchezza e dal sole».
I tempi della ferrovia erano ancora lontani e le modalità e i tempi degli spostamenti erano gli stessi descritti più di cinquant’anni prima da Pietro Verri nel resoconto del suo trasferimento da Milano a Vienna: «Non ho potuto giungere a Vienna – scrisse l’illuminista milanese – se non il nono giorno di viaggio, e vi sarei giunto assai più tardi se non avessi sacrificate quattro notti». A parte alcuni spiriti avventurosi la pratica del viaggio era generalmente limitata ai brevi tratti che carrozze e diligenze potevano percorrere in alcune ore.
La villeggiatura, che la “buona società” milanese cominciava a praticare con una certa continuità, aveva luogo nella regione collinare e lacuale lombarda, distanti dalla capitale lombarda non più di trenta, quaranta chilometri.