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Enzo, lo shamano nero di Asso

Enzo, lo shamano nero di Asso

Il mago nero
Il mago nero

Tra pochi giorni ripartiremo alla volta di Delhi e finalmente verso casa. Enzo, mentre aspettiamo qui a Varanasi,  si è improvvisato guida turistica ed accompagna in giro per la città, che ormai ha battuto palmo a palmo, gli stranieri  con cui capita di stringere amicizia. Un modo come un altro per far passare il tempo e fare due chiacchiere con gente da fuori.

Ieri eravamo a spasso con una coppia di belgi,marito e moglie, entrambi molto simpatici. Lui, un omone abbronzato sulla cinquantina con un sorriso allegro, è un colonnello della polizia belga ed era divertentissimo vedere la sua faccia ogni volta che un indiano gli si avvicinava proponendogli il solito campionario di droghe. Rideva come un pazzo prima di dirgli che era un polizziotto assestandogli un’allegra (ma vigorosa) manata sulle spalle che ne sottolineasse il concetto.

Come al solito tocca passare vicino ai siti crematori e come ogni volta si è assaliti dalle “maschere” del Teatro-Funebre di Varanasi. La signora Belga ha fatto poi l’errore di scattare una foto nei pressi della zona, non era iteressata alle pire ma bensi ai tetti a punta degli edifici adiacenti. Come previsto questo ha fatto scattare le ire del rompiballe di turno che da duecento metri come un missile si è fiondato verso di noi. Lei ha mostrato la foto al tipo spiegandogli che non aveva fotografato le pire e che non vi era motivo di agitarsi, non era intenzionata a fotografare nè le pire nè i cadaveri ed era in città solo per l’eclissi. La città è piena di zone interdette  ai “non-hindù” (…una punta di razzismo?!), per quanto mi riguarda potrebbe valere lo stesso per le zone crematorie e ci si toglierebbe il pensiero anche se inciderebbe sul business. Ma sono foresto e non credo tornerò qui, facciano come gli pare e si facciano tutti assieme una bella nuotata nel Gange con tanto di bevuta.

Come al soltio il tipo, che avrà una quarantina d’anni, si scalda e comincia ad inveire contro la signora e a lanciarele maledizioni “Morirai tra quattro giorni!!” urlava. Enzo si è messo in mezzo e gli ha detto che non era il caso di fare tutta quella cagnara. Per tutta risposta si è beccato una maledizione anche peggiore “Tu invece morirai tra 2 giorni!!” (Ben ti sta Enzo, cosi impari a farti gli affari tuoi hehehe!). Stavo per alzare come al solito il dito al cielo per evocare, come il Grande Mazinga, il potere dei fulmini con cui pareggiare le maledizioni quando Enzo, come spesso accade, fa qualcosa di totalemente imprevisto. Cosa è il genio se non intuizione e rapidità di esecuzione?

Enzo si butta in ginocchio davanti al tipo e comincia a disegnare con la punta delle dita immaginari cerchi e scritte magiche sul marmo della banchina. Con l’altra mano agita la collana che gli è stata regalata da un monaco in Birmania e che è realizzata con veri denti umani di antichi monaci buddisti. La agita, la bacia mentre butta indietro gli occhi emettendo strani suoni e pronunciando sortilegi in un linguaggio incomprensibile. Io lo guardo e fatico a trattenermi dal ridere ma per il tipo qualcosa di  terribile si sta manifestando davati a lui: il tenebroso shamano di Asso!!

Agitando le mani il tipo sembra cercare di respingere le malezioni di Enzo ma il meglio deve ancora venire: sempre in ginocchio Enzo raccoglie dall’immaginario cerchio sul pavimento i sortilegi che scaglia come invisibili sassi contro il tipo che, ormai terrorizzato, si muove come un anguilla alla Matrix cercando di schivarli e dando vita ad una delle scenette più buffe che abbia mai visto!!

Enzo, dopo aver incrociato le mani al petto sempre in ginocchio, riapre gli occhi e fissando il tipo gli sussurra in Inglese con una voce da oltre tomba “Tu morirari questa notte!!” . Il tipo sbianca definitivamente e scappa. Vedere un uomo maturo nascondersi dietro una colonna per evitare le maledizoni di Santambrogio lo shamano di Asso era qualcosa che solo in India potevo vedere!!

“Si risponde fuoco al fuoco!!” Tuttavia siamo dovuti scappare anche noi perchè non ce la facevamo più a trattenerci dal ridere, il colonnello della polizia era ormai paonazzo per lo spasso. E’ inconcepibile che due paesani siano finiti fino in India, in una delle città più sacre dell’asia, per fare a gara di maledizioni a due passi dalle famossissime pire Hindù. Siamo i due strambi del paese, che volete farci. Ora anche qui sanno che è  un grosso errore provare a maledire quelli di Asso!

Fra un po’ si rientra alla base, dite alle zie di preparre la pasta al ragù, le bistecche ed il taleggio oltre ad una caraffa del solito rosso!! I ragazzi stanno tornando!!

Birillo ed Enzo

Eclissi a Varanasi

Eclissi a Varanasi

Eclisse a Varanasi
Eclisse a Varanasi

Varanasi 22 July 2009 – Sono le quattro del mattino quando suona la sveglia. La musichetta suona lontana nella mia mente,  l’ascolto distratto ancora addormentato quando ricordo perchè l’abbiamo puntata. Mi sveglio di colpo ed Enzo fa lo stesso. Oggi è il giorno che aspettiamo a Varanasi da un tempo interminabile, oggi è il giorno in cui Sole, Terra e Luna ci mostreranno la magia del cielo. Oggi è il giorno dell’eclissi!!

Prendiamo l’equipaggiamento e ci infiliamo nei vicoli ancora bui della città dirigendoci verso la riva occidentale del Gange. Sono ancora mezzo addormentato ed intorno a me è ancora notte. Nel cielo solo le stelle e qualche piccola nuvola che si muove pigra all’orizzonte. Forse avremo fortuna oggi ed i monsoni non verrano a distrubarci.

Sulla banchina lungo il fiume gli indiani ancora dormono sulle barche o sui gradoni in marmo. I primi raggi di sole cominciano a rimbalzare sulle nuvele riempiendo il cielo di fiamme rossastre. Alle 5.20 ci sarà l’alba e alle 5:30 la Luna comincierà ad oscurare il Sole ancora basso sull’orizzonte piatto di Varanasi.

Enzo monta le sue macchine fotografiche ed i cavaletti mentre io mi guardo attorno. Questa è una giornata speciale e sono consapevole di cosa avverà in meno di un ora. La Luna si allinierà con il Sole e proietterà la propria ombra sulla Terra e noi saremo in uno dei punti più bui del pianeta. Il sole scomparirà e saranno le tenebre ad illuminare il giorno. Non ho mai visto un’ eclisse ma so bene cosa accadrà, mi sono documentato. Questo è quello che mi ripeto mentro guardo nuvole enormi correre tanto veloci come non ho mai visto in vita mia ed il Sole, che vi balena attraverso, brucia di un fuoco rosso che non c’era nelle albe precedenti. Cosa sta realmente succedendo?

L’orizzonte è un turbine continuo di vento, nubi e fiamme che guardo preoccupato. E’ la stagione monsonica ed il rischio che il brutto tempo copra il cielo con una spessa cappa grigia è alto. Osservo inutilmente oltre al fiume sperando di poter spostare le nuvole con la sola volontà. Un mese fà aspettavo che smettesse di nevicare per poter salire sullo Stok Kangri. Impotente come allora potevo solo aspettare che il cielo faccesse la sua scelta. Essere stato fortunato già una volta trasforma le mie ansie in sconforto. “Non può sempre andarti bene Birillo, mettiti l’anima in pace, hai aspettato invano”. Mentre questo pensiero corre nella mia mente ormai rassegnata spunta tra le nuvole infuocate un gigantesco Sole rosso, con una velocità inquietante tutto l’orizzonte si infiamma e si sgombra.

Infilo due paia di Oakley uno sopra l’altro, lenti polarizzate sotto le lenti scure da alta quota e guardo quella palla di fuoco che ormai domina tutto. Nell’angolo in alto a destra del Sole è comparsa una rientranza tonda e continua ad allargarsi scendendo diagonalmente verso l’angolo opposto. La luce del Sole è ancora accecante e senza il doppio paio di occhiali sarrebbe impossibile accorgersi di quello che sta succedendo.

La forza del Sole è assoluta. Illumina fiero il mondo con la stessa possanza anche quando la Luna ha ridotto il suo profilo ad un piccolo filamento incandescente. Anche così non è possibile sostenerne lo sguardo.Un ultimo raggio, un ultima scheggia furiosa di luce ed in un battito di ciglia è calata la notte. Io avevo visto il sole farsi piccolo, avevo visto tutte le fasi e mi ero gustato l’ultimo affascinante istante di luce. Attraverso le mie lenti le tenebre erano scese lente ed ero stato a modo mio partecipe di quel passaggio. Per tutti gli indiani attorno a me e nel Gange le tenebre erano però arrivate all’improvviso, per loro in un istante il mondo era diventato buio e l’oscurità ora ammantava tutto. Mi sono tolto gli occhiali e mi sono guardato intorno mentre la folla ha cominciato a pregare furiosamente alzando le mani al cielo in un boato che trascinava tutta la riva del Gange.

Eravamo nelle tenebre e pregavano perchè tornasse il sole ad illuminare il mondo. Distratto da quella folla avevo smesso di guardare il cielo e quando ho rialzato gli occhi ho visto qualcosa che ancora adesso rimbalza confuso ed inaferrabile nella mia mente e che in quel momento aveva i connotati di un sogno. Nel cielo c’era solo una grande palla nera che risplendeva all’interno di un cerchio di luce perfetto. Ho provato a fotografare quell’inquietante occhio che ci scrutava dal cielo ma ancora adesso credo di aver armeggiato confuso con la macchina fotografica e nessuna delle foto rede giustizia a ciò che dominava quel momento. Mai visto nulla di simile!!

Era come trattenere il respiro restando sott’acqua e se aveva una tale forza, un tale impatto sulla mia mente preparata non oso immaginare cosa potesse rappresentare per gli uomini del passato che si ritrovavano improvvisamente al buio ed al cospetto di quell’occhio di dio. Un esperienza violenta e mangifica che sovvertiva il giorno e la notte stravolgendo il mondo stesso.

Guardavo quell’anello argentato quando all’improvviso un esplosione dorata è apparsa nel punto opposto a dove era cominciata l’eclisse: il primo possente raggio di Sole filtrava di nuovo verso la terra ed era di nuovo improvvisamente giorno. In un battito di ciglia tutto era di nuovo perfattamente illuminato e tutto attorno a me si alzavano urla e preghiere ad accogliere il ritorno della Luce. Ho cominciato a tremare inconsapevolemente. Ero stato nelle tenebre attraversandole leggere come in un sogno irreale ma il primo raggio di sole era stato violento come la prima boccata d’aria dopo una lunga apnea. Ti prego Sole, non andartene ancora!!

Quando sono sceso dallo Stok Kangri ero confuso e stanco, non ero nè felice nè triste. Ero stato a 6000 metri e pensavo che avrei dovuto esserne entusiasta, avrei dovuto essere contento per forza mi ripetevo. Ma nella mia mente si affollavano ancora enormi i pensieri di quell’esperienza così lontana da tutto ciò che avevo sperimentato in passato. Ne ero ancora come rapito. Ci sono voluti due giorni prima che riuscissi ad afferrare tutte le emozioni che si agitavano e a farle mie. Ci sono voluti due giorni per essere felice, per essere consapevole di quell’esperienza.

L’eclissi, sulla riva del Gange, ha avuto la stessa forza di quella montagna tanto dura con me. Mentre vi scrivo ancora non padroneggio tutti i pensieri che rimbalzano nella mia testa ripensando a quel cerchio argenteo che dominava il cielo nero. “Dannazione è solo la Luna davanti al Sole” mi ripeto, ma il mio cuore lo vive ancora come un momento confuso, forse terribile ma sicuramente magico e straordinario.

Come al campo basse dello Stok Kangri il cielo si è fatto improvvisamente ed insperatamente sereno. Sei stato ancora fortunato Birillo e come allora ti ritrovi ad esplorare nuovi ricordi cercando di cogliere il senso di quegli attimi straordinari difronte alle meraviglie di questo incredibile mondo.

Davide “Birillo” Valsecchi

Baraccati con la sindrome del soldato inglese

Baraccati con la sindrome del soldato inglese

Rudyard Kipling

“The men could only wait and wait and wait, and watch the shadow of the barracks creeping across the blinding white dust”- Rudyard Kipling  – Soldiers three

Gli uomini possono solo aspettare e aspettare e aspettare, e guardare le ombre delle baracche tremolare attraverso l’accecante sabbia bianca. Questa è quella che chiamo “sindrome dell’ufficiale inglese” ed è qualcosa che mi sono tristemente abituato ad affrontare. Devi aspettare che venga buona, tenere pronto il tuo equipaggiamento e lasciare che il tempo passi fino a che non arrivi il momento per agire. La “sindrome” diventa particolarmente dura quando le condizioni climatiche, in particolare l’umido ed il caldo, rendono ancora più difficoltoso affrontare la noia. Immaginatevi un ufficiale coloniale inglese, con la barba lunga e la divisa in disordine, che cerca di superare un altra interminabile afosa e noiosa giornata aspettando nella giungla ed avrete un idea di come appare la sindrome e del perchè le ho dato questo nome.

Attendere per me non è mai stato un problema, ho tanti di quei peccati da scontare che becarmi qualche giorno di “prigionia” dal destino non mi scandalizza più di tanto. Devi prenderla come viene, continuare a sudare nei tuoi vestiti aspettando torni la corrente e riparta il ventilatore. Non conviene nemmeno provare a dormire perchè sarebbe inutile ed il tentare potrebbe solo irritarti. Resti lì, appoggiato da qualche parte sperando in un filo di vento e semplicemente respirirare. Respirare per pompare ossigeno nel sangue e per buttare fuori quanto più caldo possibile. Il corpo immobile e la mente agitata: una meditazione tutta occidentale.

Dopo due mesi di azione ed avventura (…e fifa e fatica!!!) è giusto che anche questo attraversi il nostro viaggio. Un’aspetto dell’India che meglio ci lega a quel passato tanto affascinante dove la più grande potenza europea del ‘900, la Gran Bretagna, si confrontava con il mondo magico dell’India esotica e sconosciuta. Mi infilerei nel solito vespaio di benpensanti se provassi a raccontare il passato coloniale di questa nazione, indipendente dal 18 agosto del ’47, parlando di come gli Inglesi, i vincitori della Seconda Guerra Mondiale e “salvatori” della nostra neo-nata amata patria, fossero in molti comportamenti estremamente simili alle due grandi dittature sconfitte proprio nel conflitto. La storia è ammantata dalla polvere del tempo e dall’ipocrisia dell’uomo che la riscrive come più gli aggrada. L’importante è partecipare ma la cronaca della gara la scrive chi vince, solo gli appassionati di sport si ricorderanno degli sconfitti, di come è andata veramente la competizione e di chi aveva veramente fair-play.

Tuttavia in un piccolo bazar ho trovato un malconcio libro in inglese che ha tutto l’aspetto di essere stato scritto parecchio prima del ’47. Manca la copertina, è a pezzi e non ho trovato il nome dell’autore ma mi avevano incurisosito le immagini in bianco e nero dell’esercito coloniale. E’ un libro che racconta la vita quotidiana dei soldati inglesi qui in India, di come gran parte del loro impegno fosse presidiare la propria baracca ed attraversare la città marciando per ricordare a tutti chi comandava da questi parti. Noia e routine in un mondo dove gli europei sono definiti nello stesso libro come “alieni sotto lo stesso cielo”. Ve ne traduco, senza dizionario, qualche passo:

L’interazione tra i soldati Britannici e gli-aiuto campo indiani ha dato vita ad uno strano slang (gergo o dialetto) che entrambi utilizano malamente storpiando le pronunce delle relative lingue. Per la magiorparte della comunicazione si utillizzano espressioni di per sè senza senso che alla fine, come mi spiega Ed Davis, rendono possibile capirsi con gli indigeni: «Se vuoi chiamare un venditore per comprare qualcosa di solito si usa “Idder ow jeldi” – vieni qui di corsa. Il venditore deve essere “jeldi” perchè si beccherà un calcio nel culo se non corre. Si deve poi dire “Kitna pice?” – Quanto costa? Lui probabilmente risponderà “Das anna, sahib” che significa 10 pence, e noi siamo soliti rispondere “Das annas? Hum marcaro jeldi!”- in altre parole “Dieci pence? Te ne do una in mezzo al cranio!!”. Se sei determinato a fargli capire che non hai intenzione di lasciarti imbrogliare devi guardarlo diritto in mezzo agli occhi e dirgli “Malum?”- Mi intedi? E questo sarà sufficiente perchè ti risponda “Achah, sahib, malum”.»

Ogni volta che chiedo un prezzo mi rispondono “100 rupie” ed ogni volta che replico “sei un fottuto ladro e per questo non comprerò da te!!” il prezzo si abbassa improvvisamente a 40 rupie. Credo sia incredibilmente attuale questo vecchio libro!!

“In any town in India the European Club is the spiritual citadel, the real seat of the British power, the Nirvana for wich natives officials and millionaries pine in vain” – George Orwell – Burmese Days 1935. (“In ogni paese in India il Club Europeo è la roccaforte spirituale, la vera sede del potere Britannico, il Nirvana a cui invano aspirano gli ufficiali nativi ed i milionari”)

Da quando se ne sono andati gli Inglesi gli unici bar decenti sono gestiti dai nepalesi che, per intenderci, non vendono alcolici. Fatevi un idea. L’alternativa è infilarsi in uno di quei lerci ritrovi indiani dove bevono te e latte, masticano una schifezza rossastra fatta di tabacco e calce mentre ininterrottamente fumano marjuana ed oppio in barba ai divieti del governo che valgono per lo più per gli stranieri tanto stupidi da farsi beccare a comprare droga dai pusher, spesso  in combutta con la polizia. Improponibile per le mie nobili origini assesi. Sono arrivato maledettamente tardi da queste parti, di quasi 70 anni accidenti a me!!

Come diceva Kipling, lo scrittore de “Il libro della giungla” che, per intenderci, era un inglese nato qui in India: “La legge della giungla è l’unica che funziona, l’unica che sarà rispettata sotto questo cielo”

Davide “Birillo” Valsecchi

Memorie di paglia & Indian Trainspotting

Memorie di paglia & Indian Trainspotting

Indian Trainspotting
Indian Trainspotting

E’ Luglio, io e Cristian abbiamo poco più che vent’anni e siamo ancora nel’900. Abbiamo passato un esame difficile all’Università su cui avevamo lavorato tre mesi: è tempo di prendersi tre giorni di vacanza.

Bighelloniamo in giro per Milano fino a quado non scopro che a Mariano Comense c’è una festa della birra: “Andiamo dalle mie parti?”
Corriamo con gli zaini in spalla in Cadorna per prendere l’ultimo treno della Nord che sale la sera verso casa, ci tocca uno di quei vecchi convogli con le panchine in legno e le porte da chiudere a mano. Sono le dieci e mezza di sera e a Meda il treno si ferma, il resto della strada ce lo facciamo al buio in Skateboard sulla provinciale. Sono un senegalese si ferma e ci da uno strappo su una macchina sgangherata, purtroppo solo dal cartello “Mariano” fino alla piazza.

La festa è in cima alla collina del paese, una di quelle belle sagre che organizzavano i comuni di una volta e che scivolavano sempre in piccole woodstook alcoliche. Siamo stanchi morti per la strada fatta e non abbiamo ancora mangiato nulla in tutto il giorno. Alla prima pinta di birra parto per la tangente mentre il mondo diventa un po’ confuso. Poco male, la mia priorità attuale è finire questo magnifico panino con la salamella. Sul palchetto suonano “Gli impossibili”: dannazione spero di essere squinternato come loro a trentanni!! Cristian compra il loro ultimo CD alla romboante cifra di quindicimila lire, soldi ben spesi.

Mentre guardo la copertina con le mitiche magliette dei Ramones spunta dal nulla una ragazza di 17/18 anni, anche carina in verità. Mi si piazza davanti alla faccia guardandomi fisso.Io sono ancora sotto l’effetto della birra e mentre cerco di inventarmi qualcosa di “furbo” da dirle mi strappa il cd dalle mani e mi dice ridendo:“Ora è mio!”. Carina sei carina ma quello è il CD de “Gli impossibili” che Cris ha appena comprato, non facciamo scherzi, non l’abbiamo nemmeno ascoltato: “Hehe, divertente, ma ora fai la brava e rendimelo, su!!” Per tutta risposta mi guarda con una faccia strana, mi strizza l’occhio e si infila il cd sotto la maglietta:“Se proprio lo vuoi devi venire a prendertelo!!”. Accidenti, sono io che ho bevuto già troppo (e sono solo alla prima birra?!) o oggi mi và di lusso?

Io volevo solo il mio CD, nessuna avidità, ma siamo rotolati giù per la riva fino al bosco dove le luci della festa non arrivavano. Siamo rimasti lì a “dormire” fino al mattino.Quando sorge il sole mi scuoto dal torpore e mi ritrovo accovaciata addosso Miss CD. Quanto ho bevuto ieri sera? Solo una birra… come al solito Birillo!!
Accidenti è il caso di capire che fine abbia fatto Cristian!!

Risalgo la riva e mi trovo davanti quello che rimane della festa ed un enorme campo falciato al lato del tendone.Da un covone di fieno saltà giù “Il Criss”, in testa ha il primissimo paio di Oakley che abbia mai visto e sotto braccio una tavola morbida da skate della “World Industries” con il diavoletto rosso su sfondo blue. La faccia abbronzata ed il sorriso da schiaffi sono il suo marchio di fabbrica. Dietro di lui spunta una ragazza con la paglia nei capelli arruffati, sembra uscita da un telefilm di Hazard.

“Hola Birillo. La sua amica l’aveva lasciata sola per imboscarsi con te. Qualcuno doveva tenerle compagnia mentre aspettava, no?” Un buon amico si vede dalla sua capacità di adattarsi ai cambi di programma. Le due signorine ci hanno anche offerto la colazione prima che ripartissimo per andare avanti con il nostro viaggio. Una volta me li sapevo scegliere più divertenti i guai in cui infilarmi.

Il treno ha un sussulto, tutti nel vagone si agitano all’impovviso e c’è un gran rumore: apro gli occhi e sono di nuovo in India.

Sono nel treno letto, ho una cuccetta tanto vicino al soffitto che i tre grossi ventilatori appessi nel vagone mi ronzano inutili affianco alla testa. E’ troppo basso per poter infilare verticale lo zaino e mi tocca lasciargli metà della brandina. Me ne sto rannicchiato tra le lamiere in una specie di loculo sottomisura. Sotto di me la massa di gente ammassata è tale che se anche cadessi non raggiungerei il pavimento senza lottare.

Viaggiamo di notte, su un vagone senza aria condizionata con tutti i finestrini aperti nonostante le sbarre. Ha cominciato a piovere e l’acqua entra da tutte le parti mentre la gente, incastrata come pezzi del tetris, cerca di non bagnarsi e chiudere le finestre.Ecco perchè il trambusto. Il mio zaino è impermeabile ed io sono fradicio di sudore oramai da un gran pezzo. Non ho motivo di agitarmi nemmeno quando la pioggia comincia a filtrare del soffitto gocciolando dalla mia branda sulla massa di gente sotto. Speriamo solo che questo biroccio non sbatta perchè qui non ne esco vivo.

Enzo è da qualche altra parte, il bigliettaio, come al solito, non ha capito nulla e ci ha dato due posti separati su carrozze diverse. In tasca, mezzo accartocciato, ho un settimanale Indiano scritto in inglese, India Today. E’ la versione locale del formato Time Magazine americano.Sto cercando di capirla quest’India ma ancora non mi riesce.

Una delle notizie è l’imminente varo del primo sottomarino a propulsione nucleare interamente costruito dall’India. Il primo di una serie di tre scafi che riprende ed evolve il design del sottomarino russo classe Charlie.Solo 6 paesi al mondo hanno raggiunto un tale risultato nel campo tecnologico militare.Il varo avverà il 26 Luglio per commemorare il decimo anniversario della liberazione di Kargil, un postaccio che ho visitato, dall’invasione Pakistana. Credo che festeggiare con un sottomarino atomico l’anniversario in cui le hai “rese” al vicino dopo che te le aveva “suonate” non credo farà molto bene alla vita di questo “quartiere”.

Hanno un sottomarino atomico ed io rischio di affogare su un treno. Come diavolo è possibile? L’India che ho visto io è da terzo mondo: carenze infrastrutturali, sociali e culturali che non rendono concepibile un simile divario. Qual’è il senso di un simile impegno per realizzare una meraviglia tecnologia in campo bellico dopo la caduta del muro di Berlino?

E’ stato il G8 che mi ha aperto gli occhi, sentire cosa diceva il ministro indiano sull’ambiente, leggere quello che scrivevano i giornali locali e vedere con miei occhi il degrado ambientale che ho provato a mostrarvi nelle foto: l’Inda è un paese giovane, complesso ma enormemente ambizioso. La priorità di un paese europeo è,almeno sulla carta, più o meno uguale per tutti: migliorare il livello della qualità della vita per la maggior parte dei cittadini.Questo è quello che chiamiamo sviluppo pacifico. La priorità dell’India è più semplice: diventare una super-potenza a livello mondiare e competere in ambito economico e militare con i grandi del mondo, punto.

In quest’ottica il fatto che ci sia rumenta ovunque, strade e ferrovie pietose, impianti elettrici ed idrici post-apocalisse ed un sistema sanitario inadeguato ad una simile moltitudine è semplicemente qualcosa che non è importante se non diventa vincolante per lo “sviluppo” dell’India. Stanno discutendo di riformare il sistema scolastico non perchè in giro sia pieno di ignoranti zotici ma perchè le scuole attuali non formano abbastanza operatori specializzati per supportare la crescita indiana. E’ sempre lo sviluppo che va tutelato, non la cultura o il cittadino. L’India deve avere un ruolo nel futuro del mondo.

Per questo sono incazzati a morte con noi: invece di andare in crisi e rimanere senza soldi l’occidente avrebbe dovuto continuare a comprare i prodotti che l’India realizza. Non sto scherzano, se la sono proprio presa male che noi si sia rimasti quasi con le pezze al culo, stiamo roviando il loro progetto di crescita diventando poveri!! Ai cittadini indiani è richiesto di sacrificarsi per il paese ma, al contrario della Cina dove tutto è rigidamente pianificato, qui tutto è lasciato al caos eccetto gli assett che possono permettere all’India di diventare una super potenza. La presenza al G8 e la partecipazione al G14, senza contare l’arsenale nucleare, sono la prova che ci stanno ruscendo. La realtà di come vive oggi la maggior parte degli indiani rapresenta invece la grande incognita sul futuro. Quello che succederà proprio non lo so ma avrà ripercussioni su tutto il pianeta, questo è certo.

La maturità non mi ha portato grandi vantaggi. Rivorrei la mia birra, la mia salamella e la ragazzina del Cd oltre alla spensieratezza di quei giorni. Vi ricordate quando ai concerti o alle sagre la gente urlava “Valerio” senza motivo? Bhe, incredibile, all’epoca era una delle cose che mi irritava di più, altro che giocare a “Davide e Golia” con l’India.

Davide “Birillo” Valseccchi

E’ stato divertente raccontare in italiano il futuro ed il passato usando solo il presente, è stato necessario lavorare con i congiuntivi. Ogni verbo, ogni azione, ha un tempo ed un modo. Il modo congiuntivo è il modo del “se” (if),spesso è il modo con cui diamo vita ad ipotesi che non si sono verificate, sia nel passato che nel futuro, che ci permettano di esplorare scenari differenti, nuovi. Salviamo il congiuntivo e salveremo il presente. ..Bio

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