Ecco una nuova sezione dedicata agli animali della nostra zona. Una piccola guida fatta di racconti ed informazioni sugli animali che popolano il Triangolo Lariano e non solo. E’ ancora in fase di allestimento ma speriamo cresca in fretta!!
Nella nuova “casetta nel bosco” ancora non abbiamo una connessione stabile, quindi posso scrivere poco e pubblicare ancor meno (ancora per un po’!). Tuttavia la mia fototrappola, notte dopo notte, “cattura” momenti di vita raccontando quello che spesso non riusciamo a vedere nel bosco. In particolare tendo il mio tecnologico agguato nei passaggi obbligati che si creano sulla scogliera del Sasso della Cassina tra i boschi di Garavina ed i prati di Caprante. A valle della scogliera il passaggio è bloccato dal Lago e dalla Statale Lariana, per questo gli animali devono crearsi vere e proprie strade sfruttando le “debolezze” delle strutture rocciose. Strade comuni che uniscono animali di taglia e forma spesso differente. Ho infatti osservato cinghiali, mufloni, caprioli ma anche animali più piccoli come la faina.
Ecco un capriolo maschio, con delle belle corna, che esce dal bosco dopo una notte di intensa pioggia.
Ecco invece una bella coppia di mufloni maschi che, quasi guardando in camera, ci offre un ottimo primo piano delle corna e del pelo ormai quasi completamente cambiato.
Berto il cinghiale! Credo che questo giovane esemplare sia uno dei cuccioli in cui mi sono imbattuto il passato febbraio. Praticamente mi sono immprovvisamente ritrovato ad un metro da una “nidiata” di cuccioli: in quell’occasione la mamma di Berto, fortunatamente, non si è fatta vedere (o forse mi ha visto correrre via con tanta foga che ha desistito dal caricarmi!!).
Infine una scattante faina ripresa mentre corre a terra in un passaggio ben segnato dagli zoccoli di un ampia varietà di animali.
Nota a margine: il trasloco è concluso, quindi ora posso finalmente organizzare meglio il mio tempo e pianificare il calendario per le prossime escursioni. A presto!
I miei tentativi di immortalare un tasso sono ancora infruttuosi: solo una volta, nel maggio del 2013, durante una salita notturna al Cornizzolo con mio fratello, mi è riuscito di “catturarlo” in foto (in coda potete trovare uno di quegli scatti). Ora vorrei però riuscire a realizzare un video e così, armato della mia nuova fototrappola, ho iniziato a “tenere d’occhio” tutte le possibili tane nei dintorni di Caprante. Molte di queste tane – relativamente vicine all’uomo – sono tane secondarie, spesso abbandonate oppure utilizzate solo temporaneamente o in specifici periodi dell’anno. Tuttavia, mentre mi occupo del trasloco e dei lavori di ristrutturazione, sono abbastanza vicine e decisamente comode per le mie ricerche. Il problema è che queste tane, salvo chiari segni nelle immediate vicinanze, possono essere abitate tanto da un tasso quanto da una volpe. In questo caso è toccata la volpe!
La tana è scavata in uno strato sabbioso tra due strati di roccia calcarea. La zona infatti è quella delle vecchie miniere abbandonate del liscione dove un tempo, proprio sfruttando la geologia della zona, cavano la sabbia creando tunnel sotterranei tra queste “pareti parallele”. Se ci fate caso sono riuscito a prenderla quando “esce” e quasi mai quando “entra” nella tana. Questo perchè devo ancora imparare – con la pratica – a migliorare i settaggi ed i sensori in relazione allo scenario, tuttavia come primi risultati sono incoraggianti.
Qualche sera prima, sempre tenendo d’occhio una tana realizzata in una catasta abbandonata di vecchi tronchi di pino, ho “catturato” non una ma ben due volpi. La prima, sempre per una questione di settaggi, appare da subito “in scena”, la seconda vi entra subito dopo. Mentre la seconda è in primo piano si possono osservare, in alto a sinistra, gli occhi della prima che brillano.
Infine, per consolarmi, ecco una delle foto scattate ad un tasso nel lontano maggio di sette anni fa.
Qualche settimana fa ho pubblicato un articolo (link) per cercare di capire se davvero il cervo abbia iniziato a vivere nella penisola lariana: sono infatti sempre più insistenti le voci di avvistamenti recenti, anche nella costiera orientale della penisola. Io, come san Tommaso, ancora non l’ho visto ma, anche attraverso l’articolo, volevo fare il punto della situazione raccogliendo informazioni dai lettori. Certamente c’è la foto del 2015 di un avvistamento a Bellagio oltre ad alcuni avvistamenti, verificati ma sporadici, anche sul San Primo ed il Monte Puscio. Tuttavia questi casi, sebbene indicativi ed importanti, non giustificano il numero crescente di persone che, tra Valbrona e Magreglio, continua a riferire di aver casualmente incontrato il cervo. Possibile? Ancora non lo so, ma è certo che qualcosa sta accadendo. In molti mi hanno segnalato come nel Parco delle Groane (http://www.parcogroane.it/), che si estende da Bollate a Lentate, gli avvistamenti di cervi siano ormai frequenti e persino documentati con fototrappole: vi è infatti persino un inequivocabile video realizzato il 28 Gennaio del 2021 (link). inoltre sulla Milano-Meda, all’altezza di Uboldo e Origgio, è stata diramata un’allerta stradale e recentemente è stato investito un cervo nel comune di Barlassina, la notte di Domenica 21 Marzo 2021. Il cervo è un animale molto grande per gli standard a cui siamo abituati: caprioli, mufloni, cinghiali, camosci sono “piccoli” paragonati ad un cervo che, oltre ad essere più grande, ha bisogno di spazi più ampi. Come è possibile conciliare tutto questo con l’inevitabile intensificarsi dell’urbanizzazione man mano ci si spinge a sud verso Milano? Cosa sta cambiando? La risposta è probabilmente più semplice di quanto pensassi e dimostra, ancora una volta, quanto strano sia il periodo storico in cui viviamo e quanto ancora sia difficile percepire con chiarezza gli effetti trasversali e generali della “Lotta alla Pandemia”. Dal 6 Novembre del 2020 è infatti in vigore il coprifuoco: la notte, dopo le 22, non esce di casa quasi nessuno da ormai 5 mesi! Eccetto gli animali: l’assenza di traffico ha probabilmente favorito spostamenti impensabili prima del coprifuoco. Ecco quindi che abbiamo animali inaspettati laddove non c’erano prima: questi cinque mesi potrebbero davvero aver permesso al Cervo di spingersi sia tanto a sud verso Milano, quanto tanto in profondità, a nord, nella penisola lariana. Le teorie sulla capacità del cervo di attraversare il lago a nuoto diventano quindi ininfluenti: le strade sono deserte, può superare a piedi ostacoli urbani un tempo probabilmente inavvicinabili. Così mi sono detto: “Ma se è passato il cervo, che è un gigante, cos’altro può essere passato di più piccolo?”. Io questa risposta non ce l’ho, però con grande sorpresa mi sono imbattuto in un comunicato del Parco di Montevecchia (http://www.parcocurone.it/) che, a gennaio 2021, riportava la presenza di uno o più lupi nel proprio territorio. Gli articoli di giornale che ho trovato riportano come la presenza del lupo sia stata confermata anche dal DNA trovato sulle carcasse di alcune pecore uccise in Valle Santa Croce a Missaglia. Tutta questa faccenda mi lascia stupito: il lupo? A Montevecchia? Io il lupo non l’ho mai visto e, sinceramente, mai avrei pensato potesse spingersi in un’area tanto antropizzata come il quadrilatero “Milano – Como – Lecco – Bergamo”. Stando alle cronache è infatti assente dal territorio lecchese da oltre 75 anni e, da allora, strade e cosa sono aumentate esponenzialmente. Vi è forse una riflessione interessante da fare pensando al Cervo. Tutto ciò che avviene a sud, per colpa del coprifuoco, sembra accadere anche nella penisola lariana: accade lo stesso ma, per le peculiarità del nostro territorio (nonché una minore densità antropologica) ce ne accorgiamo meno. Se qualche giorno fa la domanda era “E’ passato il Cervo?”, ora la domanda si sta transformando: “E’ passato solo il Cervo?”.
Con la pandemia c’è stato un ritorno alle piccole baite, spesso troppo a lungo trascurate, nei dintorni dei piccoli paesi. In molti, godendo della libertà appartata di questi luoghi, hanno ripreso a frequentare con assiduità proprio i “baitelli del nonno”. Questo ha portato, paradossalmente, ad una maggiore presenza umana in posti normalmente deserti. Andando a zonzo mi capita quindi di “attaccar bottone” ed ascoltare racconti dove prima vi era solo silenzio: “Ho visto il cervo!” è una delle storie più gettonate. Tuttavia nel Triangolo Lariano il cervo non c’è, o quantomeno, non dovrebbe esserci… La penisola Lariana, come suggerisce il nome, è un triangolo di cui due lati, est ed ovest, sono “chiusi” dal lago mentre quello a sud è “chiuso” dalle strade provinciali che collegano Como e Lecco attraverso una fitta “cintura di paesi” ai piedi delle Prealpi Lariane. Il territorio all’interno della penisola è quindi “sigillato ed isolato” con quasi nessuna possibilità di contatto con le montagne del Comasco, piuttosto che quelle del Lecchese o dell’Alto Lago. Certo, le aquile delle Grigne, quando si stufano dei turisti, spesso si spostano sul Moregallo attraversando il lago: loro però volano! Per i camosci che vivono sul San Martino e sul Coltignone è quasi impossibile raggiungere il Moregallo perchè, per farlo, dovrebbero attraversare Lecco ed i ponti sull’Adda. A Como non abbiamo uno sbarramento netto come l’Adda ma i grandi centri abitati, come Grandate e Camerlata, sono un significativo ostacolo per animali di grossa taglia ed i cervi sono probabilmente tra gli animali selvatici più grandi che possono vivere sulle nostre montagne. Bisogna inoltre ricordare, per inquadrare bene la situazione, che nessuno dei grossi animali del Triangolo Lariano è realmente autoctono della zona: cinghiali, mufloni e caprioli sono stati introdotti o reintrodotti dall’uomo. Tra questi mi sentirei di dire che solo il piccolo capriolo ha le giuste caratteristiche per cambiare zona attraversando la periferia dei centri urbani. Anche il cinghiale è in grado di farlo, ma quando lo fa di certo non passa inosservato! Il Muflone invece non credo abbia mai raggiunto il Coltignone così come il Camoscio non è mai arrivato al Moregallo. Per questo mi sembra davvero incredibile che il Cervo, che è ormai abbondantissimo sulle montagne all’esterno del Lario, sia riuscito a raggiungere l’interno della penisola Lariana. Tuttavia la “voce” si è fatta sempre più insistente. Il cervo è un “alieno” per il nostro territorio: alcuni testimoni sono assolutamente “non-attendibili” (non distinguerebbero un cervo da Elvis Prisley!), altri invece, amici di amici, potrebbero essere maggiormente affidabili. Al momento però un testimone certo – qualcuno che abbia inequivocabilmente chiara la differenza tra un cervo ed un capriolo – ancora non l’ho trovato. Tuttavia ne ho sentite abbastanza per iniziare ad approfondire la faccenda. Io incontro regolarmente cinghiali, mufloni e caprioli. Chiunque ormai, con un minimo di attenzione e silenzio, può riuscire a vederli. Però non ho mai incontrato sulle nostre montagne un cervo o i segni della sua presenza. Devo ammettere che l’ambiente che normalmente frequento non è certamente quello adatto ad un cervo: troppo ripido e spesso troppo “imboscato”. I cinghiali tracciano nel sottobosco veri e propri tunnel tra i rovi, passaggi di cui spesso si servono anche caprioli e mufloni. Ma un cervo, le cui dimensioni sono assolutamente ragguardevoli, non vivrebbe mai in un luogo simile. Ha quantomeno bisogno di spazi in cui possa muoversi con libertà. Per intenderci: un capriolo adulto, anche bello massiccio, trova posto in uno zaino, per spostare un cervo serve invece un trattore ed un paio di uomini. Parliamo di animali che possono raggiungere e tranquillamente superare i 150kg di peso con un’altezza alla spalla superiore al metro e cinquanta. Grandi dimensioni richiedono quindi grandi spazi. Forse, ripeto forse, la Dorsale Occidentale e tutte le montagne ad Ovest del San Primo possono avere le caratteristiche giuste, forse. Tuttavia le segnalazioni mi arrivano dalla Dorsale Orientale e dalle montagne, più piccole e ripide, ad Est del San Primo. “Naaa… figurati il cervo da noi, chissà che han visto!” “No, no, non ci credeva neppure lui ma ha visto il palco! Era cervo!”. Io resto scettico, ma il dubbio ormai ha una sua solidità: ”Birillo, sei l’unico a non aver visto il cervo?”. Così ho fatto qualche ricerca online per vedere se questi voci avevano trovato eco sul web. In realtà ho trovato qualcosa che mi era sfuggito e per certi versi è una specie di “prova provata”. In un articolo del 2015 de La Provincia di Como c’è persino la foto del cervo, uno scatto realizzato a Bellagio con una fototrappola.
L’articolo (link) è in realtà un trafiletto con pochissime informazioni certe. La foto però non lascia dubbi: in qualche modo “qualcosa” è passato. L’articolo riporta come più accreditata la teoria che l’animale sia giunto a nuoto dalla tremezzina. Da Tremezzo a Bellagio sono quasi un chilometro e sette di nuoto: una nuotata impegnativa, uno specchio d’acqua che quando non è gelido, inverno, è assolutamente “trafficato” di imbarcazioni, estate. Non è uno scherzo attraversare il lago. Il record “umano” della Onno-Mandello, 1.5km di traversata, è di 20 minuti. Io non ho idea di quanto sia veloce un cervo a nuotare però immagino di certo che non conosca la direzione, che proceda sommariamente per tentativi, probabilmente di notte e spinto da un non ben precisato “stimolo” (quale esigenza lo spingerebbe ad attraversare?). I “nostri” 20 minuti, senza troppo tenere conto delle correnti, possono diventare tranquillamente un’ora e più, che nell’acqua del lago non è poco. Ho chiesto ad un amico zoologo ed anche lui è stato scettico: “La foto è inequivocabile, il fatto che però sia arrivato a nuoto è tutto da dimostrare. Certo, cervi e balene hanno antenati comuni ma resta una bella nuotata…”. Inoltre se diamo per buona la teoria del nuoto allora dobbiamo ipotizzare che possa accadere anche altrove, in zone magari più selvagge ed adatte al cervo. A Torrigia, sopra Laglio, il Monte Coltignone ed il Monte Preola si fronteggiano divisi solo da 700 metri d’acqua: tratto più breve e montagne meno antropizzate. Se passano da quelle parti è ancora più improbabile intercettarli. Tuttavia un singolo “cervo nuotatore” potrebbe fare ben poco oltre a sentirsi solo: ci vorrebbero più “coppie” per una sua diffusione come specie. Tuttavia le “voci” restano: che questo fantomatico cervo di Bellagio sia sia spostato verso sud raggiungendo i dintorni di Valbrona? Con tutto lo spazio che c’è sul San Primo ti infili verso le ripide e strette montagne orientali ed i suoi infiniti paesi? Davvero strano… anche per un esemplare tanto stramboide da compiere il grande salto a nuoto. Tuttavia se davvero non fosse solo, se come specie si stanno diffondendo, qualcuno dovrebbe aver visto qualcosa sul San Primo o sulla dorsale del Bollettone. Sono posti più adatti al cervo, di più ampio respiro e molto frequentati: se c’è qualcosa è sicuramente più facile avvistarla. Quella però non è affatto la mia zona, ci vado abbastanza di rado ed ora, con le restrizioni covid, sarebbe persino “illegale” spingermi tanto ad occidente rispetto all’Isola Senza Nome. Così questa mia riflessione vuole essere soprattutto una raccolta dati: se qualcuno ha qualche informazione, anche indiretta come la foto di un albero martoriato dalle corna o di una “fatta”, è invitato a condividerla. E’ davvero arrivato il cervo nel Triangolo Lariano? Sono l’unico a non saperlo?
AGGIORNAMENTO 12 MARZO 2021
In questi giorni, dopo la buriana di San Remo, a tenere botta sui Social Network è la super intervista di quei “due milionari scappati di casa” della Famiglia Reale Inglese: “Tutto ciò che ho so su queste faccende l’ho appreso contro la mia volontà!”. Internet purtroppo è diventato così: ti vomita addosso di tutto. Tuttavia l’Oracolo, quando si ha la pazienza di sottoporre una buona domanda, è ancora in grado di offrire importanti risposte. Ho infatti pubblicato questo articolo sul cervo nella bacheca di alcuni gruppi escursionistici e, con grande piacere, le segnalazioni di avvistamenti hanno cominciato a concretizzarsi sotto forma di commenti. Particolarmente interessanti quelli del gruppo “Noi Amanti del Bolettone”. I membri hanno infatti riportato diversi avvistamenti nel corso degli ultimi due/tre anni. Nello specifico esemplari maschi (probabilmente più facilmente riconoscibili) sia sul Monte San Primo che sul Monte Puscio. Un utente – e questo è il bello del confrontarsi con altri punti di vista – ha però spostato la mia attenzione dalle montagne alla pianura. Il mio presupposto è che i cervi arrivassero da Nord, dall’alto lago, dalle montagne al confine con la Svizzera a Ovest o quelle Orobiche ad Est. Diversi articoli e pubblicazioni riportano invece numerosi avvistamenti, con tanto di foto, video e ritrovamenti di corna, nel Parco delle Groane, quindi a Sud! Anzi, incredibilmente a Sud! Il parco, con i suoi 38 ettari, è infatti più vicino a Milano che alle Prealpi Lariane: una macchia verde in una distesa di case, strade e palazzi.
Vi è persino un video del 28 Gennaio del 2021 (link), quindi recentissimo.
Se si sono spinti così in basso, tra i centri abitati, è molto probabile che tutta la zona attorno a Cantù, pianeggiante e boscosa, sia ben popolata di cervi. Questi animali dimostrano quindi un buona – forse inaspettata – capacità nel destreggiarsi tra i centri abitati. Inoltre gli avvistamente nelle Groane “smontano” gran parte delle teorie sul “Cervo Nuotatore” arrivato nel Triangolo Lariano attraversando il lago. Quello individuato a Bellagio, così come quelli sul San Primo o sul Puscio, sono probabilmente entrati nella penisola da Sud, probabilmente “bucando” tra Como ed Erba. Questo spiegherebbe gli avvistamenti più a Nord. Il fatto che sull’Isola Senza Nome (il gruppo montuoso tra Cornizzolo e Moregallo) non ci siano avvistamenti, salvo quelli più recenti sul versante Nord dei Corni di Canzo e sul Monte Megna, conferma però come i laghi, la superstrada, le cave e l’Adda siano invece ostacoli molto più difficili da superare. Questi esemplari, probabilmente entrati da Sud Ovest, si sono spinti a Nord lungo la Dorsale Lariana ed ora, tornando a Sud, hanno attraversato la Vallassina e la piana di Valbrona. Bisognerebbe verificare quindi gli avvistamenti nella zona di Cantù e nel Parco del Monte Barro.
Probabilmente non nuotano, ma quello che è certo è che si spostano moltissimo!
La giornata non era stata né buona né cattiva. Non era successo nulla di grave ma era stata costellata da ritardi, da occasioni mancate e da qualche rammarico. Forse era soprattutto per quello che io e mio fratello avevamo cominciato a fare scintille stringendoci sui ferri corti. Francesco ha vent’anni e ben sedici anni di differenza ci separano: praticamente siamo di due generazioni diverse.
Quando arriviamo allo scontro il più delle volte è perché qualcosa bolle in pentola e non riesce a venire a galla. Il mondo di oggi infastidisce anche un cinico come me, credo sia davvero dura per i giovani trovare una via nella giungla di ignoranza e cupidigia che li circonda: stravolti dagli ormoni devono difendersi dall’esercito di opportunisti che li considerano solo come facili prede a cui spacciare falsi modelli e false priorità.
Il mio fratellino, “Keko”, se l’è sempre cavata bene anche se spesso è stato costretto a navigare a vista tra alti e bassi. Certo, ha un caratteraccio insopportabile ed impertinente ma credo che alla sua età il mio fosse anche peggiore!
Così ieri sera, dopo esserci presi a male parole, ci siamo infilati in macchina partendo insieme per un’avventura notturna. Superato il Segrino siamo saliti fino a Campora, sui prati ad ovest del Cornizzolo e da lì abbiamo puntato sulla cresta verso la cima.
Il buio calava in fretta ed il bosco si animava dei rumori e dei versi della notte mentre la piana si accendeva come un albero di natale. Siamo a Maggio ma il tempo è completamente imprevedibile ed attraverso il buio cercavo di tenere d’occhio le nuvole che minacciose coprivano le Grigne. Il vento, forte e freddo, sembrava tenerle a distanza soffiando alla mie spalle ma, raggiunta la manica del vento a Pessora, ha cambiato direzione ed in una manciata di minuti siamo stati investiti dalla nebbia.
Giunti alla croce il buio era completo e la luce del flash rimbalzava sull’umidità della bruma. Speravo di offrire a mio fratello uno scorcio oltre il lago ma il tempo era precipitato. Non avendo con me un berretto (avevo infilato nello zaino quello che mi era capitato a tiro sul divano di casa) gli avevo messo in testa una specie di turbante realizzato con una maglietta per riparargli la testa dal vento e dal freddo (…io sono il fratello maggiore, quello “tosto” che il freddo lo porta a casa tutto 😉 )
Scesi quasi di corsa sull’altro versante abbiamo raggiunto il rifugio SEC e, nel buio completo, abbiamo incominciato a scendere lungo la strada. In tasca avevo la frontale ma viaggiavamo a luci spente seguendo il serpentone d’asfalto e sfruttando il riverbero della città.
Chiacchieravamo quasi in silenzio marciando veloci in discesa. Keko non viene spesso in montagna ma il passo è rimasto quello buono: ha perso un po’ di peso ed è fuori forma ma non aveva problemi a tenermi testa.
Poi un ombra e un rumore. Apro la mano fermando Keko senza proferire parola. Lui capisce e si sposta in silenzio alle mie spalle. Davanti a noi c’erano due tassi, uno più grosso ed uno probabilmente più giovane. Ad occhio nudo si vedevano solo le sagome, gli occhi e l’ombra delle caratteristiche macchie bianche sul muso.
Il più grosso scappa di corsa mentre il più piccolo, e probabilmente inesperto, si attarda nascondendosi dietro una radice. In silenzio mi sono avvicinato ed ho acceso la luce frontale che avevo in tasca. Sorpreso dal bagliore il tasso si è arrestato immobile. Piano piano ha iniziato ad abituarsi alla luce ed anche alla mia presenza iniziando ad annusare e scavare attorno alla radice. Sembrava davvero cercasse di far finta di non avermi visto! Era davvero buffo.
Visto che era quieto mi sono avvicinato a lui arrivandogli ad un metro e mezzo di distanza. Per scattargli qualche foto dovevo però prendere la “mira” nell’oscurità più completa e sperare che la macchina riuscisse a mettere a fuoco nel breve attimo in cui il flash illuminava a giorno quell’angolo di sottobosco.
Alla fine qualche scatto buono ne è uscito sebbene fatti totalmente alla cieca:
Non volevo spaventarlo oltre con il flash e così dopo averlo osservato ancora per un po’, lo abbiamo lasciato in pace sentendo il suo amico che, ben nascosto, ancora girava da presso nel bosco.
Partiti alle nove eravamo nuovamente a casa alle undici e mezza. Una bella sgroppata per sciogliere le tensioni ed un magnifico premio sotto forma di tasso. Io e mio fratello avevamo bisticciato aprendo la bocca più del dovuto: fortunatamente la giornata si era chiusa nel migliore dei modi.
Con la fine dell’anno è tempo di bilanci e di “back-up”, è il momento di decidere cosa conservare e cosa lasciarsi alle spalle. Spulciando tra le fotografie pubblicate sul sito ho raggruppato alcune immagini degli animali incontrati quest’anno.
Il risultato è stato piuttosto curioso: oltre ai Caprioli, i Camosci ed i Mufloni che sempre più spesso fanno mostra di sè negli articoli di “Cima” sono alcuni slanci davvero esotici legati al viaggio in Congo di inizio anno. Così, oltre ai “nostrani”, abbiamo anche i gorilla Bonobo ed vecchio coccodrillo fotografato “forse” fin troppo intrepidamente da vicino!
Ecco a voi il Bestiario2012:
Tra questi il più selvaggio è probabilmente quello che tiene in braccio la piccola Nora: tagliragli i capelli non l’ho acquietato come sperato!Ciao
I primi ad insegnarmi ad andare in montagna furono degli anziani cacciatori che seguivo tra i monti occupandomi dei loro cani. Gente alla maniera vecchia da cui ho imparato a rispettare il silenzio del bosco e a conoscere i grandi animali che vi abitano.
Quando sono stato un po’ più grande gli alpinisti mi hanno insegnato ad arrampicare e a raggiungere le cime rocciose ed innevate che fino ad allora mi sembravano irraggiungibili. Qualcosa in questi lunghi anni credo di averlo imparato ma di certo non dimenticherò le lezioni impartite dalle quelle figure-grigio verdi che, in un passato ormai remoto e quasi scomparso, custodivano i segreti più profondi di questa natura selvaggia.
Spesso chi frequenta la montagna lo fa in modo distratto e rumoroso, presi dalle proprie mire alpinistiche gli escursionisti sembrano ciechi a gran parte di quello che li circonda e che, a loro insaputa, li osserva invece con attenzione. Per questo, quando mi è possibile, cerco di uscire per monti quando nessun’altro lo fa, quando sulla montagna regnano solo il silenzio e le ombre.
Sul Resegone non vi erano altri esseri umani ad eccezione di noi. In quell’oceano solitario fatto di prati e rocce puntavamo alla cima. Il ragazzo che era con me era stupito: «Gli siamo arrivati a meno di cinque metri! Eravamo vicinissimi! Io i camosci li avevo visti solo sull’etichetta del formaggio!!» Ancora rido ripensando al suo meravigliato stupore: a volte si deve diventare invisibili, a volte semplicemente si deve dare prova di essere parimenti selvatici.
Erano il sole ed il silenzio a dominare la montagna ed in quella solitudine è stato “facile” ed “emozionante” avvicinarsi a quegli animali scattando qualche foto con la mia modesta macchina fotografica (FujiFilm FinePix S2950).
Giunti sulla vetta del Resegone, alla punta Cermenati, abbiamo abbracciato il panorama che ci circondava e, seduti con i piedi a penzoloni sulla roccia, avevamo la consapevolezza di essere stati accettati con benevolenza da quella sconfinata magnificenza. Grazie.
Il muflone è uno dei grossi animali che abita anche sul nostro territorio. Io ho avuto occasione di incontralo principalmente sul Moregallo, sul versante della montagna che domina il ramo del lago che volge verso Lecco. La foto qui sopra è di una femmina sopra il Sasso Preguda proprio sul Moregallo.
Il muflone è una grossa capra selvatica e per questo quella zona è il suo habitat ideale: scoscesa, densa di piccoli e ripidi prati attornaniati da rocce. Uno scenario che offre loro cibo, riparo e tranquillità. Probabilmente ci sono anche altre zone nel Triangolo Lariano dove avvistarli ma il Moregallo è sicuramente dove vi è una più alta concentrazione.
Fisicamente assomiglia ad una grossa capra: il pelo è ispido e di colore fulvo d’estate e bruno scuro d’inverno, con tonalità grigiastre e nerastre su spalle e collo. Le dimensioni variano dai 25 ai 40kg ed al garrese (sopra la spalla) raggiunge un’altezza anche di 75 cm.
Le femmine non hanno corna mentre Il maschio, l’ariete, ha le caratteristiche corna ricurve a spirale. Sono proprio le corna del maschio a far ritenere che il muflone sia una specie di via di mezzo tra una capra ed una pecora.
E’ un animale tranquillo, difficilmente vi prenderà a cornate ma, visto l’ambiente spesso scosceso in cui vive, conviene fare attenzione quando lo si incontra per evitare di ruzzolare a valle. Tra di loro maschi invece se le danno di santa ragione quando è il periodo degli accopiamenti: si ha la fortuna di vedere i loro duelli a colpi di cornate si può comprendere quanto in natura sia duro fare la corte alle femmine.
Scartabellando ho scoperto che il muflone è l’animale con le corna più lunghe del pianeta tanto che possono raggiungere anche i 2 metri di lunghezza.