Grazie all’ intervento di una “flaghina” abbiamo aggirato il Pian di Spagna ed i paesini dell’ alto lago affollati di turisti stranieri.
Siamo quindi di nuovo fuori dall’abitato sulle pendici del Bregagno.
Abbiamo trovato riparo in una piccola baitella abbandonata: pare fosse un piccolo insediamento ma solo una é abbastanza sicura da “reggere”.
L’abbiamo ripulita dalle “fatte” di capra e montato al suo interno la tenda: per questa sera dovremmo essere a posto.
Dopo il Legnone ed il Legnoncino siamo entrati nei monti della costa occidentale: comincia il viaggio di rientro.
Oggi mi ha fatto molto piacere raggiungere la vetta nonostante la nebbia e mi ha fatto ancora più piacere ritrovate i ragazzi dell’alpinismo giovanile del Cai Asso ed i loro accompagnatori.
Ancora un grazie a Renzo, Alberto, Bruno, Gianina, Maurizio, Laura, Mario, Flora e Giorgio: passano gli anni per la nostra piccola sezione ci siete sempre! Grazie a tutti voi!
Buona notte, speriamo nel tempo: i Flaghéé continuano il loro viaggio
É certo più piccolo ma la vista che si gode da questa vetta a picco sul lago é magnifica.
All’ orizzonte balena uno squarcio di sole mentre ormai sono sempre meno le montagne che ci circondano e che non abbiamo ancora salito.
La bandiera questa volta é di Marco dedicata a Felice Orsini.
La nebbia era spessa ed a a avvolgeva tutta la cima. Sotto di noi fischiavano le marmotte e balenavano attraversero le schiarite una coppia di camosci.
Questa é la montagna più elevata tra quelle che si affacciano sul lago, nei suoi 2610 metri il Legnone é la piú alta del Lario.
Sulla cima, sotto la croce, ancora un po’ di neve mentre amici ed alpinisti si stringono la mano congratulandosi per la salita.
Ecco un’ altra bandiera, questa volta dedicata a Carlo Cattaneo.
Il nostro viaggio continua!
Eccoci con i ragazzi del Cai di Asso alla Cá de’ Legn, il bivacco alla base dell’ultimo tratto che porta alla cima del Legnone .
Il tempo pare inclemente ed i ragazzi si fermano qui godendosi il panorama al di sotto della nebbia.
Noi proviamo a salire ma la foto di gruppo é d’obbligo!
La mano di Lele é guarita ed il nostro viaggio riparte: ecco i Flaghéé di nuovo sulle pendici del Legnone questa volta accompagnati dai ragazzi dell’ alpinismo giovanile del Cai Asso. Si và!
bloggiornalismo.scuoleasso.it è nuovamente in viaggio. Con i Flaghéé e i Pensieri Dipinti, ventiquattro stoffe scritte dalla terza C della scuola media di Asso. Un viaggio che è iniziato l’ultimo sabato di maggio, per oltre 250 chilometri e quindici-ventigiorni di cammino, e che ci sta portando sul tetto del Lario, sull’alto delle sue cime.
Le gambe sono quelle di Davide Valsecchi (cima-asso.it) e di Lele, ma stanno camminando per noi. Loro hanno nei loro zaini i nostri Pensieri Dipinti e li stanno posizionando su ventiquattro cime del nostro territorio.
È possibile seguirli sui nostri blog: cima-asso.it e anche su bloggiornalismo.scuoleasso.it. Su ogni stoffa c’è un pensiero di un personaggio del Risorgimento. Abbiamo deciso di ripensarlo a 150 dall’unità d’Italia attraverso @Gioventù Ribelle, un progetto che passa in rassegna la vita di un gruppo di persone, da Cesare Balbo alla contessa di Castiglione a Maria Sofia di Borbone, dai fratelli Cairoli a Carlo Cattaneo, che spese la propria esistenza nel tentativo di veder realizzato un ideale.
I loro pensieri riuscirono comunque, anche nel caso in cui le loro imprese furono destinate al fallimento, ad imprimere dei segni profondi nella vita del Paese. Questo ci aiuta a capire che il presente è frutto di una scelta e ci fa capire che ognuno di noi può contribuire a far cambiare il mondo.
È proprio una bella storia. Stiamo vivendo dei legami, con le cime e con le persone, che ci stanno aiutando a crescere. Ciao Davide!Ciao Lele!
Tratto da La Provincia di Como del 7 Giugno 2011 e redatto da Aurora P., Christian, Daniel, Eleonora, Piercarlo [link articolo]
C’è una storia nella storia, all’interno del nostro viaggio, di cui qualcosa è trapelato ma che in parte ancora è poco nota e riguarda i miei scarponi.
Qualche giorno fa Chiara, dopo averci incontrato in cima alla Grignetta, ha pubblicato sul web le foto delle mie povere calzature ormai ridotte ai minimi termini.
Sì, purtroppo i miei più fidati compagni d’avventura hanno raggiunto il loro punto di non ritorno. Il mio rapporto con le cose spesso è particolare, “Le cose che possiedi alla fine ti possiedono”, ma gli scarponi sono qualcosa per me più di un oggetto: in 10 anni mi hanno accompagnato attraverso i momenti più intensi della vita.
Erano con me a 6130 metri sullo Stok Kangri, hanno attraversato il Ladakh, il Kashmir e mezza India. Erano con me quando ho risalito il Lambro e quando sono andato in bicicletta in cima al San Primo. Li avevo ai piedi sulle spiaggie di Zanzibar tanto quanto attraverso la shamba della Tanzania o quando sono salito sul vulcano Hanang o ancora lungo le sponde del Tanganika. Erano con me ogni volta che andavo in montagna, quando ero con i ragazzi dell’alpinismo giovanile o quando ero a spasso con il mio nipotino.
Sì, erano ridotti maluccio, ma questo voleva essere il loro ultimo viaggio, il mio tributo per il tempo speso insieme, il loro degno funerale. La Grignetta ha inferto loro il colpo finale: con una torsione sulle rocce ne ha dilaniato la suola in un profondo squarcio. Un colpo mortale che solo in parte potevo arginare con “medicazioni” d’ermergenza: una gloriosa fine.
“Come partire per un lungo viaggio con le gomme lisce! Solo tu puoi farlo!!” mi ha detto qualcuno conoscendomi bene. Mi ha fatto sorridere perchè il viaggio dei Flaghéé ha un valore simbolico e non ha certo la pretesa di essere un’impresa alpinistica. Non siamo nè in Africa nè in Tibet, per sostiutire gli scarponi è bastato telefonare al Tino del Taurus e dirgli marca, modello e numero per averne un paio nuovo nel giro di un’oretta. No, non c’era incoscenza ma solo un grande affetto.
Io credo che difficilmente quello che ci accade avvenga per caso. Mentre camminavo con i miei scarponi ormai distrutti avevo molto da riflettere: scendavamo dalla Grigna lungo i sentieri che commemorano i partigiani della seconda guerra mondiale ed i Cacciatori delle Alpi guidati da Garibaldi nella seconda guerra di Indipendenza. Guardando i mei scarponi mi è tornata alla mente una massima popolare: “Mi batto con ciò che ho, mi batto per ciò che sono”.
Le nostre montagne oggi sono affollate dal meglio della moderna tecnologia alpinistica, materiali impensabili solo 50 o 60 anni fa. I miei scarponi stracciati mi davano il senso del tempo, la misura della forza di chi, in epoche diverse, ha vissuto, combattuto e sperato attraverso i nostri monti con ciò che aveva, con ciò che poteva: ribelli, spalloni, avventurieri e amanti della montagna.
Il passato racchiude una grande forza che spesso abbiamo dimenticato, cela una determinazione ed un caraggio che si rispecchia negli alti ideali di allora, vivi e brucianti, oggi spesso blanditi ed attenuati dalla comodità della vita moderna.
Grazie miei amati scarponi per tutti i passi battuti insieme…
Il Lele, il mio “socio” di viaggio, nonostante il taglio al dito, procurato dal fondo di una bottiglia sciaguratamente abbandonata nel bosco, ora non se la passa male: è davvero più ferito nell’orgoglio che nel corpo e ribolle di rabbia per aver dovuto momentaneamente interrompere il nostro cammino. Succede, nel dubbio è sempre la prudenza la migliore consigliera quindi va bene così.
Ora, per rincuorarlo, ho deciso di sfruttare il tempo a disposizione per pubblicare qualche foto e condividere quella parte di viaggio che i nostri mezzi tecnici non potevano mostrarvi.
Ecco un po’ di foto dalla mia piccola (ed ormai scassata) macchina digitale reduce di mille battaglie. In alcune foto la pioggia e la polvere hanno creato qualche macchia a cui ho ovviato con il bianco e nero. Non sono un fotografo professionista, non ho nè gli strumenti nè le conoscenze per esserlo. Quello che spero è che queste immagini possano offrirvi le stesse sensazioni che provavamo noi lassù.