Come lo scorso anno, per la prima edizione di Flaghéé, alla partenza sono intervenuti i fotografi de La Provincia, de Il Giorno e de Il Corriere. Per me è sempre un mezzo imbarazzo questa fase, una difficoltà che “supero”, sembre con qualche impaccio, grazie all’amicizia che ormai ci lega alle persone dietro all’obbiettivo.
La mattina della partenza per Venezia abbiamo fatta un nuovo incontro: Dario Alemanno. Dario gestisce QuiComo.it, un video portale web per la città di Como.
Un po’ assonnato si era presentato per farci un’intervista: confesso che il connubio “mattina presto” + “televisione” + “partenza” è stato duro da affrontare. Come al solito quattro chiacchiere e si supera tutto, anche l’intervista web per colazione!
Una volta rientrati da Venezia mi è tornato alla mente ed ho cercato su Internet: mi piacciono queste iniziative indipendenti a favore della comunicazione sul nostro territorio. Qui potete trovare la pubblicazione completa: Da Como a Venezia via acqua: 500 chilometri in canoa
Da Como a Venezia. In canoa. E’ la piccola grande impresa di due comaschi, Enzo Santambrogio e Davide Valsecchi, partiti questa mattina alle nove dal molo della Canottieri Lario. Non son vogatori professionisti ma solo due ragazzi con il gusto dell’avventura. Il loro viaggio durerà circa 15-20 giorni e sarà lungo all’incirca 500 chilometri. Prima tappa stasera a Lenno dove si fermeranno per la notte. Domani ripartiranno alla volta di Lecco dove imboccheranno l’Adda per confluire nel Po, e poi dritti fino a Venezia. Appesi a un filo teso sopra la canoa ci sono i gonfaoni in miniatura di tutti i Comuni comaschi. Non a caso il viaggio dei due avventurieri ha ottnuto il patrocinio dell’assessoreato al Turismo della provincia di Como.
nb. alla fine i chilometri percorsi sono stai quasi 580 =)
Durante il nostro viaggio abbiamo ascoltato molte storie su uno dei pesci più misteriosi che oggi popolano il nostro fiume, in un occasione siamo riusciti anche ad incontrarlo da vicinio: il pesce siluro.
Cominciamo con i termini difficili: il siluro è una specie di pesce alloctona invasiva, ossia non è originaria del nostro terriorio ed ha un impatto negativo sul suo nuovo ecosistema. Il siluro è infatti originario del Danubio e dei paesi dell’Est ma è stato introdotto nel Po una cinquantina di anni fa. Da allora prospera spesso a scapito delle specie autoctone.
Sebbene oggi il siluro rappresenti il 27% della bio-massa del Po (un volume enorme!!) sono sempre più frequenti gli avvistamenti anche sull’Adda. Nel bacino della chiusa di Sant’Anna infatti sono stati filmati da un operatore subacqueo una coppia di esemplari della lunghezza di un paio di metri.
Ma come fanno questi pesci di grosse dimensioni a superare le grandi chiuse? Molte chiuse hanno speciali canali che permettono la risalita del pesce, in particolare delle anguille, ed inoltre spesso i pescatori hanno trovato esemplari che si erano avventurati anche nel fango attorno ai fiumi, a dimostrazione di quanto sia forte la resistenza di questo pesce.
Io credo che le dighe di Trezzo, Paderno e Olginate siano solide difese ma confesso che qualche preoccupazione per il nostro lago l’ho avuta sapendo che il siluro sta risalendo anche l’Adda. Nel 2009 sono stati confermati avvistamenti nel lago di Alserio ma cercando su Internet ho trovato una nota di un pescatore ancora più inquietante: Non è una cattura eccezionale se non per il luogo della cattura stessa avvenuta per puro caso: Abbadia Lariana (LC) lago di Como Peso: Kg. 1,150 Lunghezza: cm. 53 Esca: cucchiaino ondeggiante. Enzo.
Già nelle cronache degli anni ’30 e ’40 i pescatori del tempo raccontavano di un enorme pesce, allora ritenuto “l’incrocio fra il Pesce gatto e la Bottatrice”, di cui saltuariamente si catturava qualche esemplare. Che sia il famoso Lariosauro?
Il dubbio ci sta tutto, un esemplare adulto infatti può diventare molto grosso raggiungendo i due metri di lunghezza ed oltre i cento chili di peso. Ha una testa tozza con due piccoli occhi chiari e due lunghi “baffi”, una grossa gobba dietro la testa ed il resto del corpo è una lunga e brutta coda tozza che ricorda quella di un anguilla o di un’enorme girino deforme. Al tatto è “particoalemente” viscido ed è dotato di numerosi piccoli denti raggruppati sul palato. E’ veramente brutto!!
I pescatori di Po ed Adda ormai possono pescare solo siluri perchè tutte le altre specie sono quasi scomparse. Inoltre la mole e la combattività del pesce ne hanno fatto un’attrazione per la pesca sportiva. Lungo le rive del Po si possono incontrare numerosissimi stranieri, in particolare tedeschi ed ungheresi, che allestiscono per settimane veri e propri accampamenti di pesca. Nulla di male in tutto questo se non fosse che tutti i “Fish Master“, gli organizzatori, sono stranieri e che i locali si sono fatti soffiare anche l’opportunità di sfruttare il siluro come risorsa turistica.
I pescatori praticano il “No Kill” ossia catturano e rilasciano il pesce. Può sembrare una scenta ecologica ma se consideriamo che questo pesce ha stravolto un intero ecosistema questa pietà si dimostra tutt’altro che ambientalista. In primo luogo la loro carne è spesso non commestibile, essendo pesci dalla lunga vita spesso sono esposti per molti anni all’inquinamento e nelle loro carni è possibile trovare cadmio, mercurio, cromo esavalente e diossina. Va ricordato che purtroppo nei laghi di Mantova tutto il pesce è dichiarato non commestibile. Inoltre il “No Kill“, contrariamente all’obbigo di non reimissione appicabile a tutte le specie alloctone invasive, scongiura l’eradicazione del siluro tutelando gli interessi sportivi ed economici che attorno ad esso gravitano.
Che io sappia solo gli ungheresi, ghiotti del filetto che si trova sulla schiena, tengono il pesce catturato. Pare quindi che quella bestiaccia del siluro purtroppo sia destinato a diventare il padrone incontrastato delle nostre acque con buona pace per tutti gli altri pesci. Amen.
Per chiudere sul siluro voglio mostrarvi un filmato realizzato da Paolo e Mirco, il duo “padre e figlio” che abbiamo incrontrato sul Po e che ci ha mostrato da vicino il siluro. In questo filmato si vede un grosso esemplare pescato dal giovane Mirco che, a sua volta, viene “pescato” dal siluro al momento del rilascio
Finalmente siamo rientrati alla base e posso raccontarvi con più facilità il nostro viaggio appena concluso. In dodici giorni abbiamo incotnrato tantissime persone che devono essere ringraziate e che sono entrate a far parte della nostra storia.
Una di queste è Fiorenzo Mandelli che, oltre a curare l’EcoMuseo dedicato alle Chiuse di Lonardo a Paderno d’Adda, scrive per Merateonline.it, il primo giornale online della provincia di Lecco.
Abbiamo incontrato Fiorenzo durante la nostra “scampagnata” per l’alzaia con la conoa il terzo giorno di viaggio, il 26 Luglio. Da Parderno d’Adda fino a Cornate il fiume Adda attraversa diverse storiche centrali elettriche e si trasforma in torrente dando vita ad impervie ed impegnative rapide. Per superare gli sparramenti è necessario tirare la conoa in secca e strasportarla via terra per quasi tre chilometri lungo i sentieri che costeggiano il fiume.
Un tempo erano attive le famose conche di navigazione che permettevano alle imbarcazioni di discendere e risalrire lungo i canali che affiancavano il fiume. Originarimente disegnate da Leonardo da Vinci le conche di navigazion si succedono da Paderno a Porto d’Adda e furono inaugurate nel 1777 sotto il dominio di Maria Teresa d’Austria. Purtroppo oggi non sono più attive e per questo i Flaghéé si sono trovati costretti a “navigare” sulla ciclabile.
Una canoa con le ruote che si aggira tra i boschi con 48 bandiere non passa di certo inosservata e così abbiamo conosciuto Fiorenzo e molte delle altre persone che hanno deciso di aiutarci durante il tragitto via terra. Come se non fosse abbastanza dover trascinare la canoa si è messa di mezzo anche la sfortuna: una frana l’anno scorso ha reso impraticabile il tracciato ciclabile e, per aggirare l’ostacolo, era necessario far superare alla canoa due grandi cancelli ed un vecchio ponte sui canali!!
Tira, molla, spingi ed alla fine la nostra compagine era diventata una vera squadra composta per lo più di pensionati ansiosi di aiutare e di mettersi in posa con le Flaghéé. Ognuno diceva la sua ed alla fine nasceva un piccolo “parlamento” per ogni passaggio difficile da affrontare: Enzo ed Io non possiamo che essere grati per il supporto ed il sostegno che ci hanno dato tra Paderno e Cornate!!
Fiorenzo mi ha inviato alcune fotografie che ora posso pubblicarvi: mi ha fatto molto piacere rivivere quei momenti, grazie Fiorenzo!!
E sì, oggi é il mio compleanno ed anche l’undicesimo anniversario di Cima-Asso in Pakistan.
Oggi continua il nostro viaggio verso Venezia. Abbiamo lasciato il Po attraversando a Volta Grimana le gigantesche porte della chiusa che si apre sul canale verso Chioggia.
Piove, piove, piove! Abbiamo fatto ore sotto una pioggia battente: Dio ce la manda a secchi oggi e noi tessiamo le sue lodi ad ogni pagaiata!
Manca poco ad incontrare il mare ma tocca sudarsela! Il piano era raggiungere la Serenissima domani ma, visto il tempo, non ho idea come ci organizzeremo.
Tanti auguri Birillo e Governo ladro piove! A domani!!!
Davide “Birillo” Valsecchi
[note] Questa fu una delle giornate più impegnative e dure del viaggio. La pioggia ed i temporali non smettavano di darci addosso ed oltre ad essere fradici eravamo sempre più preoccupati sul percorso da tenere.
Avevamo infatti abbandonato il Po attraversando la Porta Grimana che immette sul canale bianco, un idrovia commerciale.
Lungo questo corridoio d’acqua abbiamo attraverasato il fiume Adige ed il Brenta attraverso altrettante chiuse: era la prima volta che con la nostra piccola imbarcazione ci trovavamo di fronte alle alte murate delle chiuse e che “tagliavamo” di traverso un fiume. Aspettare all’interno dei bacini sotto la pioggia era una sensazione strana e poco gradevole.
Sempre sotto la pioggia siamo giunti a Chioggia ed il nostro battesimo con l’acqua salata è stato piuttosto brusco. La pioggia e le onde erano una novità così come gli orizzonti d’acqua in cui orientarsi.
Abbiamo costeggiato le isole che delimitano la laguna stando al riparo dal mare aperto e stretti ad un eventuale riparo in caso di bisogno. La pioggia non smetteva di cadere e così abbiamo continuato a remare sperando in una schierita: fermarsi in quelle condizioni era inutile.
Piccoli brividi nell’attraversare i canali che dividono le isole, in particolare a Palestrina e a Santa Maria del Mare. Il tratto d’acqua d’attraversare è molto ampio ed in canoa richiede molto tempo, tempo in cui si è esposti alle onde che provendo dal mare aperto ed in cui si deve prendere il tempo alle grandi navi che entrano ed escono dalla laguna.
La possibiltà di ribaltarsi è alta e quindi sono tratti da affrontare con estrema cautela. E’ come attraversare un’autostrada a piedi e se inciampate siete in balia delle onde natuarali e non. Attenzione.
Il tempo, a sera tarda, si è schiarito e siamo finalmente riusciti ad attraccare e ad asciugarci lungo il litorale di Malamocco dove abbiamo passato la notte.
Ieri sera il tempo prometteva rogne ed alla fine é stato di parola. Fortunatamente prima che il temporale cominciasse abbiamo trovato rifugio a Stienta presso la base nautica de “Gli amici del Po” che ci hanno dato uno spazio riparato in cui stendere i nostri sacchi a pelo.
A volte rimango stupito dalla quantitá di dialetti che abbiamo incontrato durante il nostro viaggio. Sullo stesso fiume infatti si parla con suoni ed espressioni diversissime che danno via ad una varietà di modi di pensare. Tutto questo giro perché ieri sera una signora ha citato un proverbio locale che ancora mi dà da riflettere. Si riferiva al fare le cose per principio e, tradotto, suonava più o meno così: il gatto, seduto sulla forma di formaggio, si lecca il culo per principio. Sará, ma mi dà ancora da pensare come immagine!
Stamattina invece il tempo era stuendo e solo qualche nuvola di stagliava sul cielo azzurro. Giulio ci ha telefonato alle sette per dirci che, a difesa della Cascata della Vallategna, é saltato fuori addirittura un decreto del ’31 ad opera niente meno di Mussolini. Incredibile. Come disse Aragorn Granpasso: “mai disturbare l’acqua…”.
Unico neo della giornata é il vento che soffia costante e a nostro sfavore. Ormai corrente non ce ne é più e tocca guadagnarsi metro dopo metro fino a Volta Grimana.
Ora,come al solito, ci nascondiamo dal sole. Sveglio Enzo e si riparte. Ciao e a domani!
Onde. Ci sono un paio di cose da sapete sulle onde. Come insegna ne “La tempesta perfetta” il buon George Clooney, flaghéé onorario fino a che resta a Laglio, le onde vanno prese di punta scivolando poi alle loro spalle. Se le prendi di traverso, specie con una canoa come la nostra, fai il bagno.
Detto questo ieri mattina avevamo incrociato una chiatta di quasi venti metri per sessanta ormeggiata dalle parti di Guastalla. Il pomeriggio, dalle parti di Borgoforte, l’abbiamo vista arrivare alle spalle spinta da un poderoso rimorchiatore. Ci hanno spiegato poi che va fino al delta del Mincio e risale verso Mantova per infilassi nel Canal Bianco.
Visto che aveva una “certa stazza” ci siamo fermati per lasciarla passare. Mentre Enzo faceva foto mi sono reso conto della dimensione delle onde che sbattevano su entrambi i lati del fiume: “Tutta Enzo! Metti via la macchina e rema tutta!”
Ho messo la punta della canoa contro corrente ed abbiamo cominciato a remare a tutta forza. La prima onda era da quaranta centimetri ed ha sollevato la canoa giusto per lanciarla come un trampolino contro la successiva che misurava oltre i settanta. Ho visto Enzo remare nel vuoto mentre la canoa era ormai impennata a sbalzo oltre la cresta dell’onda. Mi sono buttato indietro cercando di bilanciare quanto meglio potessi e SBADABAM!
La canoa superata l’onda nel vuoto é letteralmente precipita piatta sul fiume che seguiva quell’onda innaturale. Una piattata da far tremare le ossa e quattro dita d’acqua nella canoa ma siamo rimasti dritti. Enzo si é girato e con lo sguardo serio mi ha detto: “Nei miei viaggi ho sempre rischiato la pelle ma, da quando dó retta a te, rischio di morire lo stesso ed in più faccio una fatica bestia!” Sono scoppiato a ridere!
Dopo il passaggio del “gigante” tutti i pescatori ci salutavano chiedendoci ridendo della chiatta: a quanto pare ne ha “battezzati” parecchi anche a motore.
Prima di sera poi abbiamo raggiunto una barca nel momento esatto in cui agganciava alla canna da pesca un siluro da un paio di metri. Ci siamo guardati la cattura scattando un paio di foto al pesce e al “padre e figlio” che l’avevano catturato.
Il siluro qui é un problema, ha fatto fuori quasi tutto gli altri pesci autoctoni. In molti lo pescano ma quasi tutti lo liberano dopo la cattura. Solo gli ungheresi, ci sono infatti molto stranieri a pescare lungo le rive del Po, tengono il filetto dietro la testa.
Dopo la cattura un’allegro gruppo di modenesi ci invita bere e per una buona mezz’ora ci sganasciamo dal ridere bevendo lambrusco. Inevitabilmente ci hanno regalato una bottiglia prima di sbracciassi nei saluti.
Ora siamo al riparo dal sole a Fellonica e speriamo di raggiungere Occhiobello per sera.
Il sole stava tramontando e visto l’ora, ormai di cena, il suono della musica sembrava invitante: così abbiamo attraccato al piccolo pontile.
Risalendo l’argine ci siamo ritrovati alla “Baia degli Scorpioni”: la cameriera che si aggirava tra i tavoli all’aperto aveva un culo da urlo che ancheggiava in modo decisamente illegale per due poveri naufraghi come me ed Enzo.
La musica era di Radio Base e la voce del Dj era di uno degli speaker della “mai troppo compianta” RockFm: a manetta scivolavano canzoni dai LagVagon ai classici dei Dire Straits.
Superiamo un tavolo di motociclisti e ci avviciniamo al bancone: “Ciao ragazzi, da dove arrivate?” Como gli rispondiamo. “Accidenti, Como! Voi sì che mi siete carichi!” e giù sul banco due bicchieri di bianco offerti dalla casa.
Sulla griglia cuoce di tutto ed il barista ci fa preparare due piatti “maxi” mentre appoggia sul tavolo una bottiglia di Lambrusco. Un tipo, uno giovane ed enorme, si avvicina al tavolo squadrandoci mentre lo guardo dubbioso: “Ragazzi, ho sentito che andate a Venezia. Son venuto a farvi gli auguri. É una vita che vorrei farlo anche io un viaggio così!” Giù una stretta di mano che sembra una tenaglia ed un altro bicchiere. I settanta chilometri fatti pesano sempre meno.
Quando smettono di suonare “I sultani dello swing” attacca la Nannini con “bello impossibile” e la bottiglia è ormai vuota. Io cerco di convincere la cameriera a regalarmi qualche bacio da portare alla Serenissima mentre Enzo racconta di avventure tibetane ad una “mamma sola” inguainata in un leggero vestitino leopardato: benvenuti in Emilia Romagna mi vien da pensare!
Prima che diventi buio risaliamo in canoa e bruciamo gli ultimi chilometri carichi di Lambrusco. Poi ci accampiamo nascondendoci dalle zanzare nella tenda.
Stamattina erano le cinque quando é suonata la sveglia: fuori dalla tenda il Po aveva un’aspetto surreale illuminato dalla luce rossa dell’alba e coperto da una spettrale nebbiolina di una trentina di centimetri sopra l’acqua.
La corrente sul fiume é ormai un miraggio e non rimane che pagaiare metro dopo metro. Sull’argine c’é una palina ogni chilometro, quando raggiungiamo la palina 456 incrociamo l’Oglio dal Lago Iseo. Quando poi, a mezzo giorno, ne abbiamo contate quaranta ci fermiamo a mangiare in un osteria.
Ora il Po é nove metri sotto il livello dello zero idrologico ma sulla facciata dell’osteria erano segnati i livelli del fiume raggiunti al di sopra dell’argine: il titolo di campione spetta al duemila e svetta a dieci metri, appena sotto l’insegna. Incredibile così tanta acqua!
Ora siamo all’ombra, Enzo dorme mentre io vi scrivo: fino alle cinque il fiume é un forno, poi ripartiremo per fare i restanti trenta chilometri della tappa di oggi.