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Bentornato a Forni Avoltri

Bentornato a Forni Avoltri

Eccomi finalmente al campo base: Forni Avoltri, quota 888 metri. Il viaggio è stato gradevole e per nulla faticoso nonostante i diversi cambi. La Freccia Bianca fino a Mestre sembrava un aereo di linea ed anche il treno locale fino ad Udine era comodo.

Il viaggio in “corriera” è stato invece strepitoso!  Le stazioni dei pullman da queste parti sono un crocevia di gente e direzioni, ma la cosa davvero curiosa è che qui tutti i bus partono contemporaneamente! Ti ritrovi su di un piazzale con dieci o anche venti automezzi con frotte di persone che salgono e scendono vociando fino a quando, all’unisono, tutti si mettono in moto! E’ un vero pandemonio colorato dove però basta chiedere perché tutti indichino con cortesia ed entusiasmo.

Sulla corriera ci si gode lo spettacolo delle valli e ci si immerge in un oceano di pini: già da Tolmezzo si intravvedono le grandi montagne della Carnia che oggi brillano imbiancate da una leggera nevicata dei giorni passati.

Sì, il viaggio è letteralmente volato ed attraversare il paese smontando alla fermata della vecchia latteria è stata una vera emozione. Sono avvolto da una corona di montagne e ricordi, tutto appare conosciuto ma al contempo trasformato dal tempo. Davvero un magnifico ritorno.

Dopo aver aperto casa sono sceso in paese a fare la spesa. Molte delle persone che incontravo non mi vedevano da quando ero poco più che adolescente ed è stato davvero buffo vedere le loro facce quando finalmente riuscivano a riconoscermi. Quanto tempo è passato!

Ho trovato “Zia Bruna” nell’orto: a lei è bastato alzare gli occhi un secondo per riconoscermi. Probabilmente lei è una delle prime persone del paese che ho conosciuto e la prima volta che mi ha incontrato ero probabilmente ancora nella culla. E’ stato davvero bello ritrovarla!

Le montagne intorno chiamano e il tempo, volesse il cielo, sembra mantenersi. Domani iniziamo ad esplorare: destinazione Monte Chiadin, 2226 metri.

A presto! Io qui non sto più nella pelle!

Davide Valsecchi

Forni Avoltri: nelle terre selvagge

Forni Avoltri: nelle terre selvagge

«Certamente chi legge per la prima volta su di una carta geografica, stradale, su di un depliant turistico il nome Forni Avoltri facilmente corre oltre, per trovare altri nomi che suscitano forse maggiore speranze di trovare il meglio, il più conosciuto, il più reclamizzato, quello che poi nel racconto agli amici farà più notare il nostro saper scegliere, il nostro saper cercare i punti di nuovo ritrovo della società-bene, le zone dove la moglie ha potuto sfoggiare toilettes sontuose, ed il cui nome basta per far crescere di un palmo le ambizioni dei suoi gitanti.

Forni Avoltri no, non ha queste prerogative e non può appagare quella categoria di persone. Forni Avoltri è il paese di chi ama la natura idealmente pura, incorrotta da contatti umani atti solo a sofisticarla, libera da retoriche reclamizzazioni e semplicemente nuda con la grazia di una giovinezza ininterrotta nel corso del suo tempo.»

Queste le parole con cui Tomaso Pelliciari descriveva la piccola Forni Avoltri nel 1973: io le ho sentite vere nei miei ricordi e nello spirito con cui intendo tornare a visitare quei luoghi.

Domani accompagnerò un piccolo gruppo di amici in cima alla Grignetta: sperando nel bel tempo non affronteremo vie di salita difficoltose ma procederemo lungo la “normale”, il sentiero della Cresta Cermenati. Per i miei amici sarà la prima volta in “Grigna” e per me l’occasione di salutare le nostre montagne prima di mettermi in viaggio per la Carnia.

Il viaggio sarà di per sé una piccola avventura: dalla stazione Centrale di Milano in treno fino ad Udine passando per Mestre, da Udine poi in “corriera” prima a Tolmezzo e poi finalmente a Forni Avoltri.

Oggi è una di quelle giornate che passo con il naso tra i libri in cerca di notizie e quindi vi lascio con una citazione davvero degna di nota: «Correte alle Alpi, alle montagne, o giovani ansiosi, che vi troverete forza, bellezza, sapere e virtù. Nelle montagne troverete il coraggio di sfidare i pericoli, là imparerete pure la prudenza e la previdenza onde superarli con incolumità. Vi ha nelle Alpi tanta profusione di stupendi e grandiosi spettacoli, che anche i meno sensibili ne sono profondamente impressionati.» (Quintino Sella, da “La montagna, scuola di vita”)

A  presto!

Davide Valsecchi

Montagne della Carnia

Montagne della Carnia

Se il tempo sarà clemente con me ci sono un sacco di “luoghi” che vorrei vedere durante il mio viaggio attraverso la Carnia. Proprio oggi ho ricevuto per posta la carta topografica dei sentieri che ho ordinato giorni fa ad una libreria di Belluno via Internet. Ora, con l’aiuto del web, di GoogleEarth e della mia nuova cartina, è tempo di stilare una “to do list”: è tempo di scoprire quale montagne possiamo esplorare!

Il mio “campo base” sarà Forni Avoltri ed inevitabilemente la prima scelta non può che essere il Monte Chiadin (2252m) che, nascosto dietro il “Cret di Navos” sovrasta il paese alle spalle della frazione di Avoltri.

Ricordo da bambino di aver trascorso una notte di San Lorenzo, tra l’altro patrono del paese, nella baita di tronchi costruita da Angelo a “Caronado” e di aver visto il cielo sciogliersi letteralmente in una pioggia di stelle cadenti! Solo una volta, insieme ad un cacciatore Veronese di nome Ritiano, sono salito fino alla cresta: ricordo di aver visto le fortificazioni della prima guerra mondiale ed un grande cervo che scappò correndo tra i prati.

Come ridere apriremo la nostra esplorazione con una salita di 1300 metri di dislivello. Forni avoltri è a circa 900 metri di quota e tutte le montagne circostanti oscillano tra i 2200 ed i 2700 metri: 1000 metri di dislivello al giorno qui saranno la regola!

Una delle mete successive sarà probabilmente la Cima Ombladet (2255m). Quando ero più piccolo sono stato spesso alla casera di Monte Buoi (1723m) ed ho dormito lassù molte volte aspettando l’alba. Solo una volta mi sono spinto oltre il passo Piztforchia (1779m) per cercare di vedere i galli cedroni ma non sono mai salito fino alla cima e credo che da lassù la vista sarà fantastica.

Quando avevo sui quindici anni ero salito fino alla cima del Monte Tuglia (1931m). Ora vorrei spingermi un po’ più in là.

Superare la casera Tuglia salendo oltre il passo di Geu Basso (1870m) e puntare verso la vetta di Creta Forata (2462m) risalendone il versante roccioso fino al famoso “buco” che tanto mi ricorda la Porta di Prada qui sul nostro Grignone.

Oltre ad essere una salitia molto lunga attraverso estese e suggestive vallate verdi  sarà anche la prima in cui affronteremo con più intensità la roccia carnica.

All’appello mi piacerebbe aggiungere il Monte Navagiust (2129) e rivedere lo spettacolare lago di Bordaglia. Solo una volta sono salito lassù: il Cavalier Samassa, all’epoca capo del Soccorso Alpino e persona straordinaria, sconsigliava quelle zone in estate perchè con il caldo cocente era facile incontrare quelli che lui chiamava, con eloquente gesto delle mani, i “pizziconi” (serpenti velenosi!). E’ tempo di fare lassù una visitina con il fresco di Settembre!

A queste montagne, dall’impagabile fascino selvaggio, andrebbero aggiunte altre due mete dalla natura più squisitamente alpinistica la cui fama spesso supera i confini nazionali e attraendo qui anche alpinisti del lontano Giappone: il Monte Avanza (2474m) e il Monte Coglians (2780m).

Queste due montagne sono caratterizzate da vertiginose scogliere calcaree rese celebri da nuove ed ardite vie d’arrampicata. Io spero che il tempo sia buono per provare il Monte Avanza attraverso la ferrata del monte Chiadenis e la Creta Cacciatori ed il Monte Coglians per la Ferrata della Parete Nord.

Se il tempo mi sarà sfavorevole proverò a cimentarmi con la vie normali che, per quanto meno tecniche, sanno essere comunque molto impegnative e suggestive attraversando un’ambiente davvero straordinario.

Questa è la mia “preghiera” alle grandi montagne della Carnia: ho scritto i vostri nomi, vi prego di accogliermi con affetto e di concedermi tempo buono affinchè con rispetto e passione possa riscoprire e raccontare  la vostra bellezza!

Si parte!

Davide Valsecchi

Cidulines: fuoco celtico nelle notti carniche

Cidulines: fuoco celtico nelle notti carniche

Come Carso, Kärnten (Carinzia) e Carniola (Slovenia), il nome Carnia deriva probabilmente dalla medesima radice Karn- (roccia) della lingua dei Carno-Celti, il cui vasto territorio era stato denominato dai Romani Karnorum Regio (la regione dei Carni).

Le tribù dei Gallo Carni o Carno-Celti verso il 450 a.C., premuti dai Germani, abbandonarono la fertile Baviera e si ritirarono nelle zone alpine più disagiate ma più protette: Canton Grigioni, Engadina, Tirolo salisburghese, Stiria, Carinzia, Carniola, monti di Veneto e Trentino. Giunsero nell’odierna Carnia molto probabilmente attraverso l’allora sconosciuto (per i romani) Passo del Monte Croce Carnico (“… per saltus ignotæ antea viæ transgressi…” T. Livio, Annales 39,45) e poi scedrto fino alla pianura da cui cacciarono, oltre il Livenza (“Liquentia flumen”) gli antichi abitatori, i paleo-Veneti o Venetici.

Questi Gallo Carni, o semplicemente Carni, comandati da un Re e da una casta di sacerdoti chiamati Druidi (da druad, sapiente) dopo essersi stabilmente stanziati nell’odierna Carnia e nella pedemontana, si diedero alla caccia ed alla pastorizia, spingendo le loro mandrie, nei mesi invernali, fino alla pianura che lentamente occuparono.

Testimonianza di ciò è data dallo storico Strabone (63 a.C.-20 d.C.) che colloca i Carni (“Oi Kàrnoi”) «…sopra e di là dei Veneti, presso il Golfo Adriatico, a sud delle Alpi Orientali, fino a Tergeste (oggi Trieste), definita “villaggio carnico” ».

I Carni sapevano lavorare in maniera eccellente il ferro, il legno, l’oro, l’argento. Avevano una conoscenza singolare dell’astronomia de osservano un calendario suddiviso in 5 cicli solari, composti da 62 mesi. Credevano in una sopravvivenza dopo la morte e ciò è testimoniato dalle loro tombe, dotate di suppellettili e di arnesi propri del defunto.

Il culto principale era rivolto a Beleno, il dio solare, fonte della vita, e ad altre divinità minori. Particolari erano i riti propiziatori che avvenivano pochi giorni dopo il solstizio d’inverno, quando, per incoraggiare il sole a vincere la gelida stagione, i Carni danzavano di notte con le fiaccole attorno alle capanne.

Le ricerca su queste antiche popolazioni trova riscontri sia in alcuni ritrovamenti archeologici che nello studio del linguaggio e  delle tradizioni popolari: è infatti legato al rituali di origine celtica il  lancio notturno delle “cidulines” infuocate beneauguranti.

Le Cidulines sono infatti rotelle di legno infuocate e lanciate dalla cima dei monti con grida propiziatorie nelle notti di festa. Si tratta di una rievocazione storica a  cui partecipano tutte le coppie non sposate del paese: ogni coppia intona una canzone in dialetto e, dopo aver incendiato nei falò un cerchi di legno, effettua il proprio lancio dalla cima della montagna.

Tutto il paese si riunisce ad ammirare lo spettacolo ed ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere. Tutti attendono il  lancio perchè il risultato predirrà il futuro della coppia.

Posso dirvi che anche noi, qui nel Triangolo Lariano,  abbiamo orgini celtiche e riti legati al fuoco ma, vi assicuro, sono decisamente meno di “impatto” di quanto facciano lassù =).

Davide Valsecchi

Un legame antico

Un legame antico

Tra Forni Avoltri, un piccolo ed orgoglioso paese tra le maestose Alpi Carniche, ed i Comaschi vi è un legame antico che da quasi mezzo secolo li accomuna: un legame nato dalle difficoltà ma da cui, nel tempo, sono sbocciate grandi amicizie.

Forse tutto ebbe inizio proprio il 4 Novembre del 1966, la notte in cui l’Italia venne colpita della famosa e spaventosa alluvione che travolse le grandi città d’arte così come i piccoli comuni. In un diario di quei giorni, scritto da Tomaso Pelliciari  e pubblicato nel 1973, si può leggere il racconto di quei giorni terribili a Forni Avoltri:

1966, 4 Novembre – Sono giorni che piove senza interruzione (il 2 ed il 3 aveva nevicato in montagna): pare la fine del mondo, l’acqua scende da tutte le parti, la terra non assorbe più e la montagna pare un unico torrente d’acqua, la montagna urla, il Degano pare diventato largo quanto tutto il paese e l’Acqualena non pare da meno. Manca la luce ed il telefono non funziona. Cominciano i primi danni al Ristorante «Al Fogolar», alla segheria di Candido, alla stalla di Samassa Alessandro, alla stalla Sociale. Il sindaco Romanin Riccardo è instancabilmente nell’organizzazione di aiuti, tentativi di riparo, nell’indicare necessità di evacuazione e sgombero. Popolazione, Alpini, Carabinieri, Finanzieri, Vigili del Fuoco e squadra di Pronto Soccorso sono al lavoro da ore e ore.

1996, 5 Novembre  –  In paese mancano all’appello delle persone. Viene constata una voragine apertasi nella prima arcata del ponte grande, a nord di Forni, e si spiega la tragedia: Romanin Riccardo (anni 66, Sindaco di Forni Avoltri), Romanin “Mili” Emilio (anni 48, impiegato comunale), Brunasso Augusto (anni 40) e Brunasso Ezio (anni 27) a bordo di una Fiat 1100 scendendo da Avoltri per andare alla Stalla Sociale scompaiono dentro la voragine apertasi improvvisamente nel ponte dove solo una pellicola di asfalto copriva il pericolo; poco dopo (siamo nelle ore di buio della sera dopo le 4) una Fiat 500 con a bordo Peppino del Fabbro (anni 19), Gildo Romanin (anni 19) e Raffaele Vidale (anni 19) segue la sorte dell’altra macchina. Forni Avoltri in quest’alluvione, che ha colpito gran parte d’Italia, segna un triste primato: 7 morti in un comune di neppure 1500 abitanti.

Il quotidiano Messaggero Veneto lanciò un appello in favore del piccolo paese colpito dalla grande alluvione e tale appello fu raccolto dal quotidiano La Provincia di Como, all’epoca guidata dal Direttore Gianni De Simoni, che diede vita ad una petizione per raccogliere fondi tra le genti lariane. L’iniziativa colpì i comaschi e fu possibile in breve tempo raccogliere 30 milioni di lire per la costruzione di una nuova scuola. De Simoni ancora oggi è ricordato dagli alievi della scuola media come l’Angelo del Fango di Forni Avoltri.

Sempre nel diario di Pelliciari possiamo leggere:

1967, 10 Settembre – Grazie alla generosità della città di Como e Provincia viene inaugurata oggi la scuola media statale intitolata alla memoria degli scomparsi dell’alluvione del 1966. Il sindaco di Como avv. Lino Gelpi, a nome di tutti i Sindaci della sua Provincia, consegna le chiavi della scuola al Sindaco di Forni Avoltri cav. Mario Del Fabbro. Il progetto delle costruzioni è dell’architetto Giampaolo  Allevi ed dell’ingegner Peroni di Como. Una cerimonia solenne ha aperto con una messa in suffragio ed una consegna di medaglie alla memoria ai congiunti degli scomparsi per mezzo del ministero Taviani.

Forse furono davvero questi tristi fatti a spingere alcuni temerari comaschi (all’epoca il viaggio era davvero lungo ed impervio) alla scoperta di quelle valli alpine. I primi furono un gruppo di amici ed appassionati cacciatori di Inverigo di cui io riesco a ricordare purtroppo solo “Sandrino” e la sua mitica 500 con cui affrontava le quasi 13 ore di viaggio. Poi altri tra cui mio padre (con una 127) e dopo di lui amici di Scarenna, Civenna e Valbrona.

Tra quei monti “I Comaschi” hanno fama di grandi casinisti, di bevitori ed avventurieri ma sono anche noti per il loro altruismo e la loro lealtà: essere Comaschi tra quei monti è un grande onore ma anche una grande responsabilità per i meriti di chi ci ha preceduto.

Davide Valsecchi

Settembre2012: Destinazione Carnia

Settembre2012: Destinazione Carnia

Questa volta si parte per una meta davvero d’eccezione, un salto in una natura incontaminata che riemerge prepotente dal mio passato. Questa volta si parte per un angolo remoto delle nostre magnifiche Alpi, per una terra di confine tra Veneto, Friuli, Austria e Slovenia. Questa volta per le terre di confine, si parte per la Carnia.

Studiando le cartine e riguardando le foto rimango stupito da quanto tempo sia trascorso dall’ultima volta che sono stato lassù. Per me sarà un ritorno ed al tempo stesso una riscoperta: da bambino  trascorrevo lassù tutte le estati e, sebbene sia un territorio che ho conosciuto a fondo, è tempo di esplorarlo di nuovo con occhi più “adulti”.

Credo siano ormai quasi dieci anni dall’ultima volta lassù a Forni Avoltri, il paese che nel mio cuore è una seconda casa. “Forni” è adagiato nella verdeggiante piana della Val Degano, a 888 metri d’altitudine è circondato da una strepitosa corona di montagne che supera i 2000 metri che ha nel Monte Coglians (2.780 m) la vetta più alta di tutto il Friuli. Mi attendono magnifici contrafforti di roccia che si elevano brillanti al di sopra dei boschi più verdi ed incontaminati che abbia mai incontrato.

E’ un luogo magico che nella propria natura “selvaggia” e spesso poco conosciuta racchiude meraviglie da scoprire ed esplorare. La mi infanzia straripa di storie ed avventure vissute tra quei monti ed è giunto il momento di tornare lassù e mettere a frutto quanto “appreso” in questi anni a spasso per il mondo.

India, Pakistan, Tanzania o Congo possono essere stati “impegnativi” ma posso garantivi che non mi hanno spaventato ed emozionato come ora mi scuote l’idea di tornare in Carnia: sarà davvero un viaggio “intimo” tra natura e ricordi, un’avventura magnifica e libera!

Ancora una settimana per finire le ultime faccende e poi si parte!

Davide Valsecchi

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