Abito a Caglio, a pochi metri dalla casa dove abitò Giovanni Segantini, lungo il percorso che è una mostra permanente a cielo aperto a lui dedicata. All’orizzonte davanti a me, alle spalle dei Corni di Canzo, si innalzano le due Grigne e la sera, quando il sole si abbassa, la Cresta Segantini brilla in una luce rossastra. La storia alpinistica è particolare, i primi tentativi furono infatti effettuati “dall’alto”! La prima discesa della cresta, ad opera di Giacomo Casati – in solitaria, risale al 13/03/1901. Seguirono poi altri tentativi esplorativi dal basso ed un’altra discesa ad opera di Giuseppe Dorn. Poi la prima salita integrale: Eugenio Moraschini e Giuseppe Clerici il 09/10/1905, che dedicarono l’impresa al famoso pittore espressionista, da pochi anni scomparso in Engadina. Il mio rapporto con la cresta è abbastanza strano, sebbene sia una super-classica l’ho percorsa integralmente solo una volta, in inverno con la neve, e a tratti nella parte finale uscendo dai Pilastri. Così, per colmare questa lacuna e per sfruttare tanto il dopo-lavoro estivo quanto la Super-Luna, io e Mattia ci siamo dati appuntamento ai Resinelli. Alle 17:43 abbiamo iniziato a salire verso il Colle Valsecchi lungo la Direttissima, alle 19:30 siamo all’attacco e con grande calma ci imbraghiamo iniziando la nostra salita lungo la cresta nella più assoluta solitudine verso le 20:00. Il sole ci ha accompagnato salutandoci con un intenso tramonto rosso più o meno alla base del Torrione Svizzero. Giunti al torrione della Finestra era ormai completamente buio e la roccia era illuminata solo dalle nostre frontali. Nell’oscurità il traverso che porta al Canale della Lingua – che io ricordavo come un omogeneo scivolo invaso dalla neve – è invece un susseguirsi di canaletti, detriti ed inaspettati salti: davvero suggestivo. Risaliamo la lingua in conserva, a corda distesa, fino all’uscita del Pilastro Centrale proseguendo poi per l’intaglio della ghiacciaia. Anzichè disarrampicare, con la scusa del buio, ci concediamo una comoda doppia prima di risalire l’ultimo tratto della cresta. La super-luna, come forse era prevedibile facendo due rapidi conti sulla geografia dell’universo, si mostra a noi solo in cima alla Cermenati e ci accompagna fino alla vetta. Più o meno verso le 00:30 siamo in cima, accanto alla croce, in mezzo ad una curiosa moltitudine di gente che bivacca quà e là dentro e fuori il Ferrario. La discesa lungo la Cermenati è la consueta interminabile tortura ed all’01:20 siamo nuovamente al Subaru. Il GPS sentenzia che abbiamo impiegato 7 ore e 45 minuti: decisamente lenti, anche con il buio. Tuttavia non ricordo passaggi particolarmente dispendiosi o momenti in cui abbiamo perso tempo: probabilmente non avevamo voglia di correre e, tiro dopo tiro, ci siamo tirati in vetta coccolati dal buio. Già, perchè l’oscurità ti sottrae ai vuoti della cresta adagiandoti in un mondo più piccolo, fatto di roccia ed ambio giusto l’ampiezza della luce della frontale. Quando si arrampica al buio si fa fatica a vedere dove piazzare i piedi e si va a tentoni con le mani, c’è un inconfessabile inquietudine di sbagliare strada ma, tutto sommato, si arrampica con un’inspiegabile serenità. Certo, la notte sull Pizzo d’Eghen del 4 luglio di qualche anno fa può essere una simpatica eccezione a questa regola, ma forse è proprio quel ricordo a rendere serena la nostra cordata al buio
L’ultima volta che ero stato sul Sigaro Dones era inverno, faceva un freddo terribile e le dita, al contatto con la roccia, erano rigide e spaventosamente insensibili. Però eravamo allenati, molto allenati. Anzi, arrampicare in quelle condizioni faceva parte del nostro allenamento: gradi bassi, difficoltà alte. Che coppia di sciroccati! Ma probabilmente questo ci ha salvato il pelo in passato, quando non contava essere forti quanto essere resistenti. Ieri sera invece c’era un piacevole caldo estivo, almeno fino a quando non si è alzato un gran vento e la maglietta a maniche corte ha lasciato posto ad un bel pile. Tuttavia nulla di paragonabile all’altra volta, si stava bene, anche se il sole correva all’orizzonte. Abbiamo attaccato alle sette, dal Canalone Porta, ed abbiamo seguito le orme di Fasana e Dones fin sù alla croce. Io sono abbastanza convinto che quà e là il percorso attuale differisca da quello originale, quei due erano forti ma soprattutto intelligenti ed in apertura nell’ignoto abbiano fatto scelte diverse, meno sportive e più spartane. Questione di metri probabilmente, ma ormai forse poco importa. Una doppia infinita nel vuoto e siamo di nuovo alla base: il buio è calato quando eravamo ormai già sul sentiero verso il bar. Questa per me è la prima via dell’anno e, forse, basterebbe questa riflessione sulla mia attuale preparazione. Se arrampichi poco, arrampichi male: probabilmente è vero, perchè non è questione di forma fisica quanto di sensibilità e propriocezione. Ma in fondo anche questo poco importa: io sono e resto tanto scarso quanto cocciuto. Va bene così. Comunque sia, dal buio delle grotte del San Primo siamo riemersi nel tramonto sulle guglie della Grignetta: non male come dopolavoro per due vecchietti con famiglia.
In realtà stavo cercando senza successo dei toponimi dei Corni di Canzo e così, nella mia ricerca, ho tentato la fortuna nella vecchia pubblicazione “Valmadrera: montagne e itinerari alpinistici” realizzata da Giorgio Tessari e Gianni Mandelli nel lontano 1979 (ormai più di 40 anni fa!). Come era prevedibile, attratto dai mille dettagli che racchiude quel libro, ho dimenticato la mia ricerca originale e mi sono perso tra quelle pagine iniziando a vagare nel tempo passato attraverso i territori dell’Isola Senza Nome. Curiosamente mi sono ritrovato a Civate, alla Falesia del Pozzo.
Pagina 166: PALESTRA IN LOCALITÀ POZZO (Civate) Questa palestra, scoperta di recente, si trova poco lontano dalla frazione Pozzo di Civate ed è raggiungibile percorrendo la strada che conduce allo stabilimento STAR Black & Decker di Civate. Si sale per strada a stretto transito verso la frazione Pozzo; superatala si devia verso sinistra in direzione di un evidente promontorio roccioso. Per frequentare questa palestra non occorrono relazioni, poiché all’attacco di ogni via è stato scritto sulla roccia il nome di ognuna di esse e le rispettive difficoltà. L’altezza della parete rocciosa va dai 20 ai 40 metri; le vie sono descritte partendo da destra a sinistra e sono tutte in arrampicata libera.
Itinerario N. 85 Via del Fulcin – Difficoltà AD sup. – Primi salitori: Vassena Felice, Dell’Oro Augusto (nessun chiodo usato).
Itinerario N. 86 Via Normale – Difficoltà D sup. – Primi salitori: Soci della S.E.C., fin sotto lo strapiombo; Mandelli Gianni e Rusconi Carlo hanno terminato la via (trovati infissi 3 ch.).
Itinerario N. 87 Via Moma – Difficoltà TD inf. – Primi salitori: Butti Mosè, Mandelli Gianni (2 ch.).
Itinerario N. 88 Via Conchodon – Difficoltà D sup. – Primi salitori: Corti Romano. Dell’Oro Augusto (3 ch.).
Itinerario N. 89 Via Ouverture – Difficoltà D sup. – Primi salitori: Vassena Felice, Crepaldi Claudio (1 ch.).
Itinerario N. 90 Via dei Satanici – Difficoltà AD sup. – Primi salitori: Vassena Felice, Dell’Oro Augusto (nessun ch.).
Itinerario N. 91 Via 3 Aprile – Difficoltà TD – Primi salitori: Vassena Felice. Dell’Oro Augusto (nessun ch.).
Itinerario N. 92 Via des Clochardes – Difficoltà AD – Primi salitori: Tessari Franco,Mandelli Gianni (nessun ch.).
Francamente in questo breve testo ci sono un sacco di cose che mi hanno colpito. Innanzitutto “scoperta di recente”: fa abbastanza impressione pensare a quella falesia, ormai storica e frequentatissima, nei suoi albori. Stupisce anche il riferimento all’ex stabilimento Black & Decker, oggi raso al suolo ed abbandonato nel centro di Civate. Poi c’è “all’attacco di ogni via è stato scritto sulla roccia il nome”: ci sono infatti dei “segni” rosso/arancione, in buona parte sbiaditi, che ho sempre cercato di leggere con scarsissimo successo. Inoltre stupisce, visto che è oggi abbastanza inconsueto nelle falesie sportive, leggere i nomi degli apritori: oggi è infatti più comune leggere solo il nome di colui che le ha attrezzate. In alcuni punti traspare persino la storia della via che, giustamente, è definita “Itinerario”. Infine quelle dicitura sibillina ed ammiccante “(nessun ch.)”: nessun chiodo! Presumo che la descrizione si riferisca unicamente alla parete che oggi è chiamata “PALESTRA VECCHIA” ed è incredibile pensare che, all’epoca, ci fossero solo 9 chiodi.
Così, incuriosito, ho cercato la falesia anche nella seconda edizione della guida, pubblicata però nell’ottobre del 1996. Quindi 17 anni dopo la prima ma ormai 25 anni fa! Nella prima edizione, quella del 1979, le “Palestre” erano elencate alla fine del volume ma erano presentate con lo stesso stile alpinistico con cui erano riportati tutti gli altri itinerari classici censiti: c’era la palestra della Val dell’Oro, Della Corna Rossa e Del Pozzo. Nell’edizione del 1996 qualcosa cambia già nella forma e nel linguaggio: le “palestre” ora hanno una sezione dedicata “Falesie: arrampicata sportiva”. Anche gli autori sembrano essere differenti da quelli del resto della pubblicazione: “testi e disegni di Pietro Corti in collaborazione con Delfino Fomenti”.
Non si parla più di una palestra in località Pozzo, bensì di “AE. FALESIE IN VALLE DEGLI ORTI”. Non ho idea di cosa sia quell’ “AE”, ipotizzo che stia per “Appendice E” così come “AA” per il Corno Rat , “AB” per Corna Rossa, “AC” per la Valle dell’Oro, “AD” per la Falesia del Fiume.
Nella descrizione dell’avvicinamento si fa ancora riferimento allo stabilimento della Black & Decker ed infatti ho poi scoperto, in una pubblicazione del 2016, che l’azienda – nata nel 1945 – era rimasta attiva fino al 1998: solo nel 2014 è stato poi demolito così come è oggi.
Dal 79 al 96 sono passati “solo” 17 anni ma è subito chiaro che le cose in quella palestra “scoperta di recente” sono decisamente cambiate: “Questa falesia è oggi molto apprezzata per il buon numero di tiri divertenti su difficoltà abbastanza contenute. Le prime vie vengono aperte sulla falesia di destra da Gianni Mandelli, Augusto Dell’Oro, Felice Vassena e Claudio Crepaldi negli anni ‘70. Nel 1988/89 Alessandro Ronchi, con la collaborazione del C.A.I. Vimercate, attrezza a spit diversi itinerari di arrampicata sportiva sulla parete principale e quindi, quando la falesia diventa molto frequentata, lo stesso Ronchi la riattrezza ad anelli resinati nel 1993.”
Non abbiamo più 8 itinerari ma 26 vie di cui buona parte realizzate su una nuova parete. Si legge poi: “Roccia ottima e molto articolata a lame, spaccature, gocce e reglettes; arrampicata elegante con movimenti tecnici e scarsa continuità. A causa dell’assidua frequentazione, molti appigli sono diventati unti. In occasione della riattrezzatura, Ronchi ha quindi spatolato di resina le prese e gli appigli più scivolosi. Un gran lavoro da certosino del bravo Alessandro…”
Interessante è osservare come, anche con quel “Un gran lavoro da certosino del bravo Alessandro…” (che ancora oggi si occupa con grande passione della manutenzione della Falesia!), sia cambiato il “tono” ed il linguaggio delle descrizioni: meno formale e più “friendly”. L’autore lascia spazio alle proprie impressioni e a giudizi soggettivi.
Scoprire che nel ‘96 era già considerata “unta” fa in qualche modo rabbrividire, specie perchè allora erano passati solo 17 anni mentre oggi dobbiamo aggiungerne altri 25 ed una frequentazione probabilmente anche più massiccia. Incredibile l’impatto umano sulla roccia, anche solo con il semplice tocco!
Nel 96 si descriveva l’attrezzatura del ‘93 come “ottima ad anelli resinati (sika) ragionevolmente ravvicinati; catene alle soste.” Cercando poi su Internet ho scoperto che il “Settore Nuovo”, quello più piccolo tra la Falesia Vecchia e la Nuova, è stato “attrezzato da Enzo Nogara a fine anni ’90” (quindi di certo dopo il 96). Sempre attraverso Internet scopro parte della storia recente: “Attrezzatura ottima a fix. Nel 2017 è stata effettuata la manutenzione straordinaria dalla Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino – Progetto di Regione Lombardia per il Sistema Falesie Lecchesi.”
Con un po’ di tristezza, soprattutto dal punto di vista storico, tocca prendere nota di come, scorrendo tutti gli elenchi delle vie che ho recuperato, sia rimasto “in listino” solo uno degli 8 Itinerari originali: Moma. Toccherà andare a cercarlo!
Nota finale del Birillo: confesso che è stata quella dicitura, “(nessun ch.)”, a stimolare la mia ricerca e che, come spesso accade, ho scelto il titolo del pezzo – in questo caso “Nessun Chiodo al Pozzo” – prima ancora di cominciare a scrivere. Alla fine, dopo aver fatto le mie ricerche e trascritto tutti i dati, mi serviva una foto per accompagnare l’articolo. Nel mio archivio però, nonostante le molte e piacevoli ore trascorse da quelle parti, non ce ne era nessuna: eppure dovevano esserci perchè, dopo Scarenna, tutti i Tassi del Moregallo hanno iniziato ad arrampicare al Pozzo.
Tuttavia non ho trovato nulla… ad eccezione di quella che vedete pubblicata qui sopra: una foto davvero curiosa, che avevo dimenticato di aver fatto e che non poteva che rubarmi un sorriso divertito! In qualche modo il destino ha voluto ricordarmi come al Pozzo, quantomeno nel 2019, ci siano ancora “itinerari senza nome e nessun chiodo”.
Davide “Birillo” Valsecchi
Per completezza storica, ma anche per la curiosità di confrontare gradi e descrizioni con le guide contemporanee, ecco l’elenco delle vie del ‘96:
FALESIA PRINCIPALE
1. NUOVA SUELLO . 25 mt. 5 (5+ UIAA)
Arrampicata divertente su buoni appigli e strapiombino a metà.
2. FRUTTI DI BOSCO . 25 mt. 5+ (6 UIAA)
Ripido muretto in entrata con ristabilimento; in seguito movimenti tecnici ed eleganti su buchi e lamette.
3. MAGICO LIPTON . 20 mt. 6a
Placchetta iniziale di dita (evitabile sullo spigolino di sx), poi strapiombino appigliato e belle spaccature oblique a dx. Discontinua.
4. UNA GITA SUL PO . 20 mt. 6a
Sezione iniziale con diffili allunghi, seguiti da uno strapiombino atletico. Uscita più semplice su lame.
5. CHI RONFA TONFA.. 18 mt . 6b
Sale un lamone ed una placchetta verticale con movimenti strani, che richiedono decisione. Uscita più semplice.
6. PUNIRE IL CORPO . 22 mt. 6
Breve rampa verso dx, poi spostamento a sx su tacchette e strapiombino. In seguito bei movimenti su ottimi appigli ed uscita su placca compatta.
7.JAMES BOND . 25 mt. 6b+
Dopo un facile risalto, la via sale una stretta placca leggermente strapiombante su tacche e lamette. Tiro abbastanza continuo.
8. DONNE IN ATTESA . 25 mt. 62+
Dal risalto si supera una bella placca aggettante con allunghi su tacche. Uscita in dulfer, poi elegante diedro ben appigliato.
9. VIA NOMENTANA . 25 mt. 6b
Duro boulder iniziale di difficile lettura, poi placchetta tecnica a piccole tacche e pilastrino finale su splendide concrezioni.
10. METALKALINE . 25 mt. 6c
Placca nera slavata e strapiombo atletico con difficile allungo da appiglio rovescio.
11. ALTA TENSIONE. 22 mt . 6b+
Parallela e simile alla precedente; chiave sullo strapiombo.
12. CREDOLIN . 8 mt. 6a
Placchetta su piccole tacche e buchetti.
13. SPIT QUIZZER . 8 mt. 6c
Boulder di dita su appigli scavati.
14. RAMBO BAMBO . 12 mt. 6a
Plachetta verticale a tacche.
15. FROLLO ROLLO e SCHWARZENEGGER. 12 mt. 6a+
Simile alla precedente; più continua.
16. CRIC & CROC.. 25 mt. 5+ (6 UIAA)
Iniziano insieme su lama e muretto verticale. Dalla cengetta soprastante CRIC va diritta in placca con arrampicata divertente; CROC sale parallela pochi mt a dx con difficoltà analoghe.
17. SENTIERO VERTICALE . 25 mt. 6a+
Inizio su muretto tecnico verticale fino ad una nicchia, da cui si esce con difficile allungo che richiede decisione. In seguito bella placca, leggermente appoggiata, con piccole concrezioni.
18. PLACCATEVI . 20 mt . 6a
Arrampicata divertente su lame e buchi con singolo centrale.
19. SENSO UNICO . 20 mt. 6a+
Entrata atletica su strapiombino, poi più facile fino ad una cengetta. Seconda parte su placca verticale con bei movimenti tecnici ed un difficile spostamento a dx.
20. DIVIETO DI SOSTA . 20 mt . 6b
Facile placca iniziale. Dalla cengetta si sale un bellissimo muro verticale di precisione su piccole tacche, con un movimento di aderenza-allungo.
21. SCIOLA ‘87. 18 mt. 6b
Dopo la placca iniziale molto appigliata, superare un tratto ripido di difficile lettura; uscita in leggero strapiombo.
22. DEMOTIVATO MISCREDENTE.. 18 mt. 6a
Simile alla precedente, ma più semplice.
23. CAVALCA IL CAMMELLO . 18 mt . 5 (5+ UIAA)
Divertente arrampicata su lame; discontinua.
FALESIA DI DESTRA
24. GIRO DI DAMA . 20 mt. 6a
Inizio su placca verticale con piccoli appigli; in seguito lame più facili.
25. VERTICAL DREAM. 20 mt. 62+
Superare un fessurina cieca con movimenti tecnici e poco intuibili, poi bella placca compatta.
26. MOMA.. 20 mt. 5 (5+ UIA A)
Inizio su lamette e strapiombino, poi diedro grigio con splendidi appigli.
Non riesco a vedere da dove vieni ma so da cosa stai scappando. E ciò che conta, piccola, non è chi sia il più cattivo ma chi ti impedisce di cadere dalla tua scala. Quando ti amo come piace a te, provo quello che provi tu ora: faccio ciò che faccio solo per compiacere la tua folla. E soffro, ma non smetterò, perché questo non è un posto per un eroe, questo non è un posto per un uomo migliore, questo non è un posto che un eroe possa chiamare casa.
Ogni volta che chiudo gli occhi, ti penso dentro. Penso a tua madre, che ha rinunciato a chiedersi perchè: perché menti, e tradisci e provi ad ingannarla. Non riesco a vedere da dove vieni ma so da cosa stai scappando. E ciò che conta, piccola, non è chi sia il più cattivo ma chi ti impedisce di cadere dalla tua scala. Perchè questo non è un posto per un eroe, questo non è un posto per un uomo migliore, questo non è un posto che un eroe possa chiamare casa.
Non ho informazioni di prima mano perchè, a causa del LockDown, è tanto che non ho modo di salire sul Moregallo. Tuttavia mi è giunta segnalazione di un importante crollo sulla Crestina GG OSA, soprattutto mi è stato chiesto di segnalare come il crollo abbia interessato il sentiero che da Sambrosera risale all’attacco ed quindi alle moregge. «Praticamente è crollato il blocco di roccia dove c’è l’unico chiodo, quello con il cavo d’acciaio, e ha tirato via tutta quella parte. Il blocco è caduto nel canale, non toccando la cresta, ed è andato giù fino all’attacco portando a valle sassi e piante. Poi ha proseguito tagliando il sentiero che sale all’attacco della cresta.» Sembra che il Sindaco a breve emetterà un’ordinanza di chiusura del sentiero e della cresta. Ci sono in giro ancora molti sassi pericolanti ed accumuli di materiale sia sul sentiero che sulla piazzola d’attacco.
Quello che posso dirvi è che la scorsa settimana, pulendo la vecchia macchina fotografica con lo Zoom (un modesto 18x) avevo fatto qualche distratto e nostalgico scatto alla Cresta OSA ed alle strutture adiacenti. Oggi questo ci permette di capire, a distanza, cosa è purtroppo accaduto alla cresta con le ultime piogge. Incredibile anche notare quanto, in meno di dieci giorni, la vegetazione sia lettarlamente esplosa.
«Hai paura?» La biondina con gli occhi azzurri si avvinghia al mio braccio mentre siamo sdraiati nel letto, poi con una vocina da pin-up mi risponde: «Sciii». Le faccio un sorriso e le chiedo gentile «E di cosa hai paura?». Lei si stringe ancora di più e con lo sguardo indica il soffitto. «Hai paura delle Ombre?» mi risponde quasi nascondendosi il viso. «Sciii». Allungo un braccio verso l’interruttore della lampada. «Vedi? Le ombre non ci sono più. Basta accendere la luce, aprire gli occhi, e piano piano la paura passa. Ora dormi che è tardi». «Scii».
Davide Birillo Valsecchi
“Paura e Desiderio” III+ / Moregallo NoSpitZone 2020
“Arrampicate Libere sulle Dolomiti” è uno dei nuovi volumi che si sono aggiunti alla Biblioteca Canova. Un libro di Severino Casara, seconda edizione del 1950 dopo la prima del 1944. Casara, nato il 26 Aprile del 1903, fu un valente arrampicatore nonché compagno di cordata di Emilio Comici fino alla sua caduta fatale, nell’ottobre 1940. Il testo è un connubio tra i suoi ricordi, le imprese con l’amico Comici e le testimonianze raccolte su Paul Preuss, scomparso il 3 Ottobre 1913, di cui ha ricevuto gli appunti personali.
«L’ascensionismo non è uno sport, come molti profani ed alcuni arrampicatori vorrebbero sostenere – scrive Casara illustrandoci la sua visione di alpinismo – ma concezione squisitamente eroica che eleva l’uomo audace ad uno stato di grazia sulla montagna. È il dominio del vuoto. Infatti il corpo è librato nell’aria, eccetto i quattro punti degli arti che toccano la parete levigata e strapiombante. È il volo umano senz’ali verso l’alto. »
Casara riceve l’archivio di appunti, relazioni e fotografie di Paul Preuss dalla sorella Minna e dal cognato Paul Relly. «Narrare qui le imprese di Preuss sarebbe troppo lungo, basterebbe ricordare che nella sua breve vita egli riuscì a compiere su tutte le Alpi oltre 1200 ascensioni, fra le quali 150 di nuove e oltre 300 da solo! E cadde a 27 anni!».
L’autore, nel passaggio che ho voluto riproporre qui, riporta le celebri “sei massime” di Preuss arricchendole con la traduzione di suo testo originale in cui illustra e spiega la sua teoria alpinistica. Dalle testimonianze del libro emerge poi l’insospettabile carattere di Preuss: avevo sempre creduto fosse una personalità schiva e solitaria, invece traspare una figura luminosa e socievole, amata e benvoluta. “Salire montem in laetitia” fu il suo motto. Così, ora le sei regole non mi sembranop più essere pilastri d’etica o fondamenti della vera sicurezza, ma mi appaiono invece come linee guida d’ispirazione per la ricerca di una felicità che sembra in parte perduta.
Ecco il testo di Casara e di Preuss:
[Severino Casara – 1994] Preuss era un purista e riteneva che la lotta coi monti fosse intrapresa liberamente e, vorrei quasi dire, onestamente, senza l’aiuto di alcun artificio. Usava la corda solo quando si univa a compagni: ma in tal caso aveva ideato un nodo che si sarebbe facilmente sciolto qualora egli fosse precipitato, e non avrebbe così travolto l’amico. Considerava che le difficoltà maggiori di arrampicamento si sogliono incontrare «negli strapiombi in parete libera e nelle traversate»; e la massima «quando gli uni e le altre si combinano». Derideva i tanti che parlano di arrampicate «per pareti lisce come un muro, senza appigli e senza appoggi». Diceva che non ne aveva mai vedute. Ad affermare tale principio, quello di vincere anche le più difficili montagne con le sole proprie risorse naturali, non poteva essere che lui, creatura eletta e dotata delle migliori energie fisiche e morali. Era già stato maestro in ogni esercizio, sì da vincere i campionati accademici austriaci di tennis, scherma e pattinaggio, figura e stile. Ma ben presto la sua attività si rivolse tutta alla scuola severa della montagna.
Sostenne con vari scritti e illustrazioni la necessità di salire sulla montagna senza l’uso dei mezzi artificiali, utili soltanto in caso di pericolo. Il suo nuovo verbo, che rivoluzionava la già invadente tecnica alpina dei chiodi e della doppia corda, provocò discussioni in tutti gli ambienti alpinistici. Il 31 gennaio del 1912 il dott. Preuss fu invitato a una riunione a Monaco promossa dalla Sezione Bavarese del D. Oe. Alpenverein. Tutti i migliori esponenti dell’alpinismo parteciparono a quella storica seduta: Nieberl, Oertel, Dilfer, Jacobi, Leuchs, Hibel, Piaz e tanti altri. E Preuss quella sera espose brillantemente la sua teoria fondandola sulle note sei massime, che trascrivo:
Non bisogna essere soltanto all’altezza delle difficoltà che si affrontano, ma bisogna essere nettamente superiori ad esse
La misura delle difficoltà che un alpinista può con sicurezza superare in discesa senza l’uso della corda e con animo tranquillo, deve rappresentare il limite massimo delle difficoltà che egli può affrontare in salita.
La giustificazione dell’impiego dei mezzi artificiali vi è soltanto nel caso di pericolo.
Il chiodo da roccia è una riserva per casi di necessità, ma non deve essere il fondamento di una tecnica speciale.
La corda può essere una facilitazione ma non il mezzo indispensabile per rendere possibile una salita.
Su tutto deve dominare il principio della sicurezza. Però non l’assicurazione forzatamente ottenuta con mezzi artificiali in condizioni di evidente pericolo, ma quell’assicurazione preventiva che per ogni alpinista deve basarsi sul giusto apprezzamento delle proprie forze.
Venne pure esaurientemente discussa la distinzione fra alpinismo e acrobatismo. E Preuss, esposte le sue vedute sull’essenza dell’alpinismo e sulle relazioni con l’acrobatismo, concluse che la meta da raggiungersi è la loro fusione. Espose inoltre il suo fondamentale principio di poter sempre discendere rampicando per dove si è saliti. Principio incredibile allora — e più ancora oggi che nell’alpinismo ha preso il sopravvento l’acrobatismo — ma da lui dimostrato assolutamente veritiero. Chi mai compie oggi una discesa per roccia senza far uso della corda doppia e dei chiodi? Da ciò è derivato che pochissimi hanno imparato a scendere dalla roccia arrampicando per dove sono saliti.
Su tale argomento Preuss si soffermò con una chiara e convincente esposizione che credo utile tradurre: «Ammetto volentieri che l’arrampicare in discesa è più difficile che quello in salita, ma questo perchè gli alpinisti ci sono meno abituati e perchè non l’hanno imparato. Effettivamente i punti più difficili si possono fare arrampicando in discesa quando soltanto si conoscono già in salita. Ma che vi sia un punto fattibile con sicurezza in salita ma non in discesa, lo posso escludere per mia esperienza personale. L’arrampicata in discesa, come già ho replicato a Piaz, può essere imparata e la capacità di arrampicarsi in discesa deve guidare l’alpinista nella scelta delle sue imprese. Appunto il fatto che Nieberl mette tanto in rilievo il pericolo delle mie teorie, è prova di quanto poco egli abbia compreso l’intimo significato di ciò che io pretendo. Io sarei «un mostro senza cuore» e il mio ideale «un orribile Moloch» se fosse vero che pretendo che gli alpinisti in certa maniera sappiano «morire in bel modo». Con quanta poca fondatezza mi sia rivolta tale accusa può Nieberl giudicare da questo. Volentieri seguo il suo pensiero «un solo misero chiodo da roccia lo avrebbe salvato». Ma chiedo di più. Era necessario e sarà sempre necessario che continui così? Non ci sarà una Potenza che difenda l’alpinista da se stesso, che gli impedisca di spingersi all’estremo limite delle sue possibilità, dove Vita e Morte si contrastano in un equilibrio già instabile? Negli ultimi anni, molti, spaventevolmente molti, sono caduti a morte proprio nel superare punti difficili. Ma sarebbe forse morto alcuno dei caduti se il sentimento morale e sportivo loro fosse stato giudicato dalla massima: « Nessun passo avanti, dove tu non puoi ridiscendere? ». Il Moloch è il principio attuale, e lo dimostrano i risultati degli ultimi decenni, e centinaia di vittime gli si sono immolate. Crede dunque Nieberl che la maggior parte degli alpinisti sappia meglio manovrare colla corda e coi chiodi che i con la roccia e con se stessi? Per impiegare i mezzi artificiali « moderatamente e con criterio », come dice Nieberl, si dovrebbe essere già maestri di prim’ordine. Ma in tal caso non se ne avrebbe bisogno perchè si dovrebbe stabilire il limite delle proprie possibilità. « E ora mi capirà forse bene Nieberl se dico: vi è un’importante esigenza e cioè l’educazione dell’Alpinismo. Bisogna educare i principianti a frenare il loro amor proprio ai limiti delle loro capacità, a tenersi elevati nella loro morale come nella loro tecnica, non più alti e non più bassi. Nel sapersi trattenere e frenare si rivela il maestro! L’autorizzazione morale per difficili ascensioni non risiede in attitudini fisiche o in virtuosismi di tecnica quanto nella educazione delle basi spirituali e morali e nel corso dei pensieri dell’alpinista. «La bella epoca del vecchio Alpinismo può risorgere se regolando le ascensioni coll’educare lo spirito e la mente degli alpinisti si respingerà di nuovo nei suoi confini il «decadimento mentale i sportivo » (sportversimpelung), come lo ha chiamato Planck, la «manualità dei mestieranti » (handwerkméssige Betrieb), come la chiamerei io. «Ora i monti sono odiati, combattuti con ogni mezzo; ma si imparerà a temerli e ad amarli! ». Preuss certo antivedeva dove si sarebbe andati a finire con l’ammettere l’uso indiscriminato dei chiodi. Chi avrebbe più potuto fissare un limite? La parola «impossibile » sarebbe un po’ alla volta scomparsa. Dall’alpinismo si sarebbe passati all’acrobatismo; dalle vittorie sulla montagna libera e pura, alle gare sportive sulla montagna addomesticata. Si sarebbe anche arrivati alle « strade ferrate » fino alle cime… (col biglietto d’ingresso?).
E ci siamo arrivati. Se si continua sempre di più con questo… progresso di piantamento di chiodi (siamo giunti ai 60 e più per una sola via), non occorrerà neppure farle costruire da apposite imprese industriali, queste «strade ferrate», perchè vedremo divenuta realtà la predizione di Irving nel suo famoso «The romance of Mountaineering », il romanzo dell’Alpinismo: «Verrà giorno in cui la via segnata da corde e da chiodi che un arrampicatore costruirà per vincere una sua parete non sarà più possibile distinguerla da una funivia… ».
Foto:Preuss all’attacco della sua parete al Campanil Basso (28 Luglio 1911), Preuss sul DonnelKogel, Copertina libro.
«Forni Avoltri, ultimo contrafforte della Carnia, ride al sole tra piccoli terrazzi prativi in mezzo al più smagliante verde di tutta la Carnia». Tra gli scaffali della mia libreria è riapparso un vecchio libro: “Forni Avoltri” di Tomaso Pellicciari, edito nel 1973 per commemorare il Centenario della Chiesa di San Lorenzo. Una pubblicazione di 460 pagine che illustra il territorio di Forni Avoltri nei suoi aspetti ambientali, culturali e storici. L’autore, Tomaso Pelliciari, è nato il 5 settembre del 1926 a Treviso. Diplomato come perito minerario è figlio di una famiglia di artisti e letterati, coniugando quindi competenze tecnico scientifiche ad una notevole sensibilità umanistica. Quando giunge a Forni Avoltri se ne innamora e tale sentimento traspare evidente nei suoi scritti.
Tra le pagine del suo libro vi è un intero capitolo dedicato a “Scalatori e Scalate” in cui riporta due aspetti per me interessanti: il primo è la storia alpinistica della Carnia fino al primo dopoguerra, il secondo è un censimento delle principali ascensioni (un centinaio) ordinato per montagna e per grado nella scala Welzenbach.
Dalla cronistoria alpinistica emerge una figura di indubbio fascino: Pietro Samassa da Collina, noto anche come Pìori di Tòch. Cercando ulteriori informazioni mi sono imbatutto nel sito web “Alto Gorto in movimento -Tra Ottocento e Novecento“, un portale dedicato alla storiografia delle località aggregate nei comuni di Rigolato e Forni Avoltri. Qui ho trovato la fotografia che trovate in apertura: Creta della Chianevate, 1921. Lungo il sentiero di guerra, via normale alla cima.
[Tomaso Pellicciari]. Non si hanno notizie sicure prima del secolo diciannovesimo e pare che la prima vetta ad essere toccata sia stata proprio quella del monte più alto della zona: il monte Peralba. Attorno al 1800 dei cacciatori locali abbandonarono l’infruttuosa caccia della giornata per salire alla cima del Peralba che si stagliava meravigliosamente baciata dal sole nello sfondo dell’azzurro cielo. Soltanto il ricordo della gente del posto riporta questa prima conquista dell’alpinismo locale. Così pure nel 1840 un cacciatore italiano, solo, salì fino al Becco del Monte Creta Forata di Volaia, altrimenti chiamato Capolago. Ma soltanto dall’ultima metà del secolo scorso si hanno notizie sicure, fedelmente riportate. Nel 1353 avvenne la prima salita sicura del Peralba da parte del tedesco Schӧnhuber che vi risalì nel 1854 per triangolazioni geodetiche. Il 30 settembre 1865 il giovane viennese Paul Grohamann, che già aveva compiuto ascensioni nelle Dolomiti preparando a Cortina vari valligiani alla nobile arte di guida alpina e che più tardi si meriterà da Cortina la cittadinanza onoraria ed il titolo di «padre delle Dolomiti», assieme alle guide Nicolò Sottocorona e Hofer conquista per primo la vetta della più alta montagna della catena Carnica il Coglians a m. 2.780: l’itinerario è il medesimo di quello tutt’ora seguito dal sentiero della via comune (riportato da «Die Erschliessung der Ostalpen» da «Zeitschrift des Deutschen und Oesterreichischen Alpen-Vereins» del 1869/70, da «Mitteilungen des Deutschen un Oesterreichischen Alpen-Vereins» nonchè dal «Bollettino del Club Alpino Italiano» e da «In Alto»). Però già tre anni prima, il 22 settembre 1862, il fabbro di Mauthen Adam Ridoler salì con il geologo E. von Mojsisovics ed il valligiano A. Valdan alla vetta della Creta delle Chianevate, alla vetta della Creta di Collina e per altre vie saliva il 20 luglio 1870 Paul Grohmann con la guida Nicolò Samassa (al ghiacciaio delle Chianevate già nel 1860 erano soliti i cacciatori austriaci T. Bucher e F. Stramitzer). Il 15 luglio 1868 lo stesso Paul Grohmann sale alla Cima Ovest delle Chianevate per parete Nord assieme alle guide J. Moser e P. Salcher. Intanto inizia la sua grande opera di esplorazione il primo vero grande pioniere dell’alpinismo di questi monti. Pietro Samassa, cacciatore e guida alpina. Nel 1888 egli salì alla vetta del Sasso Nero e poi negli anni seguenti molte altre volte a caccia, nonchè nel 1891 vi accompagnò un geometra italiano per rilievi topografici ed infine l’11 ottobre 1898 vi guidò i primi alpinisti H. Wédl e A. Siebenaicher. Nello stesso periodo Pietro Samassa sale alla Cresta del Sasso Nero; nel 1890 Pietro Samassa compie la prima ascensione al Monte Canale dove nel 1891 porterà anche là il geometra topografo e dove il 9 settembre 1898 salirà con H. Klaus e V. Tatzel ed infine tornerà con H. Wédl il 12-9-1898. Sempre Pietro Samassa, nell’agosto del 1892, sale alla cima del Monte Capolago o Creta Forata di Volaia, dove tornerà il 16. settembre 1896 con G. Baldermann e A. Jaroschek, nel 1898 con H. Wéodl ed ancora il 12 settembre 1902 sempre con H. Wédl alla Cresta Ovest. Ancora P. Samassa, infaticabile nelle sue peregrinazioni di vetta in vetta, sale nel 1895 assieme a P. Kratter, E. Pico e L. Spezzotti alla cima dell’Avanza. Nel 1890 sul monte Coglians Pietro Samassa aveva aperto da solo il sentiero, che poi ripetuto nella quasi totalità prendeva il nome attuale di sentiero Spinotti. Negli stessi anni saliva al Pic Chiadenis con G. Baldermann (già toccato in 1° ascensione da H. Prunner il 17 settembre 1896), nel 1899 portava assieme alla guida A. Komac uno dei più famosi alpinisti, scrittori e poeti delle Alpi, il grande Giulio Kugy con G. Bolaffio alla vetta del Coglians. Il 19 agosto 1804 sale alla Cima Lastrons del Lago assieme all’altra guida U. Sottocorona.
Oltre a queste di Pietro Samassa citerò le escursioni, in ordine cronologico:
1880 – 23 settembre – 1° assoluta del Monte Siera del Sud da M. Holzmann e S. Siorpaes.
1895 – H. Kofler da solo – ascensione per versante Nord al Monte Coglians.
1898 – 28 giugno – H. Wédl, G. Baldermann e C. B. Schmid compiono la prima ascensione al Monte Volaia che salirono per la Cresta Sud e discesero per la Cresta Nord.
1898 – 30 giugno – guida H. Staebler con L. Darmstadter in 1° ascensione alla Creta di Collinetta.
1899 – 12 settembre – guida S. Obernosterre con E. T. Compton traversata dal Monte Capolago al Monte Canale per la Cresta.
1900 – 8 settembre – L. Patera apre la via da Ovest per il Monte Avanza.
1900 – 13 settembre – L. Patera compie la prima ascensione alla Creta Verde ed al Fleons Orientale o Edigon.
1900 – 14 settembre – L. Patera alla cima del Monte Volaia in variante.
1904 – 22 dicembre – L. Patera e H. Kofler in 1° invernale alla cima del Peralba.
1905 – 18 agosto – M. Ortwein, von Molitor e A. Matievic 1° per parete Nord-Ovest alla cima del Sasso Nero.
1906 – 9 settembre – A. Schultzer in 1° ascensione per la spalla Ovest alla vetta della Cima Lastrons del Lago.
1907 – 6 settembre – L. Patera e Stabentheiner in 1° ascensione al M. Volaia per la parete Est.
1912 – 10 agosto – O. Steinmann e S. Ulmann aprono la via per lo spigolo Nord-Est al Monte Canale.
Molte altre ascensioni potrebbero continuare questo inventario, ma mi fermo anche per timore di non tralasciarne più d’una nelle mie citazioni, specie per gli ultimi anni dei quali mi mancano quasi completamente notizie. Ma penso che aver nominato gli antesignani dello sport alpinistico nella nostra zona, sia sufficiente, anche perchè l’esempio di loro larga messe di proseliti raccolse nel dopoguerra del 15/18 e fino ai nostri giorni. Si potrà obiettare che nomi grandissimi lasciarono le loro orme sulle rocce dei nostri monti, ma chi ha culto dei ricordi non abbisogna anche della mia spinta per mantenere vive quelle notizie.
[..] Nel corso di quasi un secolo, come in una gara di supremo ardimento, gli scalatori si sono spinti sempre più innanzi verso l’estremo limite delle possibilità umane: quasi che la montagna li chiamasse a dare sempre e più il meglio di sè. Ma poichè le braccia non sono ancora ali, questa progressione si conclude praticamente con i nostri giorni. Così è stato possibile suddividere tutte le scalate con sufficiente sicurezza in sei categorie e gradi di difficoltà. La classica scala delle difficoltà, quella di Welzenbach quella generalmente adottata (ed accettata anche nell’ultimo Congresso Internazionale di Chamonix) con le notissime aggettivazioni dice:
1° grado = facile
2° grado = mediocremente difficile
3° grado = difficile
4° grado = molto difficile
5° grado = straordinariamente difficile
6° grado = estremamente difficile
Alcuni relatori di ascensioni hanno aggiunto al grado le note differenziazioni di « superiore » ed « inferiore ».
Noi, per rendere più chiara l’esposizione, diamo le seguenti delucidazioni di Domenico Rudatis. Il «primo grado» è quello in cui il turista comincia a diventare arrampicatore essendo costretto a servirsi delle mani. Il « sesto grado » rappresenta le massime audacie realizzate dai migliori arrampicatori del mondo, cioè effettivamente il limite assoluto del possibile in materia d’arrampicamento. Ed essendo questo sport una purissima affermazione di valori atletici e morali, va da sè che la graduazione risulta stabile. Le eventuali future conquiste ottenute con una moltiplicazione di mezzi artificiali non potranno certamente costituire dei gradi superiori. Diamo qui appresso un breve elenco delle più note possibilità di arrampicata nelle montagne di Forni Avoltri, trascurando i sentieri perchè, per quanto disagiati, fanno parte dei percorsi dei normali turisti:
NDR: il testo originale riportava 109 salite suddivise per grado e raggruppate per montagna. Io, per semplicità di presentazione, ho incorporato l’elenco in una tabella rendendo possibile effettuare ordinamenti e ricerche in modo dinamico. L’elenco originale è riportato in fono all’articolo.
Difficoltà
Montagna
Salita
1° Grado
Monte Peralba
da Sud-Est ore 2 (con attacco di 2° grado)
1° Grado
Monte Peralba
per la cresta Ovest, ore 3.30
1° Grado
Pic Chiadenis
via comune (da Sud), ore 0.45 4
1° Grado
Fleons Occidentale
per la cresta Nord, ore 1
1° Grado
Fleons Orientale
per la cresta Nord, ore 1
1° Grado
Creta Verde
dall’Est, ore 1
1° Grado
Campanile Letter
per il versante Nord-Est, ore 0.45
1° Grado
Creta di Bordaglia
versante Ovest, ore 0.45 (dal passo Val Inferno)
1° Grado
Creta di Bordaglia
versante Est, ore 0.45 (dal passo Niedergail)
1° Grado
Monte Volaia
per la cresta Sud, ore 0.30
1° Grado
Monte Volaia
da Sud-Ovest, ore 1.30
1° Grado
Sasso Nero
dal Sud (via comune), ore 3.30
1° Grado
Monte Canale
dal Sud (via comune), ore 3
1° Grado
Monte Capolago
per la cresta Sud (via comune), ore 2.30
1° Grado
Monte Coglians
per la cresta Sud o Costone di Stella, ore 1.30
1° Grado
Monte Coglians
per la cresta Ovest, ore 1
1° Grado
Monte Coglians
dal Nord (via ferrata), ore 1.30/2
1° Grado
Monte Coglians
per la cresta Est alla Cima di Mezzo e vetta, ore 3
1° Grado
Creta di Collina
per la cresta Est, ore 2
1° Grado
Monte Siera
dal Sud (via Comune), ore 2.30
1° Grado
Piccolo Siera
per la cresta Ovest, ore 1
1° Grado
Piccolo Siera
dal Sud, ore 2
1° Grado
Creta di Tuglia
dal Sud, ore 1
1° Grado
Creta della Fuina
dal Sud (via comune), ore 2.45
1° Grado
Monte Pleros
dal Nord, ore 2.30
2° Grado
Monte Peralba
canalone da Sud-Ovest – lunga arrampicata
2° Grado
Pic Chiadenis
per la parete Est, ore l
2° Grado
Pic Chiadenis
alla 3° torre per parete Ovest, ore 1
2° Grado
Monte Avanza
per la cresta Ovest alla Creta dei Cacciatori, ore. 2
2° Grado
Monte Avanza
dal Nord alla Cima della Miniera, ore 2.30′
2° Grado
Creta Verde
per la cresta Ovest, ore 2
2° Grado
Creta Verde
per la cresta Nord-Est, ore 1.30
2° Grado
Monte Volaia
per la cresta Nord, lungo itinerario
2° Grado
Monte Volaia
dall’Est per la parete, ore 2
2° Grado
Sasso Nero
per la cresta Sud, ore 2
2° Grado
Sasso Nero
per la parete Ovest, ore 2.30
2° Grado
Sasso Nero
per la cresta Nord-Ovest, ore 1
2° Grado
Creta di Chianaletta
traversata per cresta (via comune) dal Monte Canale, ore 1
2° Grado
Monte Canale
per la cresta Sud-Sud-Est, ore 4 (con 3° grado)
2° Grado
Monte Canale
per la parete Sud, ore 4, passaggio di 4° grado
2° Grado
Monte Capolago
dal Nord per la Forcella del Buso, ore 4
2° Grado
Monte Capolago
per la parete Est, ore 3
2° Grado
Lastrons del Lago
dall’Ovest, ore 2.30
2° Grado
Monte Coglians
per la parete Ovest, ore 3
2° Grado
Monte Coglians
per la parete Nord (via diretta), ore 2.30
2° Grado
Creta delle Chianevate
dal Sud, ore 4.30
2° Grado
Creta di Collina
dal Nord, ore 2
2° Grado
Creta di Collina
per la « via di guerra » al ghiacciaio delle Chianevate, ore 3
2° Grado
Creta di Collina
per la cresta Nord-Est, ore 1.30
2° Grado
Monte Siera
per il canalone Sud-Ovest, ore 2.30
2° Grado
Monte Siera
per il canalone Ovest, ore 3.45 (2° grado inferiore)
2° Grado
Monte Siera
per la cresta Ovest, ore 4
2° Grado
Piccolo Siera
da Nord-Est, ore 4.30, m. 300 di salita
2° Grado
Cima Dieci
per la parete Ovest, ore 2, passaggio di 3° grado
2° Grado
Crete Forata
per la cresta Ovest, ore 3.45
2° Grado
Crete Forata
per lo spigolo Nord, ore 2.30
2° Grado
Crete Forata
per lo spigolo Nord dell’Anticima Nord-Est, ore 3
2° Grado
Monte Cimon
per lo spigolo Nord, ore 4.30 .
2° Grado
Monte Geu
per la cresta Est, ore 2
2° Grado
Monte Geu
per la parete Ovest, ore 1
2° Grado
Creta della Fuina
dal Nord-Ovest, ore 1.30
2° Grado
Creta della Fuina
dall’Est, ore 1.30
3° Grado
Monte Peralba
per la parete Sud-Ovest, ore 7, circa metri 750
3° Grado
Pic Chiadenis
per la parete Nord, ore 1
3° Grado
Pic Chiadenis
alla punta Sud per la parete Nord-Ovest, ore 3
3° Grado
Creta di Chianaletta
per la cresta Nord alla 2° Torre, ore 4, circa m. 400 (con 4° grado)
3° Grado
Creta di Chianaletta
per la parete Nord alla 3* Torre, ore 3
3° Grado
Monte Capolago
per la cresta Nord-Est, ore 2
3° Grado
Monte Coglians
per il pilastro Nord-Nord-Est, ore 3
3° Grado
Monte Coglians
per la parete Nord-Est, ore 4
3° Grado
Creta di Collina
per la parete Ovest, ore 4, passaggi di 4° grado
3° Grado
Creta di Collina
per la parete Nord-Ovest, ore 5
3° Grado
Monte Siera
per la parete Nord-Est, ore 5.30, circa m. 450 (anche 4° grado)
3° Grado
Piccolo Siera
per la cresta Nord, ore 11.30 (dal 2° grado al 4° ed un passaggio del 6°)
3° Grado
Cima Dieci
per la parete Nord, ore 4.15
3° Grado
Creta Forata
per la parete Nord-Ovest, ore 6
3° Grado
Creta Forata
per la parete Nord-Ovest dell’Anticima, ore 5
3° Grado
Monte Geu
per la parete Nord-Ovest, ore 3
3° Grado
Creta della Fuina
per la parete Nord, ore 3
4° Grado
Monte Peralba
per la parete Sud-Est, ore 3
4° Grado
Monte Volaia
per la parete Est (via diretta), ore 4, metri 500 circa
4° Grado
Sasso Nero
dal Nord, ore 5.30
4° Grado
Creta di Chianaletta
per la parete Nord alla 4° Torre, ore 5
4° Grado
Creta di Chianaletta
per la parete Nord alla 5° Torre, ore 5
4° Grado
Monte Canale
per lo spigolo Nord-Est, ore 4
4° Grado
Monte Capolago
per la parete Nord, ore 5, m. 450, 4° grado superiore
4° Grado
Monte Capolago
per i camini Nord-Est, ore 4, m. 450, passaggi di 5° grado
4° Grado
Lastrons del Lago
per le placche Nord-Ovest, ore 4
4° Grado
Lastrons del Lago
per la parete Nord, ore 3.30
4° Grado
Creta di Collina
per la parete Sud, ore 4.30
4° Grado
Creta di Collina
per la parete Nord, ore 6, m. 470 circa
4° Grado
Creta di Collina
diretta Sud, ore 4, 4° grado superiore
4° Grado
Monte Cimon
per la parete Nord-Est, ore 6.30, m. 400 circa
4° Grado
Monte Cimon
per la parete Nord, ore 6, anche 5° grado e due passaggi di 6°
4° Grado
Creta di Tuglia
per lo spigolo Nord, ore 4
4° Grado
Monte Pleros
per la parete Nord, ore 8, m. 600 circa
5° Grado
Monte Peralba
per lo spigolo Sud, ore 10/12, m. 350 circa, 5° grado superiore
5° Grado
Monte Peralba
per la parete Nord, ore 6/8, m. 700 circa
5° Grado
Pic Chiadenis
alla Punta Sud, ore 8, m. 500 circa, passaggi di 6° grado
5° Grado
Cresta di Volaia
al Biegenkopf Nord per la parete Est, ore 7, è considerata una delle più belle arrampicate del gruppo su una parete di circa m. 300, 5° superiore
5° Grado
Cresta di Volaia
al Biegenkopf Sud per la parete Est, ore 4, m. 300 circa
5° Grado
Monte Canale
per la parete Nord, ore 6
5° Grado
Monte Canale
per la parete Nord-Est, ore 5, m. 500 circa
5° Grado
Lastrons del Lago
per i camini Nord-Est, ore 4
5° Grado
Monte Coglians
per la parete Nord-Est, ore 7, m. 700 circa
5° Grado
Monte Coglians
per la parete Nord-Est della Cima di Mezzo, ore 5, m. 650 circa
5° Grado
Creta di Collina
per la parete Nord della Torre della Chianevate, ore 8, m. 600 circa di arrampicata quasi verticale con passaggi di 5° grado superiore, è forse l’itinerario più difficile nel gruppo del Coglians
5° Grado
Monte Cimon
per la parete Nord-Est dello Zoccolo Nord, ore 5, con due passaggi di 6° grado
6° Grado
Creta di Collina
diretta Nord della Torre della Chianevate, ore 13, m. 100 circa, aperta da Toni Egger e Heini Heinricher il 6-8-1950
Ho dato i tempi per ogni scalata come quelli medi che può impiegare nei singoli percorsi un alpinista allenato, ed inoltre questi tempi si riferiscono al percorso in arrampicata soltanto e quindi riferito alla partenza dalle pendici rocciose del monte e fino alla vetta. Non ho voluto fornire una descrizione per ogni percorso in nota, sia per non sconfinare dai propositi modesti di questa monografia, sia perchè tali notizie si trovano in chiara esposizione dei manuali alpinistici del Touring-C.A.I. relativi alle zone interessate.
1° Grado:
Monte Peralba
da Sud-Est ore 2 (con attacco di 2° grado)
per la cresta Ovest, ore 3.30
Pic Chiadenis
via comune (da Sud), ore 0.45 4
Fleons Occidentale
per la cresta Nord, ore 1
Fleons Orientale
per la cresta Nord, ore 1
Creta Verde
dall’Est, ore 1
Campanile Letter
per il versante Nord-Est, ore 0.45
traversata alla Creta Verde, ore 0.30
Creta di Bordaglia
versante Ovest, ore 0.45 (dal passo Val Inferno)
versante Est, ore 0.45 (dal passo Niedergail)
Monte Volaia
per la cresta Sud, ore 0.30
da Sud-Ovest, ore 1.30
Sasso Nero
dal Sud (via comune), ore 3.30
Monte Canale
dal Sud (via comune), ore 3
Monte Capolago
per la cresta Sud (via comune), ore 2.30
Monte Coglians
per la cresta Sud o Costone di Stella, ore 1.30
per la cresta Ovest, ore 1
dal Nord (via ferrata), ore 1.30/2
per la cresta Est alla Cima di Mezzo e vetta, ore 3
Creta di Collina
per la cresta Est, ore 2
Monte Siera
dal Sud (via Comune), ore 2.30
Piccolo Siera
per la cresta Ovest, ore 1
dal Sud, ore 2
Creta di Tuglia
dal Sud, ore 1
Creta della Fuina
dal Sud (via comune), ore 2.45
Monte Pleros
dal Nord, ore 2.30
2° Grado:
Monte Peralba
canalone da Sud-Ovest – lunga arrampicata
Pic Chiadenis
per la parete Est, ore l
alla 3° torre per parete Ovest, ore 1
Monte Avanza
per la cresta Ovest alla Creta dei Cacciatori, ore. 2
dal Nord alla Cima della Miniera, ore 2.30′
Creta Verde
per la cresta Ovest, ore 2
per la cresta Nord-Est, ore 1.30
Monte Volaia
per la cresta Nord, lungo itinerario
dall’Est per la parete, ore 2
Sasso Nero
per la cresta Sud, ore 2
per la parete Ovest, ore 2.30
per la cresta Nord-Ovest, ore 1
Creta di Chianaletta
traversata per cresta (via comune) dal Monte Canale, ore 1
Monte Canale
per la cresta Sud-Sud-Est, ore 4 (con 3° grado)
per la parete Sud, ore 4, passaggio di 4° grado
Monte Capolago
dal Nord per la Forcella del Buso, ore 4
per la parete Est, ore 3
Lastrons del Lago
dall’Ovest, ore 2.30
Monte Coglians
per la parete Ovest, ore 3
per la parete Nord (via diretta), ore 2.30
Creta delle Chianevate
dal Sud, ore 4.30
Creta di Collina
dal Nord, ore 2
per la « via di guerra » al ghiacciaio delle Chianevate, ore 3
per la cresta Nord-Est, ore 1.30
Monte Siera
per il canalone Sud-Ovest, ore 2.30
per il canalone Ovest, ore 3.45 (2° grado inferiore)
per la cresta Ovest, ore 4
Piccolo Siera
da Nord-Est, ore 4.30, m. 300 di salita
Cima Dieci
per la parete Ovest, ore 2, passaggio di 3° grado
Crete Forata
per la cresta Ovest, ore 3.45
per lo spigolo Nord, ore 2.30
per lo spigolo Nord dell’Anticima Nord-Est, ore 3
Monte Cimon
per lo spigolo Nord, ore 4.30 .
Monte Geu
per la cresta Est, ore 2
per la parete Ovest, ore 1
Creta della Fuina
dal Nord-Ovest, ore 1.30
dall’Est, ore 1.30
3° Grado:
Monte Peralba
per la parete Sud-Ovest, ore 7, circa metri 750
Pic Chiadenis
per la parete Nord, ore 1
alla punta Sud per la parete Nord-Ovest, ore 3
Creta di Chianaletta
per la cresta Nord alla 2° Torre, ore 4, circa m. 400 (con 4° grado)
per la parete Nord alla 3* Torre, ore 3
Monte Capolago
per la cresta Nord-Est, ore 2
Monte Coglians
per il pilastro Nord-Nord-Est, ore 3
per la parete Nord-Est, ore 4
Creta di Collina
per la parete Ovest, ore 4, passaggi di 4° grado
per la parete Nord-Ovest, ore 5
Monte Siera
per la parete Nord-Est, ore 5.30, circa m. 450 (anche 4° grado)
Piccolo Siera
per la cresta Nord, ore 11.30 (dal 2° grado al 4° ed un passaggio del 6°)
Cima Dieci
per la parete Nord, ore 4.15
Creta Forata
per la parete Nord-Ovest, ore 6
per la parete Nord-Ovest dell’Anticima, ore 5
Monte Geu
per la parete Nord-Ovest, ore 3
Creta della Fuina
per la parete Nord, ore 3
4° Grado:
Monte Peralba
per la parete Sud-Est, ore 3
Monte Volaia
per la parete Est (via diretta), ore 4, metri 500 circa
Sasso Nero
dal Nord, ore 5.30
Creta di Chianaletta
per la parete Nord alla 4° Torre, ore 5
per la parete Nord alla 5° Torre, ore 5
Monte Canale
per lo spigolo Nord-Est, ore 4
Monte Capolago
per la parete Nord, ore 5, m. 450, 4° grado superiore
per i camini Nord-Est, ore 4, m. 450, passaggi di 5° grado
Lastrons del Lago
per le placche Nord-Ovest, ore 4
per la parete Nord, ore 3.30
Creta di Collina
per la parete Sud, ore 4.30
per la parete Nord, ore 6, m. 470 circa
diretta Sud, ore 4, 4° grado superiore
Monte Cimon
per la parete Nord-Est, ore 6.30, m. 400 circa
per la parete Nord, ore 6, anche 5° grado e due passaggi di 6°
Creta di Tuglia
per lo spigolo Nord, ore 4
Monte Pleros
per la parete Nord, ore 8, m. 600 circa
5° Grado:
Monte Peralba
per lo spigolo Sud, ore 10/12, m. 350 circa, 5° grado superiore
per la parete Nord, ore 6/8, m. 700 circa
Pic Chiadenis
alla Punta Sud, ore 8, m. 500 circa, passaggi di 6° grado
Cresta di Volaia
al Biegenkopf Nord per la parete Est, ore 7, è considerata una delle più belle arrampicate del gruppo su una parete di circa m. 300, 5° superiore
al Biegenkopf Sud per la parete Est, ore 4, m. 300 circa
Monte Canale
per la parete Nord, ore 6
per la parete Nord-Est, ore 5, m. 500 circa
Lastrons del Lago
per i camini Nord-Est, ore 4
Coglians
per la parete Nord-Est, ore 7, m. 700 circa
per la parete Nord-Est della Cima di Mezzo, ore 5, m. 650 circa
Creta di Collina
per la parete Nord della Torre della Chianevate, ore 8, m. 600 circa di arrampicataquasi verticale con passaggi di 5° grado superiore, è forse l’itinerario più difficile nel gruppo del Coglians
Monte Cimon
per la parete Nord-Est dello Zoccolo Nord, ore 5, con due passaggi di 6° grado
6° Grado:
Creta di Collina
diretta Nord della Torre della Chianevate, ore 13, m. 100 circa, aperta da Toni Egger e Heini Heinricher il 6-8-1950