Escursioni Luglio 2021 (2a Parte)

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Noturna al Sentiero Geologico Alto

Serate di luglio trascorse nella quiete delle nostre montagne: il sole illumina l’erba, verdissima ed agitata dal vento, mentre luci ed ombre rimarcano i profili delle rocce bianche dell’isola senza nome. Mille metri di fatica per intensi attimi di grande pace e soddisfazione!!

Rongio – Manavello – Rifugio Rosalba

Al via le escursioni “In montagna Lunedì”, una serie di impegnative salite da affrontare nel giorno in cui i monti sono meno affollati. Prima tra queste il lungo crinale che da Rongio risale al Manavello, allo Zucco Pertusio e quindi al Rifugio Rosalba: quasi 1500 metri di dislivello per un itinerario che scorre tra boschi di faggio e pinnacoli rocciosi offrendo uno scorcio vertiginoso sull’azzurro del lago. Raggiunto il Rifugio, dopo esserci ampiamente rifocillati, abbiamo iniziato la nostra discesa lungo la parte bassa della Val Scarettone, ammirando prima le guglie della Cresta del Giardino e poi la fresca oscurità della Grotta Ferrera. Il maestoso spettacolo del Grignone, del Sasso Cavallo, del Sasso di Sengg e dei Carbonari ci ha accompagnato, con prospettive sempre diverse, lungo tutto il percorso. Un escursione impegnativa, sia fisicamente che in alcuni tratti tecnicamente, decisamente appagante!!

Notturna San Pietro al Monte

Nelle intenzioni doveva essere un’escursione rilassante, una semplice salita diretta al Santuario di San Pietro al Monte. Il gruppetto però aveva voglia di zingarare, di far girare le gambe. Così, dalla Valle dell’Oro ci siamo ritrovati sulla vecchia strada romana per Suello ingaggiando verso il Priel. Dopo un arrembante serie di sali e scendi nel labirinto di sentieri del Cornizzolo abbiamo deciso di riportare la nostra rotta verso San Pietro dove, finalmente, ingollare i curiosi – e terribili – panini al salmone di Luca. La millenaria Abbazia ci ha accolto con i suoi silenzi mentre il sole lasciava posto ad una luna ormai quasi piena. Riguadagnando il crinale al Dosso della Guardia siamo scesi a valle mentre il lago di Annone brillava nelle luci della notte. Una birretta “Da Edo” per concludere un viaggio attraverso una bellezza solo apparentemente semplice!

Notturna Boschi di Valbrona

Quando il caldo si fa opprimente bisogna giocare d’astuzia, rimandare le salite più impegnativa concedendosi anche qualche piacevole passeggiata tra i boschi. Così, partiti da Maisano – frazione centrale di Valbrona – ci siamo spostati verso Visino lungo il sentiero che, attraverso i prati, raggiunge il laghetto di Ponte Castello. Poi, puntando verso la Coletta dei Corni, abbiamo girovagato quasi senza meta tra i mille sentieri del bosco che, riconoscente per la visita, ci ha premiato con abbondanza di lamponi!! Disertata la Val Cerrina, già visitata salendo ai Corni, abbiamo deviato per i Prati di Piazzo prima di risalire verso Oneda lungo il sentiero del Criarolo. Nella quiete serale delle baitelle dei Corni ci siamo imbattuti in sorpresi caprioli, in un cinghialetto solitario ed in una lepre. Una piacevole passeggiata attraverso luoghi sconosciuti, ricchi di boschi ed acqua, per un totale di quasi 10 km e 384m di dislivello.

Belasa o non Belasa?

Belasa o non Belasa? Sabato sera, mentre ci addentravamo nella valle Inferno lungo il Sentiero delle Vasche, una maliziosa pioggerellina rendeva viscido ed incerto ogni appoggio. L’obiettivo dell’uscita era il Belasa, farsi però sorprendere da un temporale estivo nel Canalone Belasa è davvero una pessima idea ed ogni bollettino meteo o proiezione radar sembrava urlare all’imminente funesto nubifragio. Così con il mio piccolo gruppo, già ridotto dalle preoccupate defezioni, dovevo decidere sul da farsì. Temporeggiando, in attesa che il cielo mostrasse finalmente le proprie intenzioni, abbiamo bighellonato al “Casotto degli Sbadati”, allo “Spaccasassi”, al “Crotto del Funzi”, trasformando un’escursione dall’intenso impegno fisico in un’esplorazione storico/culturale/naturalistica. Giunti alla fontanella di Sambrosera non restava che scegliere: Belasa o non Belasa. I “marchingegni digitali” di tutti i presenti profetizzavano pioggia e sciagura. L’unica certezza, nella mente della guida, è che una volta nel Belasa, se arriva il temporale di notte, puoi solo tentare di uscire verso l’alto sperando di avere fortuna e che tutto fili liscio. “Se tua madre ha deciso di risposarsi, o il cielo di far piovere, tu non ci puoi fare proprio nulla” recita un curioso proverbio cinese. Il tempo è il ritmo di tutte le cose, tanto come fenomenologia meteorologica quanto come continuità di eventi connessi tra loro. In montagna bisogna avere ritmo: quando la musica cambia bisogna essere pronti a cambiare il ballo. Così, continuando la nostra camminata, ci siamo allungati verso la Valle Due Pile, la Forcellina, il sentiero del Luisin, il sentiero Elvezio e quindi il Sasso di Preguda. Alla fine della serata, poco prima di mezzanotte, non avevamo fatto il Belasa ma non era neppure giunto il previsto diluvio, avevamo fatto il doppio dei chilometri previsti e la metà del dislivello, ma nella Valle Dell’Oro, con una birra in mano sotto un cielo stellato dominato da una luminosa luna piena, abbiamo brindato e riso tutti insieme. Sull’Alto Lago brillavano minacciosi lampi, ma ormai non aveva più importanza: direi bene anche così!

Notturna Palanzone

“La mia guida è differente”. La notturna al Palanzone è una classica, forse ormai anche troppo conosciuta: dalla Colma partono sempre più spesso improvvisate comitive allo sbando nella notte. “Vi va se cambiamo? Se saliamo da Caglio anzichè dalla Colma? E’ un po’ più dura ma…” Così dal Santuario di Campoè ci siamo inoltrati nella valle nel Torrente Rezzago per poi salire alla Bocchetta di Vallelunga. Qui, nei boschi sfoltiti di recente, abbiamo avuto modo di osservare diversi caprioli al pascolo nella quiete del crepuscolo. Poi sù, verso “Cà della Volta” e più in alto, lungo il crinale che separa Caslino da Caglio raggiungendo la Cima. Una “cresta” erbosa che si staglia contro l’orizzonte, ben visibile ed inconfondibile quando si sale lungo la Vallassina. In cima l’orizzonte bruciava ad occidente mentre il buio iniziava ad avvolgere l’oriente. La “Piramide” era ancora curiosamente deserta, ma solo per poco. Prima un gruppetto “sperduto” in cerca del Rifugio Riella (deve essere caduta la palina ed al buio non sapevano più dove andare) poi un orda di “sfollati” che, disperatamente aggrappati alle racchette da montagna, slittavano sul fango con le “mojito” (scarpette basse da passeggio con la suola drammaticamente liscia!) mentre venivano incalzati da “runners” attrezzati come power ranger ma ormai già senza fiato. Io e le mucche abbiamo osservato la scenetta con una certa divertita curiosità. Guardare invece il mio piccolo gruppo mi ha strappato un compiaciuto sorriso: i suoi membri, che avevano nelle gambe il doppio del dislivello ed il doppio dei chilometri, erano decisamente differenti, tanto nell’equipaggiamento quanto nell’atteggiamento. Per me è una grande soddisfazione riuscire ad insegnare come vivere la montagna senza scadere nel turismo modaiolo oggi tanto in voga. Dopo aver lasciato sfilare il “trenino” abbiamo superato la Bocchetta di Caglio immergendoci nuovamente nel bosco e nei suoi segreti. Il sentiero, sdrucciolevole ma piacevole, ci ha riportato prima al Belvedere Segantini e poi al Santuario. Quasi tutti i partecipanti erano già stati al Palanzone in precedenza, spesso di notte o con la neve: nessuno però aveva mai percorso quei due sentieri e tutti erano felici di aver scoperto luoghi sconosciuti. La magia è trasformare un’escursione semplice in un’esperienza speciale: ieri sera sono stato una buona guida!

Ocone e Camozzera

Le preoccupanti previsioni meteo per la serata rendevano impensabile la prevista notturna al Monte Due Mani. Così, contattando un po’ di “habituè” dalla comprovata capacità, ho fatto loro una proposta alternativa: partire la mattina da Carenno, Passo del Pertus, Monte Ocone, Monte Camozzera, la Passata e ritorno sulla DOL. Il risultato è stato una appassionante e suggestiva “cavalcata” sulla parte più orientale del Sentiero delle Creste al Resegone. Partiti alle nove eravamo novamente a Carenno alle tre del pomeriggio, ampiamente in tempo per sfuggire ai nubifragi previsti per le diciotto. É però sufficiente una rapida incursione come questa per rimanere affascinati dalla bellezza, unica nel suo genere sul Lario, del Monte Resegone. Monte Spedone, Monte Ocone, Cima Camozzera, Cima Quarenghi, Cima Piazzo, i Solitari, Pizzo Brumano, Pizzo Daina, Torre di Valnegra, Cima Resegone, Punta Stoppani, Punta Manzoni, Dente, Cima Pozzi, Pan di Zucchero, Pizzo dei Galli, Pizzo Morterone: ecco il Sentiero delle Creste nella sua stupefacente interezza. Il crinale tra l’Ocone ed il Camozzera, con i suoi passaggi impegnativi e spesso tecnici, mostra anche quanto sia necessario possedere esperienza, passo fermo e preparazione fisica per affrontare un “viaggio” simile. La cresta dal Monte Ocone al Camozzera, un’escursione riservata solo ad escursionisti esperti, è intensamente affascinante: con il gruppo giusto conto di tornarci anche in autunno, magari aggiungendo qualche altro “dente” prima dell’arrivo della neve.

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