Il Monte Barro fa bella mostra di sè dal terrazzo di casa mia: ogni volta che vado in salotto me lo ritrovo davanti attraverso le grandi vetrate. Curiosamente i Corni, il Moregallo, il Birone, sono tutti alle spalle, visibili solo allungando il collo attraverso finestre più piccole. Nonostante questo non ero mai stato in cima al monte Barro: forse, perchè devo attraversare a piedi la ferrovia, perchè è meno alto, perchè c’è meno roccia, soprattutto perchè nell’immaginario collettivo è considerata una montagna da poco, quasi una “non-montagna”. In realtà, dopo esserci stato solo tre volte, credo sia un’assoluta falsità e che il Barro abbia delle potenzialità nascoste, ragguardevoli ed assolutamente inaspettate!
Bene, NikyBoy voleva fare un giro, due passi ed un paio di chiacchiere. Così dopo pranzo abbiamo puntato al Pian Sciresa e da lì siamo saliti verso il Sasso della Vecchia. Ancora non conoscevo quel nome, per me era solo il grosso monolito ben visibile tra i prati che osservavo da casa nelle giornate d’estate. Mi ero spesso chiesto se fosse “arrampicabile”, una volta avevo anche preso il binocolo per osservarlo meglio. Tuttavia mi ero convinto fosse una pila di sassi fragile, il classico scoglio che si sgretola. Invece, sorpresa, offre roccia di qualità magnifica!
Istintivamente ho appoggiato le mani trovandovi grandi maniglie e comode tacche. Prima di rendermene conto mi ero già alzato da terra curiosando tra le fessure in cerca di appigli e protezioni. Ciliegina sulla torta una solida pianta che sulla sinistra sembra chiamare a voce una fettuccia o un cordino. “Spettacolo! Qui puoi salire un po’ ovunque!”. La difficoltà, a naso, ricorda il primo passaggio impegnativo della Crestina Osa, però più lungo e continuo nella verticalità. Gioco un po’, senza trascurare che si è subito a tre o quattro metri da terra e che tutto il blocco sarà sui sei o sette metri, abbastanza da picchiare giù davvero duro. Uscire in alto alla cieca sarebbe pretestuoso e velleitario, se mi salta una presa finisce il divertimento, tuttavia la roccia sembra buona e promettente. Traverso e raggiungo un canalino alle spalle, che rimonta alzandosi sul prato. Da lì arrivo in cima senza difficoltà e sulla sommità trovo uno spit arrugginito: gira, è mezzo fuori ed è tremendamente pericoloso. Tuttavia, in modo grezzo, qualcuno ha avuto la mia stessa idea ed arrampicare sul Sasso della Vecchia forse appartiene alla tradizione. Quello spit è inutile e malmesso, ma fortunatamente con un paio di cordini si può realizzare una buona sosta anche senza.
Alla croce del Pian Sciresa avevo letto diverse lapidi, una era dedicata a due ragazzi. Il nome di uno dei due mi aveva particolarmente colpito perchè, Ercole Esposito, era omonimo del famoso Ruchin di Calolzio. Riccardo ed Ercole, insieme ad un Gianni aggiunto poi, sono i nomi del monumento alla base del Sasso. “Caduti nella generosità della salita” recitava a Pian Sciresa. Forse i due giovani sono caduti proprio sul sasso, forse cercando di imitare i grandi hanno tentato la salita con una corda facendosi sicura a spalla, forse la caduta li ha trascinati di sotto entrambi. Non so e purtroppo non saprei a chi chiedere, toccherà investigare…
Un’altro aspetto del Barro che non ti aspetti è la vista: un terrazzo magnifico sulle montagne e sui laghi. Nel cielo terso di queste atipiche giornate invernali era possibile curiosare ovunque, lasciando che il sole basso disegnasse ombre impreviste sulle pieghe delle montagne. Solo per questo il Barro meriterebbe molto più rispetto. Inoltre, tutti i canali e gli speroni del versante Est sono tutt’altro che “paglia”. Ci sono angoli brutalmente selvaggi in cui serve pelo e forse incoscienza per andare a curiosare. Io un pochino sono andato a metterci il naso ma non è cosa da prendere alla leggera. Un RavanoPark che offre solo due opzioni: o fai il giro o dai battaglia dura!
Visto che ero in compagnia chiedevo a NinkyBoy di aspettarmi sul sentiero, di farmi da guardia, e girovagavo alla base delle pareti più accessibili. La roccia è buona, un misto tra quella dei Corni e quella del Moregallo: quindi buona ma difficile. Non ci sono paretoni, non escono vioni infiniti, ma qualche buon monotiro o qualche vietta di due o tre tiri sì. Così mi sono messo a cercare vecchi chiodi, segni del passaggio di qualcuno. Alla fine qualcosa ho trovato!
Vecchi chiodi a pressione, un chiaro tentativo con le staffe che però si arresta su un chiodo ad anello da cui probabilmente si sono calati. Credo abbiano visto la grande onda strapiombante verso cui puntavano dritti ed abbiano deciso di tirare i remi in barca prima di essere travolti dallo tsunami. Tuttavia, complice forse la mentalità dell’epoca, avevano tentato una “diretta” senza rendersi conto delle opportunità che tutto intorno offre la roccia ( e che invece mi stuzzicavano!). Una spaccatura tra due pareti ed un sasso incastrato creano un bel camino in cui sono salito in opposizione quasi fino all’uscita: “Ma sai che è proprio bello qui! Per viver sereni servono un botto di chiodi – la roccia è sfuggente come quella dei Corni – ma le possibilità ci sono tutte!!”. Troppo ravanosa e troppo poco trendy per la spit-generation della falesia di Galbiate, difficilmente qualcuno verrà fin quassù a far danni con il trapano, tuttavia la zona è decisamente intrigante per gli amanti dell’esplorazione e delle salite vecchio stile.
Dalla cima siamo scesi lungo un crinale erboso sul versante est. Il sentiero che sembrava promettente si è poi perso tra il paglione e le roccette ma ero intrigato dalla costruzione senza tetto, dalla grande chiesa, che era ben visibile dall’alto. San Michele: la millenaria chiesa incompiuta, un’altra sorpresa imprevista del Barro. Di nuovo a Pian Sicresa si è fatto presto a rientrare a casa. Un giro ad anello decisamente interessante: seduto in salotto ora ho un’idea ben diversa del piccolo ma indomito Barro. Ringrazio NikyBoy per la compagnia e per le foto: davvero consigliabile farsi un giro da quelle parti!
Davide “Birillo” Valsecchi