Questa volta sono nei guai, mi serve un po’ del vostro aiuto. Vedete, qualche giorno fa Elisabetta “Eli” Nava (“Amici del Brioschi”) mi ha inviato il link al concorso “Vagabondi delle montagne”, la quinta edizione di un contest per blogger. L’idea è interessante e così ho fatto l’errore di mostrarlo a Bruna, mia moglie. La mia “bergamasca” è stata piuttosto esplicita: “Se non partecipi questa volta ti stacco la testa!”
Non è mia abitudine prendere parte alle competizioni, ma il tema è calzante nonostante il limite di 400 parole sia una gabbia piuttosto opprimente per il mio modo di scrivere: “… vagabondi liberi da mode e condizionamenti, capaci di liberarsi del superfluo. Il senso del viaggio sta nella scoperta del sentiero, negli errori di percorso, negli incontri e nelle emozioni che viviamo, indipendentemente dalla meta.” (Sito BloggerContest)
Così in due giorni ho “buttato giù” due testi. Di getto, perchè mi piace cogliere l’attimo in cui scrivo, non smacchinare troppo sulle parole, forzarle perchè si incastrino. Inoltre, visto, che il concorso è un suggerimento di “Eli” li ho scritti entrambi sulle Grigne: uno sulla Grignetta, uno sul Grignone.
Ora però non so quale scegliere. Sono due storie diverse, entrambe un po’ “borderline” sul tema del concorso (...in fondo sono un vagabondo, vado e scrivo come mi pare…). Mi scocciava però “buttarne” uno dei due, così ho pensato di farveli leggere entrambi e chiedervi aiuto nello scegliere. Testo e foto devono essere pubblicati anche nel proprio blog, ma non devono aver partecipato ad altri concorsi. Quindi siamo apposto: fatemi sapere cosa ne pensate!
Davide “Birillo” Valsecchi
#1 Stramberie indigene
[Maggio 2011] Ai piedi della Grignetta ci aveva centrato in pieno il temporale: contavo di arrivare al bivacco Ferrario per la notte, ma i fulmini dicevano il contrario. Prima della pioggia montiamo la nostra vecchia tenda in un boschetto sopra il Rifugio Porta. Quattro giorni prima eravamo a Como: vestiti puliti, faccie riposate. Poi la Dorsale Lariana fino al San Primo, Corni, Moregallo, poi giù a Lecco e su per il Coltignone. “Facciamo il giro del Lario attraverso le 22 cime che si affacciano sul lago?”. Che malpensata …eppure fascinosa.
Pakistan, India, Tanzania, Congo: forse una volta ero un alpinista serio …perchè mi ero messo a vagabondare come uno scappato di casa tra le montagne del lago? Forse avevo solo bisogno di una scusa, di un pretesto per curiosare, per andare. Ma la faccenda non era poi tanto da ridere: duemila metri di dislivello al giorno, ogni giorno, con la tenda in spalla, sotto il sole e gli acquazzoni di maggio. Fradici e puzzolenti eravamo chiusi nella tenda mangiando pane in cassetta ed affettati: soldi ne avevamo davvero pochi quella volta. Che ironia. Sul confine con la Cina avevo tre asini, una cucina da campo e dormivo sotto un paracadute trasformato in tenda: comodo fare l’avventuriero in terre lontane!
Un GPS non potevamo permettercelo, nè avremmo potuto ricaricarlo. Per noi solo cartine bagnate in scale troppo grandi. Ogni mattina ci svegliavamo puntando a vista la montagna successiva, cercando di imbroccare il percorso più corto (…fallendo miseramente!)
Al alba, dopo il temporale, saliamo su per la Cermenati, decisi ad attraversare le Grigne in giornata: dovevamo raggiungere la Valsassina prima che chiudessero i negozi o non avremmo avuto cibo per i giorni successivi. Che vitaccia!
Al Ferrario una figura solitaria emerge dalle nuvole, probabilmente dalla Segantini, avvicinandosi incuriosita. La mattina presto di un giorno di brutto tempo: eravamo gli unici sulla Grignetta. Noi con gli zaini carichi, lui leggero come per una distratta passeggiata. Ci sediamo insieme e gli raccontiamo la nostra storia. “Mi piace! Bell’Idea! Bravi!” Sorridente ci stringe la mano e ci saluta mentre ci avviamo verso il canale Federazione: era Marco “Butch” Anghilleri, non lo avevo mai incontrato ed è così che mi piace ricordarlo.
Ci sono voluti altri undici giorni ma lo abbiamo finito il nostro viaggio, abbiamo chiuso il nostro anello e ne abbiamo iniziati di nuovi. Grazie per averci incoraggiato, in una cupa mattina grigia, ad insistere nella nostra “stramberia indigena”.
#2 Zingarando con Efas
Eccomi qui, sdraiato su un prato di stelle alpine con i piedi a ciondoloni nel vuoto della grande parete Fasana. Era tanto che volevo venire quassù, ma la pigrizia del “troppo lontano”… che poi è solo sull’altra sponda del lago, sull’altro versante della montagna che mi saluta ogni mattina.
Figurarsi, lontano… In Pakistan una montagna di 5100 metri porta il nome che le ho dato il giorno del mio compleanno, quando avevo vent’anni. Poi India, Himalaya, Cina ed ancora Congo, Tanganika, Tanzania: c’è un età in cui le risposte sembrano per forza lontane, e si dimentica che la prima vera avventura è stata nel giardino di casa, sulla roccia dietro il pollaio.
Eccomi qui, sulla cima del Pizzo della Pieve. ”La Grigna non è una montagna, è un mondo” diceva Cassin, ed aveva ragione: lui, Comi e Boga hanno aperto diverse vie su questa immensa parete, ma i primi ad avventuravisi nel ‘25 furono Eugenio Fasana e Vitale Bramani. Che personaggi!
Tre anni fa ho salito il camino Fasana sull’omonima parete ai Corni di Canzo, le mie montagne. Chiodi vecchi, roccia difficile, roba fuori moda. Pubblicato il racconto della salita mi hanno contattato i bisnipoti di Fasana e, poco dopo, persino la figlia, Colombina. Una nonnina dolcissima che arrampicava con Tita Piaz quando il padre vagabondava in corriera tra le Dolomiti.
Vagabondare, già, si fa in fretta a dirlo. Che poi la gente si immagina degli sprovveduti a zonzo, pronti a cacciarsi nei guai. No, forse un vagabondo non sa dove vuole andare, ma sa benissimo dove sta andando. Lo legge nelle nuvole, nel sole, nei segni del vento. Lo legge nelle difficoltà, nelle distanze, nel proprio respiro. Forse non ha sempre una cartina nel suo zaino, ma ad ogni passo quella nella sua testa si evolve, si arricchisce di dettagli e colori. Il vagabondo è un equilibrista, in equilibrio tra ciò che vuole e ciò che può, tra ciò che è e ciò che lo circonda. L’equilibrio è una magia in continua trasformazione che definisce chi sei, non ciò che fai. Una magia capace di trasformare chiunque in vagabondo, esploratore, avventuriero.
Chissà… forse anche per questo piace scrivere, raccontare. Anche questo è equilibrio, tra i ricordi ed il presente, tra noi stessi e tutti gli altri. Già, eccomi di nuovo qui, insieme a voi, in un prato di stelle alpine con i piedi a ciondoloni nel vuoto.
Davide “Birillo” Valsecchi
Nb: “Efas” è lo pseudonimo usato da Eugenio Fasana, mentre “zingarando” è un omaggio al grande Luigino Airoldi.