“Avrai anche la bandana ma non sei il capo: non hai munizioni infinite!” Mio fratello snocciola una citazione di classe alla “Metal Gear Solid” direttamente dal 1998. Sghignazzo squadrandolo di sbieco: “Guarda che io sono Big Boss anche senza la bandana…”. I fratelli Valsecchi: una strana miscela capace, in qualche modo inspiegabile, di compensarsi vicendevolmente.
Un violento temporale aveva da poco spazzato la valle. Tuttavia un vecchio amico era passato a trovarci e l’idea di chiuderci in un bar ad aspettare il bel tempo non mi allettava molto. Siamo “peripatetici”: a volte quattro passi possono raccontare molto di più delle parole di circostanza.
Così ci mettiamo in cammino comunque, anche se il buon senso suggerirebbe diversamente. “Dai, forse si apre fuori un po’…” Dalla chiesetta di San Martino risaliamo le pendici del Corno Birone puntando al sentiero “Luisin”. Il piano originale prevedeva il Sentiero della Vasche ma, dopo la botta di pioggia, il rumore del fiume in piena si sente anche fuori la valle: infilarsi in quella forra sarebbe decisamente stupido …persino per noi. Così prendiamo il sentiero attraverso i prati ed iniziamo a salire costeggiando dall’alto la valle Inferno.
Quando finalmente il sentiero torna pianeggiante cambia il vento e dalla piana si fanno avanti nubi bianche cariche di pioggia e fulmini. “Dannazione fratello, pare che a Luglio tu sia abbonato con i temporali!” mi sfotte Kekko ma, visti i precedenti, conviene affrettare il passo. Il temporale allunga i suoi tentacoli bianchi nella valle e la pioggia inizia a caderci addosso sempre più pesante.
“Forza! Più avanti so dove possiamo ripararci!” La pioggia suona un ritmo sempre più eccitato sulle foglie degli alberi ed i nostri passi si fanno sempre più veloci tra le pozzanghere che già invadono la traccia “…basta poco per divertirsi, nevvero!?”
Finalmente raggiungiamo il gigantesco masso erratico di serpentino a cui stavo puntando. Il piccolo torrente adiacente, solitamente in secca, ora è carico d’acqua ma sotto il grande masso sono stati inalzati dei muretti a secco: quello strapiombante tetto naturale ci ripara dalla pioggia.
Siamo ormai fradici ma all’asciutto. La temperatura, nonostante sia luglio, sembra precipitare e l’acqua comincia a trasformarsi in brividi lungo la schiena. Mi fratello, con gli stessi gesti di suo padre, si infila in bocca una sigaretta dandogli fiamma con l’accendino.
Entrando in quel precario riparo avevo calciato via un pila di merda d’asino ammonticchiata in un angolo: avevo fatto rapida pulizia prima che i miei compagni, un po’ “snob”, potessero contestare le “comodità” del nostro nuovo riparo. Tuttavia l’asino aveva cagato su una bella pila di legni secchi e paglia che probabilmente erano stati il suo giaciglio asciutto durante la notte. L’accendino di mio fratello suggeriva un’accattivante idea: “Facciamo fuoco!”
Senza la capacità di accendere il fuoco l’umanità non avrebbe creato alcun tipo di civiltà. Questo è un fatto. Così come è un fatto che oggigiorno accendere un fuoco sia tra le cose più comunemente proibite (e punite). Certo, ci sono milioni di buone ragioni e la prevenzione degli incendi boschivi è tra le principali. Tuttavia è curioso ammettere come la nostra attuale civiltà sia composta da individui a cui vada preclusa la padronanza del fuoco.
Visto che i miei soci erano fradici, che eravamo nel bel mezzo di un temporale e che tutti i rigagnoli asciutti dalle valle si erano trasformati in torrenti gonfi d’acqua, ho deciso che avrei unilateralmente preso possesso di alcuni dei miei diritti naturali. Ho scavato una piccola buca, l’ho circondata con delle piode di serizzo di importazione erratica ed ho innescato un po’ di paglia secca. Nel giro di qualche minuto avevamo ricreato la magia del fuoco ed i nostri vestiti inzuppati iniziavano ad asciugare tra piacevoli sbuffi di vapore.
“Oggi in montagna si va con vestiti di plastica… forse è per questo che il fuoco non sembra più far parte dell’alpinismo”. Forse è anche per questo che i cacciatori, quelli autentici che vivono ancora nel cuore buio del bosco, hanno mantelle di loden ed infittiti vestiti di lana. Ma ahimè, vallo a spiegare a certi vegani quanto il mondo sia radicalmente diverso e distante dalle loro innaturali e benpensanti idee moderne…
Per due ore e mezzo ce ne stiamo rintanati sotto il nostro sasso mentre la pioggia imperversa. Poi, semplicemente per pigrizia, ci concediamo un’altra mezz’ora di bivacco.
Quando è il momento di andarcene mando mio fratello a riempire una bottiglia d’acqua al vicino torrente. Quando torna ci disponiamo in cerchio attorno al fuoco: “Occhio agli schizzi… godetevi lo spettacolo!”. Il fondo della mia buca si è riempito di una meravigliosa brace viva ed i sassi che ho messo intorno, gli stessi con cui si fanno le pentole in Val Malenco, hanno la straordinaria capacità di trattenere calore. La prima bottiglia d’acqua soffoca mortalmente le braci ma sfrigola sulla roccia calda esplodendo verso l’alto come caldo vapore acqueo. “Eccovi la nostra sauna privata: bagno turco!”
Il calore, trasportato dall’umidità, risale goduriosamente verso l’alto avvolgendoci attraverso i vestiti. “Senti come sale su per i pantaloni corti!” Per un po’ ci siamo abbandonati a quel piccolo piacere inatteso. Dopo avere rovesciato 11 bottiglie da un litro e mezzo le pietre erano ancora calde ed asciutte. Il fuoco era però ormai irrimediabilmente spento: potevamo rimetterci in marcia, verso casa, dove Bruna ci aspettava con un piatto di pasta calda. Davvero dura l’avventura alle volte….
Il giorno successivo, con un caldo torrido ed un sole cocente, io e Keko siamo tornati sul Birone per continuare la nostra piccola esplorazione sul versante del “Luisin”. Per curiosità siamo tornati al nostro piccolo rifugio per controllare che tutto fosse in ordine (…e per impilare nuovi legni al posto di quelli consumati). “Hey! Ma ieri qui c’era un fiume! Ora è completamente asciutto!”. Già, il fuoco e l’acqua trasformano il mondo: curioso il modo in cui abbiamo comunemente dimenticato segreti e misteri che ci hanno accompagnato per millenni attraverso l’oscurità.
Davide “ Birillo” Valsecchi