Il 22 Gennaio era cerchiato in rosso sul mio calendario come una data che scotta. Più o meno a Dicembre mi aveva telefonato Ivan Guerini: «Ciao Davide, mi hanno invitato a Lissone per presentare un film sulla Val di Mello: Patabang. Io il film non l’ho mai visto, ma me l’ho ha chiesto un amico e penso di andarci. Mi hanno chiesto una foto per la locandina: mi giri quella fatta alla sosta sull’albero?»
Colto completamente alla sprovvista ho risposto ad una domanda con una domanda: «Ma… Ivan, sei sicuro di voler presentare quel film?» In realtà la cosa mi preoccupava e divertiva allo stesso tempo: la miscela che stava per essere innescata era davvero esplosiva!
“Patabang” è un film del 2013 realizzato da Andrea Frigerio, “Uomini e Sassi” invece è un film del 2004 di Luigi Cammarota. Il primo ha vinto il premio Orobie Film Festival nel 2014 mentre il secondo ha vinto lo stesso premio nel 2010. Nel primo compaiono Jacopo Merizzi e Paolo Masa con il commento di Simone Pedeferri. Nel secondo Ivan Guerini, Monica Mazucchi ed i Melàt. Entrambi i film descrivono la “vera” storia della Val di Mello. La cosa curiosa è che, salvo lo stesso granito su cui sono ambientate, le due storie appaiono assolutamente diverse, a tratti opposte!!
All’epoca avevo visto “Patabang” pochi giorni prima di conoscere Ivan Guerini sulla Panzeri al Pizzo d’Erna. Attraverso il film, che ruota attorno ad Ivan senza che lui compaia mai una volta, mi ero fatto un’idea ben precisa, ma assolutamente scorretta, di chi fosse il Profeta della Val di Mello.
Dopo aver conosciuto Ivan e Monica, due persone la cui complessa semplicità è il cuore e lo spirito della magia che fu della Val di Mello, non potrete rivedere Patabang senza provare un latente senso di fastidio. Io non ho idea di cosa davvero sia successo in quegli anni, ma ci sono passaggi e battutine di Patabang che mi paiono a tratti ingiustificati e provocatori.
Il mio affetto per Ivan è innegabile. L’idea che avesse l’opportunità di “parlar chiaro” mi eccitava ma avevo anche il timore che un fiume di ricordi e tristezza potesse travolgerlo, ferirlo. Non sapendo bene cosa fare ho fatto quello che faccio di solito e che mi riesce meglio: “vis pacem para bellum”. Ho contattato la squadra ed ho chiamato a raccolta il nostro gruppo: Mav, Andrea e Brambo oltre a Bruna, Gio, Paola, Giusy e Maurizio.
I Badgers si sono schierati ed hanno riempito la seconda fila del teatro. Via le luci dalla sala, parte il film. Bruna al mio fianco mi stringeva il braccio ogni volta che mi irrigidivo. Con Ivan ho arrampicato, mi sono sbronzato, ho scherzato e discusso seriamente. Conosco bene il suo sorriso e con ansia ho osservato il suo viso illuminato dal riflesso dello schermo. Il suo sguardo era serio, a tratti nostalgico: per quanto mi sforzassi non riuscivo a comprendere quale fosse il vortice di emozioni che lo attraversava. «Amico mio, cosa hanno fatto ai tuoi sogni?»
Luce in sala. Ivan Guerini e Luca Pedeferri si alzano in piedi e raggiungono il presentatore della serata. Ecco la domanda fatidica: «Ivan, tu non avevi mai visto il film: cosa ne pensi?» Attimi infiniti di tensione, Bruna mi stringe la mano, Ivan prende il microfono: «Credo che questo film non rispecchi la val di Mello, ma solo le persone che nella valle si specchiano».
SPATABANG! Guero spara una bordata di gran classe da tre punti! SixOneNine con FrogSplash dalla terza corda!! Quel vecchiaccio è leggenda vera!!!
Poi entrano nel dettaglio: Patabang inizia con un cartone animato in cui un Hippie stilizzato tira una pietra ad una statua eroica di un alpinista. Crea un parallelo tra la contestazione del ‘68 e le trasformazioni dell’arrampicata. “Guero”, decisamente contrariato, cerca di raccontare come lui non sia mai stato un contestatore della tradizione alpinistica, come non abbia mai sentito il bisogno di entrare in competizione o, peggio ancora, deridere gli alpinisti che lo hanno preceduto. A conferma di questo, se ce ne fosse bisogno, la maggior parte dei suoi attuali scritti sono una paziente opera di conservazione e valorizzazione delle storie e degli uomini che sono alla base della tradizione stessa.
Qualcuno dalla platea però contesta: «Perchè le due visioni non possono coesistere e confrontarsi?» Ivan, assolutamente sereno, si è limitato a rispondere «Tu potresti coesistere con qualcuno che, appropriandosi della tua casa, la stravolgesse completamente rendendola per te invivibile?»
Io ho “intravvisto” la Val di Mello di Ivan confrontando i suoi racconti con i miei ricordi della valle di Mathanter in Pakistan (all’epoca ancora inesplorata e popolata solo da pastori di capre). Credo che la Val di Mello contemporanea sia lontana anni luce dalla sua visione originale. Ormai ridotta ad un concentrato di finto anticonformismo autenticamente elitario, il palcoscenico dove coloro che vogliono sentirsi diversi si riuniscono per fare tutti la stessa cosa, vestire, parlare ed atteggiarsi allo stesso modo. Il trionfo commerciale di una schiavitù culturale spacciata ed ostentata per libertà. Tutto questo mi disorienta, non è un posto che fa per me, non è un luogo in cui posso sognare di perdermi…
“Crik e Crok” se la cantano ammiccando piacioni a favore di telecamera per tutto il film. Si sono autoproclamati iconoclastici eroi della valle, infarcendo tutta la questione di retorica, goliardia provinciale e pseudo ideologica. Pare piacciano a tutti, sghignazzando hanno fatto la storia, ma onestamente non godono della mia simpatia…
Discorso diverso per Simone Pedeferri. Mi conoscete: c’erano i presupposti perchè mi risulatasse antipatico ma, a sensazione, mi ha sorpreso e piacevolmente incuriosito. Nel film, ma anche durante la serata, è sempre stato molto genuino ed onesto nel trasmettere le proprie sensazioni ed emozioni. Credo che come molti della nostra generazione possieda più dubbi che certezze, che nonostante la sua straordinaria esperienza stia ancora “cercando”. Questa sua inquietudine ha vinto la mia diffidenza rendendomelo simpatico. Contro ogni previsione ci siamo abbracciati scattando insieme una foto: un gesto semplice di amicizia tra due sconosciuti che si incrociano per caso. Mi è piaciuto incontrarti: se vuoi esplorare “trad” sull’Isola Senza Nome sei il benvenuto!
Comprendere il sogno originale della Val di Mello senza conoscere Monica è quasi impossibile: Ivan è solo metà della storia. Così, per avere una visione femminile, il giorno dopo ho chiesto consiglio a Bruna, mia moglie. Lei ed Ivan a volte vanno d’accordo e a volte si detestano: di sicuro è più imparziale di me. «Bru, dammi una mano a capire: tu cosa pensi della serata di ieri?» Gli uomini hanno la chiave della vita, ma le donne quella della conoscenza: «Sono davvero due modi di fare diversi. Ivan non è uno a cui interessa la conquista, a lui interessa davvero esplorare e conoscere, scoprire i dettagli della roccia. Entrare in sintonia con la natura, vivere l’avventura. Davvero. C’è chi scopa e chi fa l’amore: due modi diversi di fare la stessa cosa». Io non avrei saputo riassumerlo meglio.
Ringrazio il Cai di Lissone: gli organizzatori sapevano benissimo cosa stavano combinando ed hanno dato vita ad una serata davvero storica e piacevole!
Davide “Birillo” Valsecchi
– Il vero segreto della Val di Mello è una storia d’amore –
«Le prime vie le iniziamo a tracciare insieme. Non saprei dire se visto dall’esterno potevo sembrare più innamorato di lei o di quello che stavo facendo. Certo è che anche lei si innamorò di quello che stavo facendo. Arrampicare in coppia vuol dire amare talmente tanto da non temere per l’altra persona. Le situazioni estremamente serie facevano pensare che la ragazza era meglio non venisse con te, e invece era troppo forte l’impulso di andare assieme con la ragazza a fare queste cose. Tant’è che la vera ragione per cui in quegli anni non ci successe mai niente fu proprio perchè non eravamo complici di una meta da raggiungere, ma eravamo estremamente legati ed uniti a quello che facevamo.» I.G.