L’eccitazione è dovuta al fatto che stringono finalmente tra le mani la loro prima corda: 50 metri di cotone di 12 millimetri di diametro. Qualche moschettone l’avevano già comprato. Insomma, lo spartano equipaggiamento ora appare loro completo. Adesso possono cimentarsi su qualche via, arrampicare sul serio! Resta da decidere da dove cominciare. Le guglie della Grignetta le conoscono bene, dal basso. «L’altra domenica ho visto due che salivano sull’Angelina», dice Villa. E’ fatta: Guglia Angelina, via normale.
Il Boga ricorda che la prima ascensione è del 1911, fatta da Fanton e Andreoletti; quest’ultimo battezzò il pinnacolo col nome della madre. Lo ha letto sul bollettino del Club Alpino. Ed eccoli lì, risalire in sei verso la Val Tesa e il Canalone Valsecchi. Boga capocordata, Villa viene scelto come secondo in quanto conoscitore della via perché aveva visto la cordata salirla; poi seguono Cassin, Comi quindi gli altri. Pronti via, poco dopo la partenza sale la nebbia, fitta, densa, che non permette di vedere a più di due metri. Ma chi può arginare l’entusiasmo degli esordienti?
Comunque in qualche modo arrivano a un terrazzino dove possono radunarsi, seppure molto stretti. Boga guarda Villa: «E adesso?» «Non so, forse bisogna andare a destra. O magari a sinistra.» Dell’Oro scuote la testa: «Ho capito», dice e parte verso destra. Arriva su un’altra piccola cengia e con la corda fa salire Villa. Intanto Pino Comi sale sulla sinistra, sparisce nella nebbia, si affaccia sulla parete est e grida: «E’ di qui, l’ho trovata. Riccardo vieni su a vedere, che andare da solo non mi fido.» C’è un momento di confusione giù sul terrazzino, perché dall’altro lato chiama Boga: «Non è di qui, è un passaggio difficilissimo. Attenzione che faccio riscendere Mario.»
Cassin decide di salire fino da Comi, guidato dalla voce dell’amico. Lo raggiunge, è fermo davanti a una strozzatura. Riccardo si fa aiutare da lui e la supera, poi si gira e gli dà la mano così che lo possa raggiungere. Adesso sono sulla cresta est e arrivano facilmente in vetta. Lo annunciano agli amici: «Ehi, siamo su, siamo in cima.» «State lì che arriviamo», urlano dal basso. «Mi vien da ridere – dice Comi a Cassin – la corda ce l’hanno loro, dove vogliono che andiamo?»
«Mario, ci sarà poco da ridere se non arrivano fin qua», ribatte Riccardo. «Perché da qui, senza la corda, per scendere dovremmo avere le ali.» In mezzo alle folate di nebbia, però, ecco comparire un’ombra. E’ Dell’Oro che si tira dietro come una chioccia gli altri tre compagni legati alla sua corda. Nessuno sa come si scende. «M’hanno detto che è stato piazzato un anello nella roccia, per far passare la corda quando si scende», sostiene Boga. Riccardo cerca sulla piccola vetta e, sulla parte opposta a quella dove sono sbucati, lo trova: «Eccolo qui.» Fanno un nodo a metà della corda in modo che non possa sfilarsi. «Vai tu per primo, io faccio l’ultimo», dice Cassin.
Dell’Oro scende utilizzando metà corda e Riccardo lo assicura con l’altra metà, sparisce nella nebbia. Un po’ di ansia: arriverà sul terrazzino o la corda sarà troppo corta? Cominciano a valutare la loro imprudenza. Poi giunge la liberazione dalla voce del Boga: «Son giù!» Uno dopo l’altro, lo raggiungono tutti. Riccardo disfa il nodo, non avrà nessuno a fargli sicurezza! Tiene in mano i due capi della fune, che passa libera dentro l’anello di calata, le afferra e si lascia scivolare nel vuoto. La cima sparisce nella nebbia, la parete è ora davanti agli occhi; poi, sotto, le figure sfuocate dei compagni, fino al “Ci sei” del Boga.
Cassin a quel punto tira un capo della fune che, sfilandosi dall’anello, precipita con un fischio sul terrazzino. La loro prima ascensione era, in qualche modo, compiuta.
– Tempo fa avevo letto uno scritto in sui si raccontava di come Cassin e Boga, quando non arrampicavano insieme, si contendessero come “secondo di cordata” un alpinista locale di grande pazienza e capacità. Un alpinista famoso di cui, tuttavia, non ricordo il nome (credo fosse Giuseppe Comi). Cercando in rete quell’articolo mi sono imbattuto in questo passaggio tratto da “Cento anni in vetta. Riccardo Cassin. Romanzo di vita e alpinismo”, un libro scritto da Redaelli Daniele per Alpine Studio (Link IBS).
Senza volerlo ho trovato qualcosa di altrettanto prezioso: il racconto della prima salita di Cassin e compagni.
Davide “Birillo” Valsecchi