“Davide Valsecchi… un nome pesante da portare in Grigna” Gli stringo la mano ed ingenuamente chiedo perchè. Lui è Alberto Benini, scrittore di montagna e conoscitore della storia dell’alpinismo.La sua risposta è gentile ed accompagnata da un sorriso: ”E’ il nome dell’alpinista che ha costruito il rifugio Rosalba”. Benini nell’aspetto e nei modi mi ricorda Emmett “Doc” Brown, lo scienziato di “Ritorno al futuro”: mi è subito simpatico e nel corso della serata sarà per me un vero piacere ascoltarlo.
Con noi anche Luca Zuccala, un ragazzo che conosco pochissimo ma che considero come un amico stretto. Luca è il bisnipote di Eugenio Fasana. Se non conoscete Fasana probabilmente questa è la prima volta che capitate sul mio blog: “Fasana Sensei” è colui che ha tracciato la prima via ai Corni di Canzo, è il padre fondatore, l’ispirazione originale da cui attingere.
Lo è stato ai Corni, al Monte Rosa, ma sopratutto in Grignetta dove sue sono la maggior parte delle vie normali e delle classiche per eccellenza. Un talento che nei primi del ‘900 spaziò su tutto l’arco alpino lasciando sulla roccia il suo segno delicato ed indelebile.
Fasana è il padre dell’alpinismo lombardo ma, nonostante fosse un fervido scrittore di montagna, è molto poco ciò che oggi è possibile sapere su di lui. Inspiegabilmente non ci sono pubblicazioni o mongrafie a lui dedicate. Luca, che è un giornalista d’arte, è finalmente riuscito a realizzare un libro, un piccolo e prezioso volume che descrive l’aspetto più inatteso di Fasana, quello artistico.
Oltre agli scritti, ai racconti ed alle poesie anche disegni a china, a carboncino, acquerelli e fotografie. Le opere di Fasana artista divengono il tramite con cui comprendere lo spirito di Fasana alpinista.
Accucciato sul fondo della sala osservo la presentazione del libro standomene appoggiato al muro, a ridosso del soffio refrigerante del condizionatore. Poi “Doc” Benini, tenendo disordinatamente in mano un plico di fotocopie, inizia a leggere dei passaggi tratti dai racconti di Fasana.
Il mio corpo reagisce ancora prima della mia mente. Senza rendermene conto cambio la postura, mi stacco dal muro, mi raddrizzo quasi sull’attenti, istintivamente assumo una posa di rispetto mentre immobile ascolto il racconto. Eugenio Fasana “parla” e la mia mente si commuove, si perde stupita nell’inspiegabile legame che accomuna anime tanto distanti nel tempo.
“Sono trascorsi più di dieci anni da quel giorno e le arrampicate «stile torcibudella» si sono nel frattempo susseguite con un crescendo rossiniano. Così, ai procedimenti sregolati ed empirici si vennero sostituendo, di mano in mano, sistemi più logici ed organici; di maniera che i modernissimi rocciatori dolomitici, che a mo’ d’esempio vanno a sfogare la delusione del riposo domenicale ebdomadario tra le rupi tormentate delle Grigne, si sono perfezionati, largamente profittando dell’esperienza altrui, nell’uso di quelli strumenti; i quali però son sempre gli stessi, da poi che non ne vennero escogitati di nuovi. Se ne conclude quindi che la tecnica di roccia non ha fatto altri sensibili progressi da dieci anni a questa parte.
E qui giunto, paziente lettore, io sbarro con tanto di catenaccio le porte della memoria; poi che le mie rivendicazioni, inerenti ad alcune piccole vittorie carpite alle montagne di casa, ti saranno parse non meno vane dei miei ragionamenti che sopra ci ho fatto: bricciche, forse, che a te non diran nulla; e per le quali taluno potrebbe anche trovare a ridire, domandandomi in confidenza, e non senza ironica invenzione, che cosa alla perfine m’è valso simil genere di conoscenza.Viaggia, fruga e domanda, scala un monte e scalane un altro, senza uno scopo pratico o un fine utilitario, che t’è giovato questo per la vita di tutti i giorni? Hai imparato a manovrare corde e a scalare precipizi; questo è tutto ed è troppo poco. Piano, amico mio. Tu dimentichi che ho imparato dell’altro: ho pensato di più, e soprattutto ho vissuto.”(Eugenio Fasana – Uomini di sacco e di corda, 1926)
Bravo Luca, è stata una bellissima serata. Grazie ”Doc”, per avermi donato una delle tue spiegazzate e preziose fotocopie. Grazie Eugenio, per l’esempio che sai essere.
Davide “Birillo” Valsecchi
Luca mi ha donato una copia del suo libro. La dedica con cui ha autografato il mio volume mi ha molto sorpreso e nel ringraziarlo vorrei condividerla con voi: “Al grande Davide, che lo spirito di Efas sia (un po’) con noi. Grazie del supporto e sostegno e della passione dei tuoi scritti che hanno aperto la “via” per scalare il “nostro” Fasana. Un abbraccio, Luca”. Sono io che ti devo ringraziare: è davvero una splendida avventura quella a cui stiamo prendendo parte.