Sono un po’ stanco, oberato ed ottenebrato. Quando ero all’università ogni trimestre dovevo sviluppare i progetti per le prove d’esame. Passavo le giornate e le notti davanti ad un computer condiviso appoggiato su una scrivania di formica recuperata tra i rifiuti in strada. Mangiavo pasta scotta cucinata in una cucina lercia, ammonticchiavo lattine vuote di birra “a mille lire”, dormivo in un letto a castello sfatto da settimane. Non era una scelta volontaria, ma una deriva inevitabile per quanto consapevole.
Fisso sullo schermo osservavo il codice scorrere, anche chiudendo gli occhi. Quando esausto mi addormentavo precipitavo sempre nello stesso incubo. Ero in un labirinto buio e le pareti continuavo a muoversi, scritte luminescenti ed allineate precipitavano lungo la loro superficie. Intrappolato in quell’abisso mi smaterializzavo in un etereo liquido azzurro, scivolando tra gli ingranaggi, insinuandomi nel meandro di possibilità e percorsi fino a saturare ed inglobare l’intero sistema. Paranoia ed omniscienza erano sguinzagliate in un costante ricerca del caso limite, dell’eccezione imprevista.
Poi finalmente arrivava il giorno della consegna: entravi in Università con gli ultimi vestiti puliti e finalmente ti riappropriavi della tua vita, della tua mente.
Sono passati anni ed a volte quella sembra la vita di un’altro, ma solo a volte. A fine mese ci sarà un’importante fiera a Londra, InfoSecurity Europe. Il motore antispam di cui sono responsabile è attualmente considerato a livello internazionale tra i primi due migliori al mondo. Piuttosto divertente come risultato, nevvero?
A breve rilasceremo una versione potenziata ed ottimizzata, che è ciò a cui sto lavorando incessantemente in queste settimane. Oggi, curiosamente, non scrivo più codice per gli esami universitari ma sono gli Atenei che, entusiasti, si offrono spontaneamente per testare il mio codice prima che sia reso pubblico. Ironia del tempo…
Nelle ultime settimane le mie giornate si assomigliano tutte. La mattina lascio la macchina a due chilometri dall’ufficio e mi avvio a piedi lungo le sponde del lago. Questo mi aiuta a trovare parcheggio ma sopratutto a bilanciare la mente prima di raggiungere la mia scrivania.
Alla fine di questa lunga maratona sono un po’ stanco, oberato ed ottenebrato. Sono un cervello su un paio di gambe che progressivamente perde contatto con la realtà: tutto appare distante, ovattato, ininfluente. La mia volontà si è fatta asettica ed omnipotente: accolgo ogni imprevisto con distaccata curiosità più che con disappunto. Osservo il riflesso dell’acqua nella luce del mattino, per un istante immagino la punta delle mie dita increspare la superficie dell’esistenza ed affondarvi oltre il velo di Maya. “Il mondo come volontà e rappresentazione”, caro buon vecchio e triste Schopenhauer, chissà se nelle tue speculazioni sul corpo e sulla mente, sul sogno e sulla realtà, ti eri reso conto che non esiste droga più pericolosa, potente e deviante della conoscenza.
«Il a disparu», già, Birillo è scomparso. Chiuso nel labirinto/laboratorio dei suoi pensieri non ha energie mentali da dedicare a coloro che gli sono cari, agli amici, ai progetti, all’aventura o alle montagne. Così è questo che vi chiedo: Mattia, Ivan, tutti i Badgers ed i lettori di Cima, portate ancora un po’ di pazienza. A breve smetterò i panni dello scienziato pazzo e tornerò a vestire quelli del nostromo, abbiate ancora un po’ di pazienza.
Davide “Birillo” Valsecchi