Il piano originale prevedeva la salita con Bruna per la normale al Pilastrello dei Corni di Canzo. Avevamo mezza giornata a disposizione e volvevo farle provare ad arrampicare ai Corni. Purtroppo la nebbia regnava sovrana e per via del tempo l’attacco del pilastrello, che è in un’umida (ma bellissima) forra, rischiava di essere bagnato e viscido.
Mentre bevevo il caffè studiando sul da farsi Bruna, con mia grande sorpresa, si è lanciata in una proposta spontanea: «Facciamo la ferrata?». Stupito dallo slancio ho preparato lo ziano e siamo usciti in fretta e furia. (Vuoi mai che cambiasse idea!)
Da Oneda l’ho fatta trottare a buon ritmo fino a Pianezzo. Io avevo uno zaino da sessanta litri, due imbraghi, due caschi, due set da ferrata, due paia di scarpette, 30 metri di statica, cianfrusaglie varie e due cambi. L’equipaggiamento di Bruna era un marsupio, il mio, con un cellulare ed i fazzoletti. Tuttavia ero così stranito dall’idea di portarla in ferrata che avreste potuto infilarmi anche un piao di sassi nello ziano che non avrei rallentato!
Al crocefisso di legno iniziamo a preparaci indossando l’attrezzatura. Un passante, incuriosito, si avvicina e domanda perchè ci stessimo preparando tanto lontano dall’attacco della ferrata: «Perchè qui è comodo e sicuro. Non c’è pericolo di sassi che cadono dall’alto, c’è abbondanza di spazio e siamo su un comodo prato. Possiamo fare le cose con calma e belli tranquilli». Anche il passante ha convenuto che era una buona scelta e vi invito a fare altrettanto se capitate da quelle parti.
Rapido ripasso di quello che va fatto e via: attacchiamo la ferrata del Venticinquennale. Per Bruna quella era la prima volta e mentre traffica con la catena smoccola e sbuffa preoccupata:«Questi ganci mi tirano giù! Mi faranno cadere!». Non c’era modo di convincerla che servissero invece proprio a proteggerla. Bruna arrampica sempre da seconda e faceva fatica a prendere confidenza con le due longe ed i moschettoni di sicurezza, sopratutto perchè la grossa catena iniziale ne ostacola molto lo scorrimento.
Armati di pazienza (“Maledetti ganci!! Si incastrano!!”) superiamo con calma la placca iniziale. Per comodità le avevo fatto indossare le scarpette ed anche io avevo fatto altrettanto. La ferrata dei Corni è una delle poche dove è possibile farlo per tutta la salita: da quando è stata ridisegnata corre interamente sulla roccia e non c’è il rischio di scivolare su tratti erbosi. Vissuta arrampicando la nostra ferrata è davvero piacevole e godibile, se si abbandona la catena ci si ritrova immersi in un universo di appigli ed appoggi.
Quando finalmente raggiungiamo il cavo di sicurezza inguainato la progressione si fa più comoda e meno rumorosa: i moschettoni smettono di stridere sulla catena e Bruna smette di brontolare! Ora si diverte parecchio e mi tocca rimproverarla quando si incaponisce a non usare la catena avventurandosi in tratti d’arrampicata fin troppo duri per lei. Tuttavia non posso che comprerla: con le scarpette ed un po’ di allenamento la ferrata è davvero una goduria!!! (Mi raccomando, prudenza! Non dimenticate che il fattore di caduta è molto più alto che nell’arrampicata!)
Superiamo la scala ed il tratto finale godendoci la stupenda roccia che contraddistingue questo verticale pilastro. All’uscita stringo la mano a Bruna che mi guarda dubbiosa: «Come? E’ già finita?». Questa ragazza mi fa impazzire: all’inizio, quando litigava con il set da ferrata, sembrava li per li per piangere, ora invece brontolava perchè ne voleva ancora!
Insieme affrontatiamo la Cresta del Passo della Vacca e raggiungiamo la cima del Corno Occidentale (un’altra “prima volta” per Bruna). Qualche foto e poi giù, lungo il caminetto arrampicando in discesa. Alla SEV ci concediamo un più che meritato boccale di birra e gazzosa. Brava Bruna!
Davide “Birillo” Valsecchi