Da qualche giorno mi aggiro inquieto con un ritornello che continua a frullarmi nella testa. Una canzone dal sapore Western, la colonna sonora ideale per un pistolero fuorilegge mentre entra in una polverosa città cavalcando il proprio asino e le proprie ambizioni. “Questo non è un posto per un eroe, non è un posto che una persona migliore chiamerebbe casa”.
Ogni tanto succede. Ogni tanto osservando dalla cima dei Corni decido di andare in trasferta, di andarci pesante. In fondo è dove lo sfiora sguardo che la mente sogna. La mia fantasia sbircia maliziosa all’orizzonte, al di là delle Gigne, dove spunta una montagna che è la più alta di tutto il Lario: il Legnone.
Con i suoi 2,609 metri di quota è “tosta” e “selvatica”, una montagna che racchiude in sè ancora molto fascino e mistero. La maggior parte delle persone sale alla vetta dai Roccoli di Laorla per pascolare sotto la croce, ma sono davvero poche quelle che si avventurano lungo gli altri itinerari ben più impegnativi.
Con un piccolo azzardo ho chiamato Nicola:”Hey NickyBoy, sei sempre dell’idea di venirmi dietro in qualche giretto impegnativo?”. Credo che quando Nicola mi ha risposto di “sì” probabilmente non avesse ben chiaro ciò che lo aspettasse.
Puntare al Legnone da Premana significa affrontare un dislivello di oltre 1800 metri addentrandosi in uno scenario di rara bellezza e godendo di un panorama forse senza pari nel nostro territorio: la ricompensa è “grossa” ma bisogna davvero sudarsela!
Da Premana ci si addentra nella Valle di Chiarelli risalendo fino ai 1680 metri dell’Alpe Deleguaggio. Qui una targa ad una piccola baita mi strappa un sorriso e mi fa sentire piacevolmente di casa: ”Il 4 agosto del 1913, nella baita di Rizzi Amedeo, pernottò tale Achille Ratti con l’intento di raggiungere la cima del Legnone il giorno successivo”.
Achille Ratti fu un eccellente alpinista e trascorse la propria gioventù ad Asso “cazzeggiando” sotto i Corni di Canzo in villeggiatura presso lo zio. Fu uno degli apritori della Normale Italiana al Monte Bianco e fu sempre tra i primi a compiere la prima traversata del Monte Rosa per il colle Zumstein da Macugnaga a Zermatt (quindi salendo dalla parete Est, quella con caratteristiche himalayane). Oltre a questo si può menzionare che ad un certo punto della sua vita, più o meno nel 1921, tutti iniziarono a chiamarlo “Papa Pio XI”
Dall’alpe ci si alza verso destra attraverso la valle di Butter fino a raggiungere il laghetto inferiore di Deleguaggio (2090m). Da qui, nuovamente verso sinistra, si punta la cresta che porta prima alla Cima di Moncale (2305m) e finalmente alla cima del legnone (2609m). La cresta a tratti si fa molto esposta ed aerea, a protezione di questi tratti vi sono alcune catene ed alcune staffe metalliche.
Per raggiungere la vetta ci vogliono circa sei ore, tuttavia se la giornata è limpida potrete godere di un panorama incredibile che vi permetterà di spaziare a 360° tra laghi e montagne letteralmente a perdita d’occhio!
La discesa doveva essere piuttosto semplice, il piano prevedeva di percorrere la vecchia mulattiera militare fino al rifugio Griera e da lì, attraverso sentieri, puntare nuovamente verso Premana. Il buon Nicola è un appassionato di mountain-bike e questo lo rende molto forte anche quanto si tratta di salire a piedi. La discesa, al contrario, lo massacra e dopo tante ore di cammino deambulava sbandando allegramente come un ubriaco (cosa particolarmente divertente visto che è astemio!).
Insieme ci siamo fatti forza cercando di chiudere quella lunga marcia prima del tramonto. Purtroppo nella parte bassa della montagna la vegetazione si fa più fitta ed i sentieri, sopratutto quelli meno battuti, sono spesso inghiottiti dalla vegetazione.
Seguendo le indicazioni a nostra disposizione abbiamo imboccato un sentiero che piegava da ovest verso l’interno della valle di Chiarella. Purtroppo l’aspetto del sentiero non sembrava offrire molte garanzie ed il rischio di trovarsi in un vicolo cieco a ridosso del torrente si stava facendo pericolosamente concreto. Nichy era troppo stanco per rischiare un’avventata ravanata su qualche scogliera e così, a malincuore, siamo tornati sui nostri passi rassegnati a puntare verso Pagnona e a sorbirci un lungo tratto da percorrere sulla strada asfaltata.
Solo agli alpeggi sottostanti, grazie ad un cartello, abbiamo puntato nuovamente verso Est addentrandoci nuovamente tra la vegetazione lungo le rive del torrente. Dai rilievi GPS è emerso che anche il primo sentiero, nonostante l’apparenza, era buono e si congiungeva poco più avanti. La traccia, a volte poco chiara, si abbassa fino al torrente e lo attraversa grazie a due passerelle di legno e a qualche tratto attrezzato con catene.
Voglio essere onesto: se non conoscete la zona statene alla larga e piegate verso Pagnona. La traccia è spesso incerta, piante e roccia viscida a ridosso di scogliere che precipitano sul torrente. Non è un buon posto in cui “perdersi” quando si hanno tante ore di cammino nelle gambe. Fatelo all’andata, sconsigliato al ritorno se volete andare sereni.
Finalmente a Premana, all’alba delle otto e mezza, ci siamo concessi una birra (almeno io) ed una pizza prima di fare ritorno verso casa. I miei complimenti vanno a Nicola: sulla cresta non ha avuto incertezze ed ha tenuto duro con grande perseveranza anche quando davvero non ne aveva più nella gambe. Davvero una bella prova, bravo!
Da parte mia credo di aver trovato più di quanto mi aspettassi: pensieri inquieti si aggirano tra quelle valli sconosciute ed affascinanti che stuzzicando linee e fantasie. Qualcosa bolle in pentola ma è ancora presto per sollevare il coperchio 😉
Davide “Birillo” Valsecchi