«Fai attenzione, non esagerare!» A volte divento inquieto ed i pensieri sembrano agitarsi cercando di liberarsi, di diventare azione, di trasformarsi in energia. In quei momenti guardo l’orizzonte cercando l’equilibrio, perché è il modo in cui traghettiamo le idee nella realtà che definisce ciò che siamo e ciò che ci circonda. All’orizzonte il sole stava tramontando e la notte, con le sue meraviglie e le sue inside, avrebbe sussurrato fino all’alba.
«Hey, ti va di andare ad arrampicare?! Ho voglia di rilassarmi un po’!» Bruna mi guarda stupita, avremo a disposizione si e no un ora di luce. «Va bene, arrampichi tu, io tengo la corda». In fondo quello era un sì anche se in ogni piccolo ritardo capivo quanto quella fosse una concessione più che un’adesione.
Un paio di ragazzi sono ancora alla parete. Nel pomeriggio la mia squadra aveva campeggiato qui fino all’ora di cena. Ero passato a trovarli rientrando dopo il lavoro, avevamo fatto due chiacchiere ma non avevo potuto unirmi a loro. Andava bene anche così.
Tiro da primo fino all’anello, un tiro semplice, un 4c o un 5a al massimo. La roccia, qua e là unta, è calcare godibile denso di graspoli e maniglie. Le mie scarpette nuove stringono parecchio ed anestizzano la punta delle dita: gioco di “Dulfer” e smetto di pensare. Mentre salgo sprofondo nella quiete e lascio che siano le linee della roccia e la gravità a spingere le mie vele.
«Hey Bru, ma ho saltato un rinvio?!» Lei dal basso mi guarda. «Sì! Ma non osavo dirtelo perché non capivo cosa volessi fare!» Guardo in basso e rido: dall’ultima protezione ho abbastanza corda per arrivarle diretto in braccio. «Non ti preoccupare, anzi, se vedi qualcosa che non ti sembra giusto fammelo notare senza problemi». le dico bonariamente ammiccando «Sei il mio compagno di cordata: tenermi d’occhio è una delle tue mansioni».
Rinvio la moulinette e lascio che mi cali. Bruna sta facendo pratica con il gri-gri ed ogni tanto mi regala ancora qualche brivido accelerando di colpo per poi bloccare facendosi strattonare verso l’alto. Prima di calarmi mi fa sempre ridere: striscia i piedi come un torello cercando di migliorare il proprio appoggio nella ghiaia. «Se non sono ben piantata per terra non posso calarti!!» Rido sempre pensando che la mia vita è nelle mani di quella bergamasca che scalcia.
«Tocca a te!» Pensavo protestasse ed invece infila le scarpette e si lega «Accidenti, se sapevo che arrampicavamo accorciavo le unghie delle mani!» Meraviglie dell’universo femminile. Mentre Bruna attacca la roccia i ragazzi che arrampicavano accanto raccolgono le proprie cose e cominciano a ritirarsi. Ci passano accanto e salutano allegri: «Ciao! Arrampicate al buio?» Rido mentre faccio sicura «La bergamasca è invasata! Mi toccherà arrampicare con la frontale» Bruna brontola, i ragazzi ridono, salutano e vanno via. Probabilmente non sanno che la frontale è la prima delle cose che mi sono infilato in tasca uscendo di casa.
Completamente soli lasciamo la corda dall’alto e continuiamo ad arrampicare a turno. La luce del sole ormai ha lasciato posto alle ombre ed alle nostre spalle, oltre il fiume, le luci della provinciale si accendono brillanti e distanti. Ormai arrampichiamo al buio, scivolando tra i ricami che la luce dei lampioni forma sulla roccia filtrando attraverso le piante.
Infilo la frontale sulla testa di Bruna, lei protesta perché le ho tirato i capelli. Prova l’interruttore e riprende ad arrampicare al buio.«Fai attenzione, non esagerare!» le ricordo bonario «Sei al buio, cerca i passaggi ed i movimenti più semplici e sicuri. Proteggi la tua salita» Le mie parole probabilmente si perdono nel buio perché la vedo imitare un mio passaggio,volutamente complesso, tentando una spaccata e trazionando una lama. Se cadesse in quel punto rotolerebbe di lato in un pendolo come un birillo e dovrei medicarle graffi e bozzi al buio. La sento brontolare qualcosa, poi si sdraia completamente in una fessura lasciando i piedi a penzoloni nel vuoto. Poi ride, ritrova l’appoggio e si raddrizza: «Dove sta scritto che si arrampica solo mani e piedi!» Senza quasi vederci ridiamo insieme. In fondo “strisciare in verticale” è un movimento nobile.
Poco distante da lei vedo muoversi un ombra in uno scatto rapido. Metto in tensione la corda e cerco di capire cosa le sta girando intorno. “Se è un topo Bruna mi viene a basso” penso tra me e me, poi vedo la coda e sorrido. «Bruna, fermati e guarda alla tua destra». Lei si ferma ed in quel momento un bello scoiattolo dalla lunga e folta coda salta dalla roccia ad un albero sottostante! «Uau! Che bello!» Rido divertito: sai che caos se fosse stata una faina..
Continuiamo ad arrampicare mentre la notte si rischiara solo di lampi in lontananza. Nonostante il buio inizio a lavorare su tacche sempre più piccole, i movimenti si fanno sempre più morbidi ma allo stesso tempo più impegnativi. Alla fine sono io stesso a non seguire i miei consigli.
«Basta, ti faccio fare l’ultima e poi ritiriamo in branda!» Bruna sbuffa «Di già?» Saranno le dieci e mezza passate «Mi piace davvero arrampicare così, ci si rilassa un sacco. Con il buio tutto sembra meno difficile». La guardo e rido. In realtà al buio è tutto più difficile ed ogni manovra richiede più attenzione e sicurezza nel eseguirla. Forse non si è nemmeno resa conto di tutti i controlli, esplici e formali, che abbiamo fatto ogni volta che ci scambiavamo il gri-gri.
In falesia il buio non è un problema mentre lo diventa quando si “arriva lunghi” su una via, quando si viene sorpresi durante le calate o mentre ancora si arrampica. Andando in grotta, tuttavia, ci si abitua a lavorare in sicurezza anche in quella condizione ed è un esperienza davvero preziosa.
Dall’alto della parete lancio un ultimo sguardo alla piana del Lambro, al silenzio che avvolge ogni cosa. Sotto di me, all’altro lato della corda, c’è Bruna che mi sostiene in equilibrio sull’abisso “Buona notte, buona notte! Separarsi è un sì dolce dolore, che dirò buona notte finché non sarà mattina.”(William Shakespeare)
Davide “Birillo” Valsecchi