Da quando sono sceso dall’Etna, tre settimane fa, sono rimasto a digiuno di montagna e di roccia. Il bisogno di tornare “a casa” si era fatto intenso ma la pigrizia ed il cattivo tempo sembravano avere la meglio. Così oggi, quando il sole ha iniziato a splendere, mi sono infilato in strada ricalcando passi che ben conosco.
I Corni di Canzo, ancora una volta, hanno saputo accogliermi e mostrarmi qualcosa di nuovo. Ognuno di noi ha una propria montagna, un’ ansa di fiume, una discesa preferita o un proprio posto segreto: il mio, fortunatamente, è ancora tutto da scoprire!
Il piano originale era percorrere la ferrata del Venticinquennale e compiere la traversata dei tre corni ma, alla fine, mi sono semplicemente dedicato al Corno Occidentale: l’impegno è stato pienamente ripagato!
Giunto all’attacco della ferrata ho aspettato ad indossare l’imbrago, ho appoggiato tutta la mia roba in un angolo ed ho cominciato a girovagare. Ben presto mi sono ritrovato in libera nei posti più strani ma ero in forma e rilassato: quando sono rilassato arrampico bene e quando arrampico bene sono rilassato!
Ho trovato alcuni punti davvero interessanti sul lato Sud, ho percorso il primo tratto della via “Attenti a quei due” fino a raggiungere l’albero ai piedi della placca tagliano poi verso sinistra e riguadagnando il prato. Sempre da quelle parti ho trovato un vecchio “otto” smarrito ed ammirato la breve ma bellissima fessura verticale che si innalza a breve distanza dalla lapide di Alfredo, anni 18 classe 1943. (Prima o poi attrezzerò quella fessura e gli daremo il tuo nome, Alfredo!)
Indossato l’imbrago ed il caschetto ho attaccato la placca iniziale della ferrata. Poche volte l’ho superata con tanto stile in passato. Me la sono goduta appiglio dopo appiglio fischiettando felice “Kindom Come” dei Manowar (una cosa imbarazzante!!) completamente assorto e distante. Solo quando mi sono voltato due passanti sul sentiero, immobili con il naso all’insù, mi hanno fatto capire quanto “bella” e “morbida” fosse stata la mia salita.
Superata la placca mi sono imbattuto in un ancoraggio del vecchio tracciato, ormai smantellato. Quasi non ricordo come fosse la vecchia ferrata e così, semplicemente sganciando i moschettoni, mi sono messo a percorrere in libera la vecchia traccia. Certo, non è cosa da fare alla leggera, ma è meno difficile di quanto sembra visto che il vecchio tracciato scendeva fino al prato pensile risalendolo.
Non ricordo l’ultima volta che ero stato in quel luogo ormai quasi dimenticato. Ho attraversato il prato spingendomi fino alla sommità delle pareti che avevo osservato poco prima dal basso (ho “idee” su quei camini!!). Il bello di ritrovarmi sul prato è stato poter ammirare nella sua interezza tutto il lungo traverso e la scala della ferrata: solitamente si è troppo “sotto” la roccia per poter ammirare quelle pareti.
Dalla cima del Corno Centrale un paio di escursionisti cominciavano ad osservarmi incuriositi e così, rimontando una breve placca, mi sono riagganciato alla ferrata superando la scala metallica. Ormai ero però “contaminato” dalla voglia di arrampicare e così, invece che proseguire a destra per il secondo tratto di ferrata, ho deviato a destra addentrandomi attraverso bellissime placche calcaree. Il grado non superava il terzo (credo…) e la roccia era ben appigliata, pulita e ben fornita di piccole clessidre: è stato come nuotare tra placide onde!! Bellissimo!
In questo tratto ho trovato una vecchia lapide che mai in passato avevo notato: Nino Bertola, anni 20 “prematuramente spentosi precipitando dalla sottostante parete” nel 1925. I Corni, i bistrattati Corni, conservano il ricordo di tanti di questi ragazzi appartenenti ad un tempo lontano. Io, come loro, mi aggiro tra queste rocce in cerca di qualcosa, probabilmente della stessa cosa, e quindi non posso che considerarli “amici” sentendo vicina la storia di questi “sconosciuti”.
Il sole era caldo ed io giravo a pieno regime e così, invece di percorrere il sentiero, ho semplicemente continuato a girovagare arrampicando anche sul lato nord. Ero in cerca di “canali” da percorrere in salita durante quest’inverno che tutti promettono abbondante di neve. Posso dirvi che la ricerca è stata fruttuosa ed in molti casi, sebbene con materiale un po’ datato, ne ho trovati di attrezzati.
Giunto alla croce mi sono tolto un ulteriore sfizio scendendo dalla variante est, la via meno frequentata e alternativa al famoso caminetto dei Corni. Nonostante sia stato in vetta innumerevoli volte non l’avevo mai percorsa: non è affatto male ma visto che ai piedi della via vi sono altri cento metri di strapiombo è facile capire perché sia stata trascurata!
Ancora una volta ho giocato sulla “Cresta Baracca” trovando un paio di chiodi non troppo vecchi a breve distanza dalla lapide di Sandro, classe 1926. Prima o poi ci porto la corda e vediamo cosa ci si può fare.
Mi piacciono i Corni, basta cambiare prospettiva e tutto appare come nuovo e da scoprire: sono la misura giusta per me, una montagna più grande mi amerebbe meno!
Davide “Birillo” Valsecchi