Dopo 72 ore con i nipotini ho capito che Adamo ed Eva non sono stati cacciati dal Paradiso: Dio ha semplicemente dato loro dei figli! Se nello specifico teniamo conto che si chiamavano Caino ed Abele la teoria acquisisce una certa consistenza. Alla luce di questa scoperta ho fatto ciò che ogni zio coscienzioso dovrebbe fare: mi sono dato alla macchia! All’alba, prima che le “creature” e la relativa mamma (nonché mia sorella) si svegliassero, ho infilato la zaino e sono sgattaiolato fuori.
La mia destinazione, dopo un ottimo caffè al bar, è stata Monte Tuglia, un piccolo omaggio a mio padre che a quella montagna è davvero affezionato. Salgo per la mulattiera di Toops alla ricerca di un vecchio sentiero che percorrevo all’alba proprio con mio padre ma, purtroppo, non trovo altro che vecchi colori, giallo e rosso, dipinti sugli alberi: la traccia è ormai inghiottita dal bosco.
Inizio a vagare tra i rami caduti e le foglie secce cercando comunque di trovare la mia via, ben presto mi ritrovo a navigare a vista nell’ignoto del bosco. Risalgo una ripida valle e finalmente ritrovo i segnali lungo un ripido crinale. Non è di certo il sentiero di mio padre ma, ormai, inizio a seguirlo mentre si fa sempre più ripido e scosceso: oltre ai segni sugli alberi nulla indica questa vecchia traccia ormai abbandonata, il bosco ha inghiottito ogni cosa.
Correndo lungo il crinale il sentiero spara dai 900 metri di Toops ai 1600 del promontorio che sovrasta la piana della casera di Tuglia: è una salita avvincente, il fondo è di terra morbida ed aghi di pino e sembra di camminare nella neve tanto si affonda su quell’affilata cresta. Spesso il crinale si impenna anche oltre i 70 gradi costringendomi ad arrampicare sul muschio e tra le radici. Sono “perso”, perso nel profondo del bosco. La linea del crinale e la sola che posso seguire, deviare è impossibile: mi piace!
E’ difficile spiegare cosa sia il “bosco” a chi non ne abbia avuto esperienza, è un luogo particolare, oscuro e luminoso, protettivo e pericoloso allo stesso tempo. Anche fotografarlo è difficile, la luce è particolare ed i soggetti si sciolgono in un susseguirsi di piani e quinte. In quell’altrove l’unica testimonianza umana in cui mi imbatto è un cimelio del passato: una sbiadita lattina a strappo, un retaggio in disuso da almeno vent’anni!
Quando riemergo dal bosco sono a ridosso della Casera di Tuglia, ai piedi della ripida piramide che forma la cuspide della montagna. Desisto all’idea di salire sulla vetta: “Solo un giretto tranquillo oggi!!”. Mi godo il panorama ed inizio a risalire verso il Passo di Geu. Alla mia sinistra il Monte Cimon (2422m) su cui sono salito lo scorso anno per la cresta orientale dal passo Entralais. Sempre a sinistra la Creta della Fuina (2350m) e di fronte l’aguzza punta del Monte Geu (2109m). Alle spalle, in fondo all’orizzonte, svetta il Monte Sierra(2443m) ed il Monte Dieci (2151m).
Quando raggiungo finalmente il passo si apre davanti a me il magnifico anfiteatro di montagne dominato dall’altezzosa e fiera Creta Forata (2467m). Appena sotto la valle sembra sprofondare all’improvviso dando vita ad una piccola pianura al centro della quale sorgono i resti della Casera Geu.
Il mio “giretto” si estende sulla carta da 1 a 25.000 ormai ben oltre una spanna piena ma davanti a me c’è davvero ancora tanta strada da fare. Studiando la carta e le montagne mi guardo intorno sognante: “Il prossimo anno mi tocca tornarci portandomi la tenda ed il mio socio siciliano!” Davvero un’ambiente strepitoso: c’è tantissimo da fare qui!
Dai 1800 metri del passo scendo dapprima alla casera e poi, attraverso uno scosceso sentiero attrezzato, fino ai 1200 metri della traccia che da Sappada risale verso la casera Tuglia. Il sentiero è particolare, dapprima segue il letto di un fiume (molto divertente) e successivamente si trasforma in quando di peggio si possa trovare. La traccia infatti scende ripida in una valle umida e coperta di vegetazione bassa, il fondo è fangoso e denso di rocce viscide che rendono insicuro e pericoloso ogni passo. Se a questo aggiungiamo che la valle termina in una scogliera di 40 metri il rischio di scivolare e faresi il tuffo diventa piuttosto concreto: forse conviene evitarlo, quantomeno in discesa (la scogliera finale la si supera seguendo un traverso attrezzato con un cavo metallico).
Lungo questa traccia mi imbatto però in un enorme anfratto e deviando risalgo nella valle fino a raggiungerne l’ingresso. Supero arrampicando alcuni inghiottitoi e vado a dare un’occhiata a ciò che si cela nelle tenebre. Tutta la zona è fortemente carsica e per questo volevo capire che tipo di grotte si possano osservare nella zona.
Quella in cui mi infilo è profonda una ventina di metri e alta una decina: osservandola dall’interno si vede bene come si trovi nel punto di contatto tra due fraglie di roccia e come si sia originata grazie alla corrosione dall’acqua che, dall’alto, filtra attraverso la fraglia. Questo spiega perché la grotta sembri tanto grande dall’esterno ed abbia, invece, un così limitato sviluppo interno. Visto che in grotte simili il tetto tende a venire a basso in grossi blocchi esco con la stessa rapidità con cui sono entrato!
Attraverso un bellissimo e lussureggiante bosco verde risalgo nuovamente alla casera chiudendo l’ampio cerchio con cui ho circumnavigato l’alta piramide del Monte Geu. Dalla casera di Tuglia mi lancio a rotta di collo verso la casera di Colle di Mezzo Dì alto e quindi verso la casera di Colle di Mezzo Dì Basso. Qui mi aspettano Simone, Lucia ed i miei nipotini: alla fine sono uno zio giudizioso! 😉
Davide “Birillo” Valsecchi
Ps: a conti fatti di tranquillo questo giretto ha ben poco!!