Ieri sera un inferno di fulmini ha stravolto il Cornizzolo, il lago del Segrino è stato coperto di grandine e le grigne sono nuovamente coperte da un abbondante strato di neve. Oggi è il 30 di Maggio e tutto questo sembra davvero follia.
Quando Fabrizio varca la soglia sono sveglio da meno di cinque minuti ed il mio morale è davvero sotto i piedi. Il tempo è instabile, ovunque è bagnato e questa inutile neve è pericolosa ed infida. Non ho idee e soprattutto non ho voglia. Se Fabrizio non fosse venuto a trovarmi me ne sarei rimasto rintanato in casa.
Mentre Fabrizio prepara il caffè inizio a stuzzicarlo: «Cominotti chiude l’8a…». Giacomo Cominotti è un super atleta lecchese con cui ho il piacere di scambiare quattro chiacchiere via internet. Giak è diventato anche la bestia nera di Fabrizio, il paragone impossibile con cui lo sprono. Fabrizio si volta e mi risponde accentuando il suo accento siciliano «Ahhh, ancora?! Kuminotti fa questo, Kuminotti fa quello. Che è ‘stu Kuminotti?! Perché dobbiamo sempre corrergli dietro a ‘stu Kuminotti?!» Io rido un po’ e serio gli rispondo: «Guarda che io e te se corriamo con Giak manco riusciamo a stargli dietro al via!!» Giak ha alle spalle una romboante carriera agonistica a livello mondiale come climber ed ora è un dei più forti e creativi corridori di montagna della nostra zona. (Kominotti e l’UltraTrail Lecchese – 01/06/2013)
«Io già lo so» prosegue «Quando hai un piano, anche se difficile, tutto va via liscio: è quando sei annoiato, quando non hai voglia, che mi tiri fuori i casini dal cilindro!! Io già lo so che mi metterò nei guai oggi!!» Fabrizio mi diverte davvero ed è un ottimo compagno d’avventura: «Ma no, oggi facciamo giusto due passi…»
Lasciamo la macchina a San Giorgio, la frazione di Valbrona sopra il ceppo di Onno, ed iniziamo a scendere verso le sponde del lago. Un caffè al baretto e due passi sulla spiaggia. Le montagne sono tutte coperte di neve ed il contrasto, forse innaturale, tra il bianco inverno ed il verde primavera è davvero disorientante.
Ci avviamo lungo la strada costiera fino a Vassena ed iniziamo a salire lungo le vie del paese ed oltre. Seguiamo una stradina ripida e finemente ciotolata che guadagna quota in fretta salendo verso Civenna.
All’improvviso nella boscaglia un grosso cinghiale, sorpreso dalla nostra presenza, scatta tra i rami dandosela a gambe. Mi giro verso Fabrizio: «Lo hai visto?» sussurro. Lui allarga le braccia e gonfia le guance facendomi sorridere. «Sì, era davvero grosso!»
La magnifica mulattiera all’improvviso scompare lasciandoci a vagare per sentieri incerti risalendo “a naso” lungo la collina. Un muflone ci taglia la strada mentre superiamo una serie di piante abbattute prima di raggiungere una ripida valletta. «Aspettami qui, provo a salire!». Mi arrampico su per una mezza scogliera e riemergo su un prato inglese appena falciato. Vagando siamo finiti dentro un piccolo complesso di villette vista lago: è tutto un susseguirsi di persiane chiuse e piscine. «Bho, vieni sù: se non ci spara nessuno proviamo ad uscire di qui!»
Le villette, sebbene ben tenute, hanno ormai qualche anno e mostrano cosa fosse il lusso negli anni settanta. Attorno ad un piccolo laghetto artificiale, con tanto di trampolino a due livelli, vi è una passeggiata adornata da sculture in bronzo. Mentre il mio socio fa il “cascamorto” con una di loro un giovane capriolo dal pelo rosso vivo scatta oltre il prato.
La strada asfaltata ci porta tragicamente sui curvoni dei Civenna ma, fortunatamente, un vecchietto ci da una dritta su come aggirare la strada e rientrare sul sentiero verso Barni. Imbocchiamo il sentiero numero 6 ed iniziamo la nostra piccola avventura sulle pendici strapiombanti del Castel Di Leves.
Il primo tratto di sentiero è abbastanza accidentato: molte piante abbattute nascondono la traccia rendendola incerta, qua e là curiosi reperti storici svolgono il ruolo di segna via.
Poi il viaggio entra nel vivo e ci ritroviamo sulle strapiombati scogliere che sovrastano Oliveto Lario. Terrazzi verdi che precipitano in dirupi vertiginosi ed in canali carichi di sfasciume. Uno dei luoghi più selvatici ed appassionanti del nostro territorio, una zona di confine dove davvero non conviene avventurarsi se non si è consapevoli delle difficoltà.
Raggiungiamo il “Valon”, uno strepitoso canalone, dove l’acqua dei giorni scorsi ha stravolto ogni cosa. Vi sono delle catene fisse che gli smottamenti hanno reso malferme ed ovunque si muovono sassi. «Okkio Fab che se parti qui finisci diretto nel lago!» Lo prendo in giro ma la realtà non è poi molto distante: il vuoto di queste scogliere da le vertigini anche ai più saldi e l’occhio fatica ad adeguarsi alle distanze guardando verso il basso.
Davanti a noi ci precede un trio di mufloni, un maschio con grandi corna, una femmina ed un cucciolo. Provo a fotografarli ma nella boscaglia si nascondono al mio obbiettivo concedendomi davvero poca soddisfazione.
Finalmente raggiungiamo il monumento alle vittime del disastro aereo. I pericoli delle scogliere sono alle nostre spalle ed ora ci attende solo un piacevole sottobosco di castagni. Almeno questo è quello che mi aspettavo.
Davanti a me infatti appare l’inaspettato: una decina di giganteschi cavalli avanza al galoppo verso di noi. Sono degli enormi frisoni: alti, possenti e con il caratteristico pelo sugli zoccoli. Stanno giocando rincorrendosi in gruppo ma il rumore del loro incedere e l’imperiosità della loro avanzata ci lascia atterriti e sbigottiti.
«Mettiti dietro un albero Fab!!» Fabrizio si accosta dietro un grosso tronco mentre io allargo con calma le braccia. La loro carica non sembra arrestarsi ed ho la sensazione di trovarmi davanti a delle locomotive in corsa. La loro “forza” è assoluta, se decidessero di non fermarsi non avremmo scampo: sono una muraglia di muscoli e zoccoli che corre furiosa attraverso il bosco. Per un istante mi sento impotente: non ho nessuna “tecnica” che mi permetta di confrontarmi alla pari con loro!!
Poi mi vedono. La loro corsa si arresta un istante. Un puledro rotola a terra, si rialza ed inizia a scalciare saltando in circolo attorno ai suoi fratelli. Il maschio si fa avanti mentre il gruppo sfila sul lato: è una scultura greca di forza e possenza, un’animale imponente ed imperioso!
Ci osserva per un istante, poi scalcia furioso con le gambe posteriori e tutto il gruppo riprende a correre disordinato tra le piante davanti a noi: li abbiamo disturbati nei loro giochi ed ora riprendevano a correre spensierati…
Estraggo la macchina fotografica e scatto qualche foto, poi mi volto verso Fabrizio che mi guarda allibito da dietro la pianta: «Accidenti! Ho le palpitazioni! Credo di aver avuto un’esperienza primordiale!!» Io davvero non so dargli torto: vederli avanzare al galoppo contro di noi è stata davvero una sensazione intensa. «Impressionante! Fronteggiare un assalto di cavalleria doveva essere davvero terrificante: come fermi tutta quella forza lanciata alla carica?!»
Guardiamo i cavalli allontanarsi di corsa e, superato lo sbigottimento, riprendiamo la marcia. Tre quarti d’ora più tardi bussiamo alla cucina delle Zie. «Facciamo in tempo a mettere sotto i denti un boccone?». La zia Giusy scuote la testa e ci fa sedere. «Che ti avevo detto Fabrizio? Oggi solo due passi, niente di difficile e nessuna emozione!!»
Davide “Birillo” Valsecchi
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