Il piano era davvero diverso e, probabilmente, anche leggermente masochista: Fabrizio ed io avevamo sfacchinato tutto il giorno alla grotta del Sindaco dei Corni insieme a Gasko ma, nonostante le tonnellate di fango spostate con la paletta da giardino, avevamo ancora “voglia”.
Così, domenica sera, mi sono accampato sul suo divano con il solo scopo di risparmiare tempo al mattino e guadagnare ore di luce. Suo fratello Massimo, che abita nell’appartamento accanto, ci ha fatto il filo tutta sera: «Dai, portate anche me. Domani è il mio giorno libero. Portate anche me».
Fabrizio è mezzo cotto dalla fatica ed anche io sento un peso enorme sulle spalle ma, nonostante i presagi sfavorevoli, abbiamo ancora abbastanza spavalderia per osare: «Naaa… niente da fare Max. Mi spiace. Domani tentiamo un assalto frontale al Grignone. Si deve camminare per 11 ore, passare una ferrata ed un paio di sentieri attrezzati. Domani non puoi proprio venire…»
Alla fine il più giovane dei “Sicily Brothers” sembrava essersi rassegnato mentre suo fratello ed io ci abbandonavamo lentamente, ma inesorabilmente, ad un mondo fatto di sogni ed ossa doloranti.
La mattina la sveglia ha attaccato alle cinque del mattino. Fabrizio ha allungato una mano, l’ha speta e si è rintanato sotto le coperte senza proferire parola. Io, immobile e già sveglio, l’ho osservato per un po’. Avevo voglia di alzarmi e schiantargli un buon calcio pur di tirarlo giù dal letto ma, ahimè, la mia carcassa davvero non voleva saperne.
Un capo si vede nei momenti difficili: «Niente: oggi siamo battuti e respinti ancora prima di cominciare…» Mi sono girato ed ho ripuntato la sveglia alle sette.
Quando la sveglia ha suonato nuovamente sono scattato in piedi e, un po’ traballante, ho raggiunto Fabrizio rovinandogli quasi addosso: «Sveglia! Brutto paccaro dormiglione! Chiama tuo fratello: alla fine ce l’ha fatta, è arruolato!».
Come un bradipo Fabrizio ha agguantato il cellulare mormorandoci dentro qualcosa. Meno di cinque minuti dopo Massimo ha fatto irruzione in casa: perfettamente vestito da montagna aveva in mano una brocca di succo d’arancia ed un sorriso a tutto tondo. «Dove andiamo?» Cambio di programma: oggi si va al Resegone!
Svariati caffè dopo siamo tutti e tre in macchina mentre lo sguardo corre verso est e l’inconfondibile siluette del Resegone. Saliamo fino al piazzale della funivia dei Piani D’Erna, parcheggiamo ed iniziamo la nostra salita. Il percorso è quello classico: sentiero numero Uno fino al Rifugio Stoppani e poi oltre verso Pian Serrada ed il rifugio Azzoni.
Per me e Fabrizio quella era solo una piacevole camminata mentre per Massimo, che non era mai stato in quella zona, era palesemente un’avventura che viveva con entusiasmo e trasporto. «Bene, ora fate piano che qui avanti è facile trovare Camosci. Soprattutto non parlate: il rumore dei passi può starci ma la voce è inconfondibile e li mette in allarme.» Poco prima di incrociare il canalone Comera abbiamo estratto le macchine fotografiche iniziando a salire con maggiore circospezione.
L’ultima volta che ero salito al Resegone, alla fine di Novembre (I camosci del Resegone), avevo incrociato oltre una quindicina di esemplari ed avevamo fatto delle belle foto ravvicinate. Speravo di poter fare lo stesso con Massimo ma l’erba, nonostante sia Maggio, è ancora indietro sui pascoli alti e probabilmente gli animali restano nascosti più in basso.
Nonostante gli sforzi ne ho trovato solo uno ed in parte ero deluso di non poterne mostrare di più. Massimo, al contrario, era davvero emozionato da quell’incontro. A volte, guardando lo stupore dei miei due amici siciliani, mi accordo di quante cose erroneamente io dia spesso per scontate. «Bellissimo, è il primo che vedo in vita mia!»
Proseguendo oltre raggiungiamo la cresta e da lì il rifugio Azzoni e la vetta. «Benvenuto in cima al Resegone!». Per celebrare la salita dallo zaino Massimo ha estratto un vassoio intero colmo di fragole! L’ho guardato tra il divertito e lo stupito ravvisando qualcosa che probabilmente appartiene ad uno spirito dei monti ormai in parte perduto: «Accidenti, se “uscivi” anche una bottiglia di bianco saresti stato il mio nuovo eroe! Evviva!!»
Per scendere abbiamo imboccato il sentiero attrezzato del caminetto che, tra mal ferme roccette scosse dall’inverno, scende oltre la scogliera che delimita Pian Serrada. A fine serata Massimo era entusiasta dell’escursione fatta ed lentamente la “voglia” iniziava a farsi strada anche in lui. Alla prossima Max!
Davide “birillo” Valsecchi
PS: I mei due soci ci tengono a salutare i parenti e gli amici che, dall’Isola, seguono le curiose perigrinazioni tra i monti dei loro due conterranei 😉
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