«Se salta fuori il tasso che ha fatto quei segni sulla roccia siamo davvero fottuti!» Ieri Fabrizio ed io abbiamo speso la mattinata in giro per i Corni di Canzo inseguendo un vecchio censimento speleo del 1976 (il più recente che ho trovato!). La conformazione dei Corni è particolare e per questo, nonostante ci siamo moltissime piccole cavità, non c’è nessuna grotta che si distingua in modo particolare per sviluppo e dimensioni. Io avevo intenzione di visitarle tutte!
Una di queste, quella che per diversi motivi più mi interessa, ha una camera iniziale abbastanza ampia da cui partono due promettenti cunicoli che, al momento, sono ancora invasi dai detriti: il piano era aprirsi la strada e gettare lo sguardo oltre la strettoia.
Il problema è che, stando a quanto potevamo osservare, uno dei cunicoli aveva (o forse ha ancora) un inquilino piuttosto “impegnativo”: un tasso. Il primo segno di presenza dell’animale sono gli escrementi (in realtà uno solo è piuttosto vecchio): i tassi scavano una piccola conchetta e depositano la “fatta” verticalmente nel centro: un’espressione piuttosto caratteristica ed artistica in vero. Ciò che però davvero mi faceva riflettere erano i violenti e profondi graffi lasciati sulla roccia con gli artigli (‘sti cazzi che unghie!!).
Per quanto simpatico il tasso è un carnivoro grosso ed aggressivo: ritrovarmi faccia a faccia con lui strisciando in un cunicolo di roccia sarebbe davvero un’eventualità spiacevole (per me!!). «Socio, questa serve farla con un po’ più di calma!». Aspetteremo e, facendo qualche sopraluogo nel tempo, cercheremo di capire se Mister Tasso abiti ancora qui.
A mezzo giorno abbiamo fatto pranzo e, dopo mangiato, ci siamo stesi al caldo del versante sud godendoci la frescura della grotta alle nostre spalle: testa all’ombra e corpo al sole ci siamo abbioccati pacificamente per un ora buona.
«Dai, tirati su che andiamo!» Il programma del pomeriggio infatti prevedeva “esercitazioni in parete”. Credo sia ormai il momento che Fabrizio impari un po’ a trafficare con le corde ed i nodi. Teatro di gioco lo straordinario scenario della Parete Fasana e dei due Pilastri del Corno Centrale.
Indossate le scarpette, l’imbrago ed il casco ho cominciato a spiegare a Fabrizio i rudimenti della “catena di sicurezza”. Il primo tiro della Normale al Pilastro Maggiore sono 30 metri verticali che, all’interno del profondo canyon roccioso, risalgono un caminetto obliquo. Il grado è (III) ma per tutta la lunghezza del tiro non ci sono protezioni o chiodi se non un buon anello alla sosta. Inaspettatamente ieri è apparso uno spit posto a mezza lunghezza, un po’ sulla destra, su cui è possibile rinviare anche se si dimostra un po’ scomodo per il secondo.
Il pilastro maggiore ha una caratteristica davvero curiosa. Alla prima sosta ci si imbatte infatti in una serie di clessidre che fanno da ingresso ad un ampia insenatura nella roccia alta una trentina di centimetri. Infilandosi in questo angusto passaggio si scopre che la cavità corre fin dentro al cuore del pilastro e, strisciandoci al suo interno, è possibile raggiungere il versante opposto ed ammirare attraverso le varie feritoie un panorama a 360 gradi.Per raggiungere la cima del Pilastro nel secondo tiro si deve affrontare un passaggio su placca di (III+) ancorandosi poi sulla croce di cima. Ero tentato di fare anche il secondo tiro ma, anziché salire in cima, ho preferito un lungo traverso raggiungendo il versante sud fino all’uscita dello spigolo. Questo permesso a Fabrizio di esercitarsi un po’ nelle manovre alla sosta e a me di dare un occhiata agli arrivi delle altre vie.
Per scendere, visto che Fabrizio non aveva mai fatto una doppia in vita sua, l’ho calato con un mezzo barcaiolo fino alla base del Canyon. Dopo ho recuperato la corda ed attrezzato una doppia con cui l’ho raggiunto.
Fabrizio se l’è cavata meglio di quanto pensassi e credo che la prossima volta si guadagnerà la sua prima cima in arrampicata. Bravo!
Davide Valsecchi