«L’alpinismo sui Corni di Canzo fa la sua comparsa nel 1909 con Eugenio Fasana, milanese e profondo conoscitore di tutte le Prealpi Lombarde, che traccia il primo itinerario alpinistico sulla parete Sud del Corno Occidentale. A questa ascensione Fasana ne farà seguire altre, sui Due Pilastri e sulla parete N.E. del Corno Centrale, via quest’ultima che svela appieno la gran classe della quale era dotato questo forte alpinista.
Dopo l’ultima ascensione di Fasana “Camino sulla Torre Desio, 1931” comincia la vera e propria evoluzione alpinistica di questo gruppo montuoso.» Questà è una breve introduzione estratta dal mitico volume “Valamdrera: montagne ed itinerari alpinistici” scritto negli anni 70 da Giorgio Tessari e Gian Maria Mandelli.
La figura di Fasana giganteggia nella storia dell’alpinismo dalle Grigne al Monte Rosa e quella che segue è un breve passaggio di un suo scritto dedicato ai novizi della Montagna:
«Il novizio, posto di fronte alla montagna, deve seguire un metodo ragionato insieme ed istintivo che consiste nel far convergere tutte le forze attive nello sviluppo della personalità montanara, nella creazione della propria vita alpinistica; la quale, con l’aiuto del tempo, diventerà come la sua seconda natura, cioè un tessuto di abitudini. E per la condotta di una grande ascensione, le abitudini servono più dei precetti d’alpinismo, perché l’abitudine è il precetto vivente, diventato carne e istinto.
Nell’esercizio dell’alpinismo, il libro delle regole e dei precetti è un buon bastone, ma una cattiva piccozza. Poco si migliora l’alpinista se si appoggia sempre sugli altri e non mai su sé stesso. Bisogna bene che, ad un certo punto, gli scudieri divengano cavalieri, e corrano la gualdana a loro rischio e pericolo.»
Ho cercato di ripercorrere la storia tracciandone il punto d’inizio: la Via Fasana. Quella che segue è una foto che mostra il versante Sud del Corno Occidentale scattata poco sotto il Malascarpa. Credo sia leggermente spostata verso est ed appena tornerà il bel tempo cercherò di scattarene un’altra più dettagliata e meglio posizionata. Purtroppo non ho trovato il tracciato della via ma solo la descrizione. (Mi darò da fare per ottenere informazioni dai vecchi!!)
Via Fasana, parete Sud Corno Occidentale. Il primo salitore fu Eugenio Fasana il 28 ottobre 1909 senza però lasciare descrizioni. L’itinerario riportato è quello tracciato il 28 Agosto 1932 da M.Bonadeo, A.Manzoni, Maria Andrighetti, A. Bardin e pubblicato su «Lo Scarpone» lo stesso anno.
Con quattro tiri di corda la via ha uno sviluppo di 220 metri, un dislivello di 130 ed una valutazione TD (molto difficile). L’accesso è a destra della ferrata aggirando così la parete fino a portarsi sul versante Sud. L’attacco è sotto un evidente tetto nero.
Con quattro tiri di corda la via ha uno sviluppo di 220 metri, un dislivello di 130 ed una valutazione TD (molto di difficile). La relazione a cui si fa rifermento più spesso è quella del 1932. L’accesso è a destra della ferrata aggirando così la parete fino a portarsi sul versante Sud. L’attacco è sotto un evidente tetto nero.
Relazione tecnica: Si sale per un camino con ciuffi d’erba per 8 metri sino sotto il tetto, poi si effettua una traversata in diagonale a sinistra per 30 m (IV+) che all’inizio un lastrone nero di roccia compatta rende molto difficile; si arriva ad uno spuntone visibile anche dal basso, lo si rimonta incastrandosi tra esso e la parete, quindi si sale per qualche metro lungo una specie di canalino dove giunge un grosso cespuglio, ove possono trovare posto due persone; trascurando un camino strapiombante si piega a sinistra e si sale per una placca prima di appigli ma molto fessurata fino a quando si può compiere una delicata traversata verso un altro cespuglio, incastrato in un canaletto, formato da una costola di roccia che scende dall’alto a guida di cresta affilata. Si sale tenendosi sul filo della cresta (pericolo di pietre) poi si compie una delicata spaccata verso destra, si raggiunge un cengione erboso visibile dal fondo della valle (fermata, 50m, V). Si percorre il cengione erboso, si attacca la parete di fronte (alta una trentina di metri) alla destra dei una spaccatura che sale obliquando da sinistra a destra; ci si alza per un canaletto a diedro e si perviene ad un pilastrone al di sotto di una paretina molto esposta e scarsa di appigli. Si sale per questo piastrone con l’uso di 5 chiodi, si forza la paretina e si ri-esce così in una zona erbosa e ricca di cespugli (F, 30m, IV +). Si continua allora per facili rocce, tenendosi a destra di un canale erboso e si sbocca sulla cresta, che si percorre, lungo il passo della vacca, sino alla vetta.
Queste sono vie aperte agli inizi del ‘900 che a distanza di un secolo sanno ancora incutere un reverenziale rispetto: tocca ripercorrere la storia, raccogliere il testimone e cimentarsi con pazienza ed impegno.
Davide “Birillo” Valsecchi