Questo fine settimana il gruppo dell’Alpinismo Giovanile del Cai Asso organizzava una “tendata” nei prati del rifugio Cristina in Valmalenco. I ragazzi, a 2287 metri di quota, sperimentavano un campo tendato trascorrendo la notte in un sacco a pelo dopo aver montato la propria tenda: un opportunità per sperimentare l’alpinismo e l’escursionismo in modo più intenso.
Vista l’occasione propizia ci siamo aggregati all’escursione prefiggendoci la salita alla cima del Pizzo Scalino, una montagna di 3.330 metri che per la sua caratteristica forma triangolare è chiamata “il piccolo Cervino”.
In squadra eravamo Renzo Zappa, Franco Bramani ed io: due veterani ed uno scavezzacollo! Le previsioni del tempo ero ottime ma la situazione della neve era piuttosto difficile. Le nevicate delle settimane passate ed il caldo inteso annunciavano una salita su una neve cedevole sulla quale sarebbe stato impossibile camminare senza sprofondare.
Per questo motivo Renzo e Franco si erano muniti dei loro sci d’alpinismo mentre io, che ho tutto il materiale sciistico a pezzi, potevo contare solo sulle ciaspole. Tuttavia l’idea di una ciaspolata d’alta quota a giungo mi stuzzicava!
Sveglia alle 4:30 e partenza. L’avvicinamento è attraverso i prati dell’Alpe Prabello con gli sci e l’attrezzatura a spalla. Attorno a noi sorge lentamente il sole illuminando la cima del monte Disgrazia, al di là della valle, e del Bernina al nostro fianco.
Seguiamo il sentiero inerpicando lungo il ripido pendio che porta al Cornetto (2842 m). Dopo aver attraversato i prati sulla salita incontriamo la prima neve e cominciamo ad affondare fino al ginocchio puntando dritti verso la cresta.
Superato il pendio si apre davanti a noi un mare di neve candida illuminata dal sole del mattino.
I miei soci agganciano gli sci mentre io lego ai piedi le ciaspole prima di avventurarci nel ghiacciaio dello Scalino. Loro riescono a “galleggiare” sulla neve procedere davvero più velocemente di me che, sebbene non fino alle ginocchia, “sfondo” ad ogni passo.
Percorriamo il ghiacciaio puntando il “collo dello scalino”, un ripido canale tra la Cima di Val Fontana, a sinistra, e lo Scalino stesso a destra. Prima di affrontare questo tratto lasciamo sci e ciaspole infilando ai piedi i ramponi e risalendo a fatica tra la neve slavinata.
Giunti alla cresta ci leghiamo in cordata ed affrontiamo gli ultimi cento metri di dislivello tra sfasciumi e neve. Renzo, il più esperto tra noi, guida la cordata raggiungendo per prima la grande croce che domina la cima della montagna. Grande Renzo!
Giunti in cima è tutto uno stringersi di mani e d’abbracci mentre ci godiamo il sole e l’incredibile panorama che ci circonda a 360°. Appoggio la macchina fotografica su una roccia e scatto una foto ricordo.
I miei due compagni hanno 68 e 63 anni ed hanno affrontato la difficile neve dello scalino raggiungendone la vetta. Io sono in trentenne ben allenato e davanti alla loro salita non posso che rimanere sbalordito: i veterani della nostra sezione sono davvero tosti! I miei migliori complimenti a Renzo e Franco!
La discesa si fa impegnativa nel tratto in forte discesa del canalino ma giunti nuovamente al ghiacciaio inizia per i miei soci il vero divertimento: infilati nuovamente gli sci si lanciano in rotonde serpentine scendendo agili sulla neve. Io, con le mie ciaspole, provo a seguirli a balzi ma i limiti dei miei mezzi si fanno subito evidenti.
Giunti al Cornetto ci siamo separati: loro scendono lungo il versante de declina sul lago Campagneda mentre io punto diritto verso il canalone da cui siamo saliti. La loro discesa, osservata dal basso da escursionisti e dai ragazzi della nostra sezione, raccoglierà a fondo valle grande ammirazione da parte di tutti. (A giugno hanno fatto una discesa da far invidia!!)
Io invece mi sono infilato nella neve molle, ho levato le ciaspole per affrontare la forte pendenza ma ad ogni passo affondavo fino alle anche annaspando per estrarre la gamba del sarcofago di neve che sembrava volerla trattenere: ogni passo era una passione e sentivo le gambe torcersi ogni volte che faticavo per estrarle.
Con una simile neve è davvero facile farsi male e non ci tenevo davvero a “farmi fuori” un ginocchio. Così, dopo essermi guardato intorno, ho assunto l’espressione da tontolone di chi fa una marachella consapevolmente: appoggiando il culo sulla neve ho messo le gambe in avanti tenendo la schiena ben dritta come un bimbetto che si prepara a scendere dallo scivolo del parchetto e, frenando con la picozza e con i bastoncini, mi sono fatto una cinquantina di metri di scivolo fino raggiungere le prime roccette e riprendere ad avanzare nella neve fino arrancando fino ai prati.
Al Rifugio Ca´ Runcash ho raggiunto i miei soci aspettando di riunirci con i ragazzi dell’alpinismo giovanile che rientravano dalla loro escursione alle pendici del Pizzo Scalino. In una giornata di magnifico sole grandi e giovani hanno goduto, ognuno al proprio livello, della bellezza delle nostre montagne.
Ancora complimenti a quelle due “vecchie” rocce di Renzo e Franco!
Davide Valsecchi
Tempo totale: 7:15 Elevazione minima: 2.291 Elevazione massima: 3.330
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