Il Moregallo è una delle montagne che quest’anno mi ha particolarmente affascinato. Le sue guglie, le sue scogliere e l’incredibile panorama che offre rendono questa cima davvero speciale. Il prato sulla sommità è per me uno dei posti più belli e rilassanti che io conosca. Un posto dove gli spazi sanno superare il tempo lasciando vagare lo sguardo ma soprattutto la mente.
Visto che mi sto allenando per l’imminente viaggio in Congo ho invitato a seguirmi anche la «Dottoressa Bruna», mia compagna d’avventura nella prossima spedizione. Lei, bergamasca d’origine, non conosceva affatto quella zona e per questo ho optato per una salita classica: da Valmadrera al Sasso Preguda e lungo la cresta orientale fino alla cima.
La partenza è stata un po’ tragica ma Bruna si è subito ripresa affrontando con passione la lunga salita. La giornata di sole invernale era scossa da un violento vento che da nord correva attraverso le creste e lungo i fianchi della montagna. Il vento sa essere un nemico insidioso, porta con sè il rischio di ipotermia ed è in grado di sbilanciare in modo pericoloso lungo la salita, specie nei tratti più esposti.
Il vento era tanto forte da schiacciare a terra, ero preoccupato per Bruna e davo fondo al mio zaino cercando di farle indossare il mio equipaggiamento per “imbardarla” il più possibile contro quelle sferzate di aria gelida. Lei rideva come una fanciulla ad ogni folata e così le ho domandato che diamine le fosse preso. “Se prometti di non prendermi in giro e di non pensar male di me ti dirò cosa mi diverte del vento”. Mi disse ed io, incuriosito, ho mio malgrado promesso.“Fin da bambina mi è sempre piaciuto il vento: mi piace perchè mi tocca tutta!” Così ad ogni nuova folata che scuoteva il mio zaino con la forza di uno spintone la sentivo ridere felice come una bimba alle mie spalle. Strane davvero le donne alle volte…
Lungo il crinale che sale alla cima le ho mostrato una giovane femmina di muflone che, al di là di un canalone, pascolava quieta al riparo dal vento. Il lato orientale del Moregallo è uno dei più selvaggi e “difficili” ma anche il preferito da questi animali e dove è più facile incontrarli.
Una volta in cima ci siamo riparati sotto la croce e, dopo un frugale pranzo al sacco, abbiamo iniziato la nostra discesa lungo il sentiero attrezzato che porta alla Bocchetta delle Moregge e poi giù fino al Sambrosera. Il sentiero, tutto in discesa su un fondo ghiaioso invaso dalle foglie, può essere duro per ginocchia non allenate ma nonostante tutto la “dottoressa” se l’è cavata bene.
L’escursione, un piccolo allenamento invernale, si è chiusa laddove era iniziata formando un anello certamente impegnativo, quasi mille metri di dislivello, ma non particolarmente difficile sebbene, specie in alcuni passaggi esposti a strapiombo sul vuoto, richieda una certa pratica di montagna (oppure vi basta un fantastico e premuroso accompagnatore…).
Davide Valsecchi
[map id=”itinerario” w=”640″ h=”400″ maptype=”SATELLITE” kml=”https://www.cima-asso.it/kml/Moregallo_Sasso_Preguda.kml” ]