Ancora giorni di sole in questo strano Dicembre e solo una spruzzata di neve imbianca le montagne più alte. Lele ed io ci infiliamo nel piccolo alimentari di Scarenna, ci facciamo imbottire due grossi panini e siamo pronti a partire.
La nostra destinazione è il Canalone Belasa, un sentiero attrezzato che da Valmadrera risale attraverso le rocce fino alla cima del Moregallo. L’idea di usare la macchina proprio non mi aggrada e così di va a piedi: Canzo, il Castello, Prezzapino, Primo, Secondo e Terz’alpe, la Coletta di Ravella e via che si scollina verso il faggio monumentale del Fo. Da qui il sentiro precipita attraverso un’impervia valle fino alla sorgente del Sambrosera. Due ore di avvicinamento attraversando tutta la valle Ravella e scollinando fin sopra Valmadrera: direi abbastanza per scaldarsi!
Il canalone Belasa appare magnifico nel sole di mezzogiorno: una spaccatura sul fianco della montagna che corre tra creste e guglie, risalendo fin sotto la cima. Esposto interamente a sud è invaso dalla luce e nonostante sia il 22 Dicembre ci liberiamo dei maglioni restando in maglietta.
Il sentiro sale sul “letto” del canalone e sono evidenti i segni dell’acqua lasciati durante gli acquazzoni. Via via si fa più impegantivo alternando salti di roccia a piccoli spiazzi erbosi. Il sentiero è stato attrezzato con alcune catene di sicurezza nei passaggi più ostici ma il “gioco”, tra me e Lele, è ovviamente fare senza.
Tra noi due ci sono quasi quindicianni ed un mondo di esperienze diverse. Se questo non bastasse anche fisicamente siamo differenti, lui alto 1.94, io “solo” 1.75 e questo si rispecchia nel modo di arrampicare. Gambe e braccia lunghe gli permettono di compensare la poca esperienza mentre io sono costretto ad avanzare “di mestiere” rubando i centimetri in ogni passaggio: lunghe leve contro piccoli passi.
Lele ed io ci stiamo preparando per un 2012 fatto di montagne: io, nei mei 36, recupero la forma e lui, nei suoi 22, impara la tecnica. Sono proprio le differenze tra noi a rendere così efficaci le similitudini.
Salto dopo salto si arriva all’uscita del canale e da lì ci ricolleghiamo con il sentiero attrezzato che porta alla vetta. In luglio io e Lele eravamo già passati insieme da quel tracciato. Eravamo carichi con zaini e tenda per fare il giro del lago e quelle semplici catene erano la prima difficoltà sul nostro lungo percorso. Quella volta avevo una paura maledetta che Lele “piombasse” mentre oggi lo osservo distratto mentre saltella tra le rocce con la macchina fotografica: ha davvero imparato molto.
Il panorama dalla cima è come sempre magnifico. Assaliamo i nostri panini e, strappo alla regola, apriamo due lattine di birra: festeggiamo in anticipo il capodanno con le montagne che ci circondano!
Il ritorno, in gara con il sole, è dalla Sev lungo la cresta di Cranno. La quantità di ghiaccio che attanaglia la piana di Pianezzo, ormai sempre in ombra, è impressionante. Credo sia impossibile raggiungere il rifugio con la jeep, la strada è coperta da una spessa lastra di ghiaccio!
Davide Valsecchi
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