«Che importa se il suo passato fu tremendo – rispose Marianna – se ha immolato vittime a centinaia, se ha commesso vendette atroci? Egli mi adora, egli farà per me tutto ciò che io gli dirò, io farò di lui un altro uomo. Io abbandonerò la mia isola, egli abbandonerà la sua Mompracem, andremo lontani da questi mari funesti, tanto lontani da non udirne più mai parlare. In un angolo del mondo dimenticati da tutti, ma felici, noi vivremo assieme e nessuno mai saprà che il marito della “Perla di Labuan” è l’antica Tigre della Malesia, l’uomo che ha fatto tremare regni e che ha versato tanto sangue. Sì, io sarò sua sposa, oggi, domani, sempre e l’amerò sempre!»
Così diceva la bella Lady Marianna allo spericolato Yanez de Gomera che pur di aiutare il fraterno amico Sandokan si era intrufolato nel palazzo di Lord Brooke spacciandosi per’ufficiale inglese cugino Baronetto William, il promesso sposo della “Perla di Labuan”.
Questo spezzone de “Le Tigri di Mompracem” di Emilio Salgari è preso da una delle tante versioni on-line disponibili. Salgari era una figura eccezionale con una storia personale però molto triste che riesce a commuovermi anche più dei suoi romanzi e per questo mi piace ricordarlo.
Leggendo però questo spezone mi è tornata alla mente un proverbio cinese: “Quando il cuore si fa schiavo della bellezza, la libertà è perduta”. Credo che il nostro Sandokan, l’indomita tigre della Malesia, si fosse scelto una bella gatta da pelare. Rileggere i propositi della “Lady”, ancora in prigione, sul suo futuro con Sandokan fa venire i brividi: “…egli farà per me tutto ciò che io gli dirò, io farò di lui un altro uomo”. Alle volte un’uomo le rogne se le va proprio a cercare!!
Per questo il portoghese, lo sconsiderato Yanez de Gomera, appare invece una figura molto più affasciante e concreta. So che Davide Van De Sfroos ha presentato al Festival di San Remo una canzone dedicata proprio a questo mitico personaggio in chiave Laghéé: in effetti, per gli stralunati del lago, Yanez è decisamente il più adatto, quello più nostrano e che più facilmente si potrebbe incontrare per le valli del Lario (specie nell’interpretazione che ne fece Philippe Leroy).
Con qualche difficoltà ma sono riuscito anche io ad ascoltare la canzone sebbene io sia qui in Africa e, devo ammetterlo, mi ha divertito sopratutto perchè ora ci troviamo sull’oceano ai tropici, in equilibrio tra situazioni da romanzo e stranezze da riviera romagnola. Mi piace, Yanez è una bellissima citazione di Salgari proposta con l’irriverente spirito Laghéé e con la poesia tanto ruvida quanto delicata del nostro dialetto.
Enzo è da sempre uno dei più impegnati sostenitori della “filosofia” Laghéé e proprio lo scorso anno avevamo disegnato insieme una maglietta commemorativa per la seconda spedizione dei Flaghéé, le bandiere del lago.
Quella volta io e “Santos” eravamo partiti da Piazza Cavour a Como alla volta di Piazza San Marco a Venezia con le nostre 48 bandiere ed una canoa alla David Crockett (anche se il progetto originario era curiosamente in pedalò). Per l’occasione la nostra “uniforme” era una maglietta ispirata ai pirati dell’Isola Comacina (che furono catturati sbronzi…) che recitava «Laghéé: Pirati d’aqua dulza»: eravamo già troppo avanti!!
So che la canzone di Van de Sfroos si è classificata tra i primi sei e questo mi fa molto piacere: in bocca alla tigre al buon Yanez ed al cantante più conosciuto e benvoluto del nostro lago tra i monti. Qui ai tropici, i due pirati di Asso, continuano la loro missione!!
Davide “Birillo” Valsecchi
I Pirati del Lario
La tradizione vuole che i pirati si nascondessero sull’Isola Comacina e che attaccassero i comballi, le tipiche imbarcazioni del lario per il trasporto merci.
I comballi, spesso “cargàa fina a la fàsa“, erano facili prede per le piccole ma veloci imbarcazioni degli improvvisati pirati lariani.
Quando le autorità cercarono di arginare il fenomero presero vita furiosi scontri anche se il più delle volte i colpevoli semplicemente si dileguavano nel silenzio dei paesani.
Per questo fu utilizzato uno stratagemma decisamente sagace: un comballo, carico di liquori, divenne l’esca ideale per i pirati. La sera stessa, infatti, le autorità catturarono i “pirati d’aqua dulza” completamente sbronzi e senza alcuna resistenza proprio sull’isola Comacina.
A volte noi del Lario sappiamo essere proprio strani!