Il dilemma è sempre lo stesso: montagnini o marinai? Ormai non lo sò più, specie quando mi ritrovo a bordo di una sgangherata barca motore in mezzo all’Oceano.
Ma andiamo con ordine: tre giorni fa eravamo in cima al monte Hanang, un vulcano spento tra gli altopiani della Tanzania centrale. Quando siamo scesi dalla montagna avevamo ancora quasi una settimana davanti a noi prima di prendere l’aereo verso casa. Così, io ed Enzo, abbiamo tirato a sorte con una monetina: se vincevo io saremmo andati tra i monti Parè ad oriente, se vinceva lui avremmo ripiegato verso sud in direzione del mare. Il destino ha scelto ed abbiamo puntato verso la costa.
A bordo di uno scassato dalla-dalla abbiamo lasciato Mbala Shamba, nella periferia di Dar er Salaam, ed abbiamo puntato verso Nyamisati, un piccolo porto ad un centinaio di chilometri. Il viaggio è stato, come al solito, abbastanza pittoresco: il dalla-dalla era un furgoncino, uno di quelli piccoli che da noi viene usato dagli elettricisti o dagli idraulici nelle grandi città. Tipo un Vannett o qualcosa di simile ma prodotto in Cina. Io ho viaggiato praticamente in braccio ad Enzo. Qui la regola non scritta è che fino a quando il dalla-dalla non è pieno non si parte. Così fino a quando non siamo stati in “22” non ci siamo mossi!!
Lasciato l’asfalto della strada che collega Tanzania e Zambia è ricominciato lo sterrato. La strada era un continuo susseguirsi di ripide colline ed avevo la sensazione di trovarmi al Luna Park. Era come essere seduti sulle montagne russe, come l’attimo prima che il carrello raggiunga l’apice della salita, quando ancora non è possibile vedere il fondo della discesa. La stessa intensa sensazione che avverti prima di cominciare a cadere nel vuoto a tutta velocità: praticamente eravamo dentro una Simmenthal con le ruote che precipitava sobbalzando giù per la collina ad una velocità che a diritto si può chiamare “folle“. Da queste parti non ci si annoia mai e alle volte ci si “ammazza” dalle risate!!
Il porto di Nyamisati è appena a nord del delta del fiume Rufiji. L’ambiente è tropicale, pieno di palme e mangrovie che rendono scura l’acqua limacciosa e marrone della laguna. Il porto è in realtà un piccolo pontile attorniato da qualche malconcia capanna con il tetto in makuti. Acquistiamo il biglietto per la Shelly, un Dhow a motore, poco più grande di un gozzo che fa scalo verso l’ isola Mafia. Ci sediamo a quello che sembra un bar, non c’è da mangiare ma hanno la birra ed un biliardo con cui ammazzare il tempo. Io sono, come al solito, un mezzo disastro ed Enzo vince facile un paio di giri.
Alle due del pomeriggio la piccola barca si riempie di gente così come la stiva sotto il ponte. Il capitano, un ciccione dalla faccia allegra, viene a salutare i due Nzungo e ci fa salire sopra la piccola tettoia affianco alla minuscola timoneria. Ci arrampichiamo sui fianchi della barca trascinandoci dietro gli zaini. Probabilmente era una cortesia a degli stranieri ma in sostanza abbiamo fatto il viaggio a “ribattone di sole” aggrappati alla scarico del motore Diesel. Tuttavia, anche così, le quattro ore di traversata non sono state male ed il mare era abbastanza calmo da permettere ad Enzo di conservare nello stomaco il pranzo.
Prima del tramonto ci è apparsa l’isola di Mafia, un piccolo gioiello a sud di Zanzibar dove vi è uno dei più noti parchi marini della Tanzania. La bassa marea impediva allo Shelly di attraccare e così una piccola lancia a motore si è avvicinata per farci guadagnare la riva. Purtroppo la marea era talmente bassa che anche la lancia ha dovuto scaricarci a metà strada e così, scarponi e calzoni al collo, siamo arrivati sull’isola a piedi, in mutande e con gli zaini in spalla. Forse è perchè in fondo siamo davvero montagnini…
Resteremo sull’isola qualche giorno con la speranza di riuscire a vedere lo squalo balena. Siamo al limite della stagione in cui è possibile vederli ma non mi dispiacerebbe affatto incontrare uno di quei giganti. Il nostro viaggio sta per finire, non vedo l’ora di mangiarmi una rosetta con il prosciutto e dormire in un letto senza insetti. Tra l’altro gli insetti africani sono tra i più curiosi e strambi che mi sia capitato di vedere: alcuni sono enormi!!
Hakuna matata gente!!
Davide “Birillo” Valsecchi