Tempo fa mi sono ritrovato a discutere con una bellissima ragazza del valore dei sensi. Lei, citando Ghandi, mi disse: “Chi non controlla i propri sensi è come colui che naviga su un vascello senza timone, destinato quindi a infrangersi in mille pezzi non appena incontrerà il primo scoglio.“
Io non ero affatto in accordo con questa frase, i sensi sono lo specchio su cui si riflette il mondo, la percezione passiva di qualcosa che sta al di fuori di noi.
Non possiamo controllare i nostri sensi così come non possiamo avere certezza della realtà che ci circonda. Inoltre passiamo la vita a confondere i nostri sensi e spesso dimentichiamo che quando qualcuno vorrà ingannarci lo farà cominciando proprio dai sensi.
Tuttavia controllando la volontà dietro le nostre azioni i sensi diventano solo accessori. E’ la volontà che “perfora la roccia” anche quando i sensi saranno confusi.
Onestamente non so perchè invece di invitarla fuori mi sono dilungato in questa strana diatriba tra sensi e volontà, forse il mio “sesto senso” suggeriva prudenza e così mi sono limitato a raccontare una delle leggende che mi è più cara e che forse non è cosi nota come credevo.
Ecco la leggenda da cui trae origine il detto “La volontà perfora la roccia“:
«In un villaggio indiano la giovane sposa di un cacciatore venne assalita ed uccisa da una tigre. Il marito, sconvolto dal dolore per l’amata, afferrò il proprio arco e si lanciò nel fitto della foresta per uccidere la tigre.
La rabbia e la tristezza avevano rapito la mente del giovane che ormai null’altro bramava che vendicare la propria sposa. Corse giorni interi senza riposare nel suo inseguimento. La fatica assalì il suo corpo ma il desiderio di punire la bestia lo sostenne incrollabilmente.
All’improvviso il cacciatore, stremato e furente, vide la tigre nascosta tra le fronde. Incoccò la freccia ed in essa riversò tutto il suo odio, tutta la sua tristezza per la donna amata e perduta. La freccia sibilò nella gingla quasi animata di vita propria bramando di colpire il bersaglio con tutta la furia di colui che l’aveva scagliata.
La freccia si abbattè con un suono violento sulla tigre ed affondò nelle sue carni per metà della sua lunghezza.
Il cacciatore abbassò l’arco ed ormai svuotato dai suoi tormenti si abbandonò alla fatica. Ma, alzando lo squardo, rivede la tigre, immobile nella giungla trafitta dalla freccia. Perchè non si era mossa? Perchè non era crollata morta? Il giovane allora si avvicinò alla bestia e solo allora si rese conto del suo errore. La tigre era solo un masso che della bestia aveva la forma. Ma la freccia era conficcata profondamente in essa, non era rimbalzata nè si era spezzata. La volontà del giovane era stata tanto forte da fargli perforare la roccia.
Il cacciatore si rese conto allora dell’inutilità della sua vendetta e decise di fare ritorno alla propria casa per piangere l’amata. Da allora, tuttavia, si diche che la voltontà perfori la roccia.»
“Volere è potere”. La volontà è potente, persino la potenza del destino prende il nome di volontà divina. La volontà è, contrariamente ai sensi, dentro di noi, potenzialmente sotto il nostro pieno controllo, siamo noi a crearla e ad alimentarla. Non è una manifestazione passiva del mondo ma bensì un nostro atto volontario.
Ma il difficile di controllare la volontà e capire ciò che realmente si vuole. “Cosa voglio davvero?” Questa è la domanda da porsi, la stessa con cui mi sono interrogato guardando la ragazza andar via ancheggiando mentre, con quello strano sorriso ammiccante, trascinava piacevolmente i miei sensi verso gli scogli.
Davide “Birillo” Valsecchi