«Ci sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti: uno in Calle dell’Amor degli Amici, un secondo vicino al Ponte delle Maravegie, un terso in Calle dei Marrani a San Geremia in Ghetto. Quando i Veneziani (qualche volta anche i maltesi) sono stanchi delle autorità costituite si recano in questi tre luoghi segreti e, aprendo le porte che stanno in fondo a quelle corti, se ne vanno sempre in posti bellissimi e in altre storie»
Corto, Corto Maltese. Conoscevo poco le storie di questo marinaio ma quel giorno, a 5100 metri sul passo di Gunda La, i miei due compagni di viaggio non parlavano d’altro. Enzo e Roberto. Uno di Asso e l’altro un italiano, un toscano o giù di lì, che ora viveva in tailandia dopo aver fatto il sommelier per docici anni a New York, in un ristorante di lusso a Manhattan. Noi l’avevamo incontrato tra i monti del Marka, a spasso con un asino ed un mezzo monaco tibetano come guida.
Le cose che conosco di Corto le ho imparate lassù, tra i monti dell’Himalaya, da due sinceri compagni di viaggio suoi amici.
Poi Enzo, come succede spesso in trattoria dalle “Zie”, mi ha guardato ghignando seduto dall’altro lato del tavolo. In mezzo al rumore dei muratori e degli operai che mangiano, tra i piatti e le caraffe di vino sfuso della Giusy, mi ha semplicemente chiesto: “Andiamo a Venezia Birillo? Andiamo a cercare le porte di Corto?”.
Così è nato il nostro viaggio, Enzo ed io, i due Assesi. Ospiti dell’Hotel “La Fenice et Des Artistes” avremo una settimana per esplorare la Serenissima sulle tracce dell’eroe di Hugo Pratt, l’artista italiano che ispirandosi alla sua città d’adozione, Venezia, diede vita alle indimenticabili storie di Corto Maltese.
«…in un campiello erboso con una vera da pozzo coperta di edera. Quel campiello ha un nome: Corte Sconta detta Arcana. Per entrarvi si dovevano aprire sette porte, ognuna delle quali aveva inciso il nome di un shed, ovvero di un demonio della casta di Shedim, generata da Adamo durante la sua separazione da Eva, dopo l’atto di “disubbidienza”. Ogni porta si apriva con una parola magica, che era poi il nome del demone stesso. Li ricordo ancora quei nomi terribili: Sam Ha, Mawet, Ashmodai, Shibbetta, Ruah, Kardeyakos, Na’Amah…»
Una città sull’acqua, un prodigio ed una finzione che fanno di Venezia una città misteriosa, calda e fredda, immobile e mai ferma. Tra le ombre dei suoi vicoli, delle sue piazze che qui sono dette Calle e Campi, si agitano storie e racconti ammantati da secoli di storia. Cosa vi aspettate di trovare? “Io non trovo nulla, mi accontento di cercare” vi risponderebbe Corto.
Ora ci attende un treno, in partenza dalla stazione di Como: “…è inutile fare progetti, sarà Venezia a decidere quello che sarà”, sarà Lei a decidere quale storia che vi racconteremo questa volta.
La prossima volta vi scriverò da Venezia ma, prima di partire, voglio lasciarvi i colori ed i suoni che vibrano nella mia mente con un piccolo omaggio visivo a Corto, l’introduzione de “La corte sconta detta Arcana”.
Davide “Birillo” Valsecchi